SISP2021
SISP USER REQUESTED   click here to login

SISP Conference 2021

Sections and Panels

back to Sections and Panels index

Section 10 - Regional studies and local policies (Regional studies and local policies)

Managers: Mattia Casula (mattia.casula@hotmail.it), Giorgia Nesti (giorgia.nesti@unipd.it)

Read Section abstract
La crisi economica del 2008, i problemi legati al cambiamento climatico, all’invecchiamento della popolazione, alla crescita delle diseguaglianze economiche e sociali, nonché la crescente sfiducia dei cittadini e delle cittadine nella capacità di risposta della politica, hanno posto nuove e pressanti sfide ai governi sub-nazionali. Tali sfide sono state ulteriormente esacerbate dalla diffusione della epidemia di Covid-19. Come evidenziato dal recente Barometro annuale regionale e locale dell’UE, infatti, il Covid-19 ha avuto un violento impatto economico sulle imprese, sul commercio e sul turismo, ha posto sotto stress i sistemi sanitari, sociali ed educativi, rafforzando le esistenti diseguaglianze e rendendo ulteriormente vulnerabili alcune categorie di persone. In questo contesto estremamente incerto, i processi di collaborazione e coordinamento tra livelli istituzionali, così come tra amministrazione pubblica e terzo settore, si sono rivelati estremamente complessi, ed hanno evidenziato la fragilità degli equilibri e degli assetti inter-istituzionali presenti nel nostro Paese. Muovendo da tale scenario, la sezione invita a presentare proposte di panel e di tavole rotonde, in italiano e in inglese, che affrontino in prospettiva nazionale e/o comparata il tema dell’impatto delle recenti crisi sui contesti locali, e che analizzino come tali crisi multiple abbiano modificato e stiano modificando la politica e le politiche locali e regionali e quali prospettive si prefigurino per regioni e comuni nella post pandemia.

Possibili – ma non esaustivi - temi di ricerca per panel e contributi sono:

• L’impatto della pandemia Covid-19 a livello locale: analisi della governance della pandemia in prospettiva multilivello nei vari ambiti di policy; ruolo delle classi politiche locali e dei leader politici nella gestione della pandemia; prospettive future, ridefinizione dei paradigmi di sviluppo locale e sfide della ripresa nel post-Covid-19;
• L’innovazione nella definizione e gestione delle politiche e nell’erogazione di servizi: adozione di approcci innovativi e sperimentali per la definizione delle politiche; co-produzione e nuove modalità di erogazione dei servizi; utilizzo di tecniche innovative di partecipazione pubblica e di consensus-building; analisi di casi empirici che illustrino le opportunità e i rischi connessi all’utilizzo delle nuove tecnologie, dell’intelligenza artificiale e del cd. “internet delle cose” da parte delle amministrazioni locali;
• Gli esiti delle riforme istituzionali: analisi dei processi di riordino territoriale e di riordino delle unità organizzative periferiche in vari settori della PA (es. sanità, scuola, giustizia, servizi pubblici locali), anche in un’ottica di comparazione inter-settoriale, e valutazione preliminare della loro complessiva ‘tenuta’ di fronte alla crisi economica e all’emergenza sanitaria;
• Le elezioni e la competizione partitica: analisi delle dinamiche e degli esiti della competizione elettorale su scala regionale e locale nelle elezioni amministrative più recenti; analisi dell’offerta politica; relazione tra dinamiche partitiche locali e nazionali;comportamento e partecipazione elettorale, identità locali, istanze autonomiste, euro-secessioniste e populiste; caratteristiche e temi della campagna elettorale; meccanismi di selezione delle candidature e di costruzione delle alleanze; processi di formazione delle giunte e caratteristiche della classe politica eletta, anche con riferimento alla rappresentanza di genere;
• La governance multilivello: gestione delle politiche europee, utilizzo dell’approccio place-based e rafforzamento delle capacità amministrative della classe politico-amministrativa locale, con particolare riferimento alla politica di coesione, alla smart-specialisation, alla politica per lo sviluppo sostenibile, alla politica per la lotta al cambiamento climatico, all’attuazione dell’Agenda urbana dell’UE e dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile nei contesti locali;
• Gli studi urbani: analisi delle politiche delle città, soprattutto in prospettiva comparata, con particolare riguardo a questioni quali l’ambiente, il trasporto pubblico, la mobilità sostenibile, l’accoglienza e l’integrazione dei migranti, le politiche abitative, il gioco d’azzardo, il welfare locale, l’istruzione, la riduzione delle disuguaglianze e della polarizzazione sociale nei contesti urbani, l’integrazione urbano-rurale, lo sviluppo del territorio e l’urbanistica.

Thursday 9th September 2021
  Room E 09:00-10:45
  Room P 09:00-10:45
  Room E 10:45-12:30
  Room P 10:45-12:30
Saturday 11th September 2021
  Room L 09:00-10:45

 

Panel 10.2 Esperimenti di governance verso la sostenibilità


CONVEGNO SISP 2021


Panel Chairs: Giorgia Nesti, Alessandro Sancino, Fulvio Scognamiglio
Discussant: Matteo Bassoli

Esperimenti di governance verso la sostenibilità

Il raggiungimento della sostenibilità è una sfida che sta interessando i governi locali di tutto il mondo. Fenomeni globali come il cambiamento climatico, l’inquinamento delle risorse idriche o il consumo alimentare stanno sovraccaricando le istituzioni di Milano come Bogotà nel tentativo di realizzare “città inclusive, sicure, resilienti e sostenibili”, superando le tradizionali linee di divisione tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo.

Il governo di questi “wicked problems” sembra richiedere uno sforzo collettivo che coinvolga non solo l’attore pubblico ma anche tutti gli stakeholders interessati dalle decisioni pubbliche, sottolineando l’esigenza di adottare un approccio partecipativo e co-produttivo che si sviluppi in un contesto più ampio di rinnovamento della legittimità delle istituzioni democratiche. A riprova di questa necessità, le sfide poste dal COVID-19 hanno mostrato come la governance di questo tipo di problemi non possa lasciare indietro nessun attore e come l’apporto di risorse da parte di tutti i componenti della quadrupla elica sia condizione necessaria per outcomes ottimali, sia procedurali che sostantivi.
Si stanno, del resto, diffondendo esempi di governance locale che si muovono verso una direzione sperimentale e di rottura rispetto ai tradizionali modelli fatti di soluzioni top down o di mercato che spingono ad una riflessione più attenta di ciò che significa oggi affrontare la sfida della sostenibilità tramite la lente degli attori locali.
Il Panel vuole quindi accogliere contributi teorici ed empirici che analizzino in particolare i seguenti aspetti:
a) le caratteristiche dei nuovi modelli di governance (in termini di obiettivi, attori coinvolti, metodologie, aree di intervento) che si stanno sperimentando a livello locale per la transizione verso la sostenibilità, tra cui, per esempio, i laboratori urbani (o Urban Living Labs);
b) i ‘public values’ che questi nuovi modelli di governance stanno producendo e come i tradizionali public values sopravvivano all’interno di questo nuovo quadro;
c) i meccanismi di accountability eventualmente attivati per garantire che tali sperimentazioni rientrino nel circuito democratico;
d) le barriere e i drivers di successo nell’implementazione di tali modelli;
e) i possibili meccanismi di diffusione in contesti differenti delle soluzioni che hanno avuto successo. La discussione intorno questi argomenti avverrà nel più ampio pluralismo metodologico, cercando quindi di comprendere quali possano essere gli strumenti più adatti nel valutare l’efficacia di queste nuove risposte delle istituzioni locali e invitando anche ad una più ampia riflessione rispetto al ruolo che i big data possono rivestire nel contribuire i governi locali nella loro transizione verso la sostenibilità.

Chairs: Giorgia Nesti, Fulvio Scognamiglio

Discussants: Alessandro Sancino

L'importanza degli attori locali nell'ambito dell'integrazione lavorativa dei rifugiati: il caso dell'Emilia Romagna
Alice Buonaguidi
Abstract
Le politiche di ricezione e accoglienza di richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale sono oggetto di un sistema complesso governance multilivello in cui agiscono diversi attori, sia pubblici che privati, nei diversi livelli di governo. La dimensione verticale è rappresentata da due componenti: da una parte troviamo il processo di “sovranazionalizzazione”, mentre dall’altra si trova la devoluzione di parte del processo di policy making agli agenti sub-statali. Questa dimensione verticale, caratterizzata dalle relazioni centro-periferia, si interseca con quella orizzontale, particolarmente rilevante a livello locale, all’interno della quale si muovono numerosi attori con valori, interessi ed attitudini differenti. Fra questi, sono sicuramente di grande rilievo le associazioni di volontariato e del terzo settore impegnate in attività di supporto ai migranti forzati. Fino a pochi anni fa, l'intera questione della migrazione forzata è stata quasi del tutto assente all’interno delle politiche pubbliche anche in virtù del fatto che l’Italia si è sempre percepita più come un paese di transito per i migranti, piuttosto che come un paese di arrivo. Per questo motivo, per lungo tempo è mancata nel paese una normativa organica su questo tema e la carenza di un sistema di accoglienza strutturato è stata colmata a lungo, e localmente, dal terzo settore. Il crescente numero di richiedenti asilo arrivati nel paese a partire dal 2014-2015 ha poi portato il governo a pianificare un sistema d’accoglienza che superasse il sistema prettamente emergenziale in vigore fino a quel momento. Il fondamento normativo di questa riforma risiede nella ricezione direttive delle direttive UE 2013/32 e 2013/33 tramite il Decreto legislativo n. 142/2015 (Decreto Accoglienza), basato su un precedente accordo tra Governo, Regioni ed Enti Locali raggiunto in sede di Conferenza Unificata. La nuova normativa ha diviso le competenze in materia di accoglienza tra i diversi livelli di governo e tra diversi attori stabilendo le tre diverse fasi dell’accoglienza: primo soccorso, prima accoglienza e seconda accoglienza. La fase della seconda accoglienza è quella che avviene all’interno degli SPRAR, strutture di piccola scala inserite all’interno delle comunità locali e gestite dagli enti locali assieme alla società civile. Gli SPRAR sono un importante strumento d’integrazione poiché offrono non solo un’ampia gamma di servizi (psicologici, legali e di supporto nell’integrazione lavorativa) per affrontare le vulnerabilità dei loro ospiti, ma anche dei percorsi di integrazione personalizzati in base alle loro esigenze. Nonostante il Decreto Accoglienza abbia stabilito la necessità di una stretta collaborazione tra il livello nazionale, regionale e locale, nella realtà il livello di questa collaborazione è estremamente variabile nei diversi territori e si è, a livello generale, attestato ad un livello basso. Il sistema SPRAR, inizialmente pensato come sistema di accoglienza ordinario per titolari di protezione internazionale e richiedenti asilo, è stato, nei numeri, superato da quello CAS in quanto solo una piccola parte dei governi locali hanno aderito al progetto. Uno dei fattori che sembrano influenzare positivamente i governi locali nella loro decisione circa l'ospitare i progetti SPRAR nel proprio territorio è la sottocultura politica: i comuni situati nelle regioni tradizionalmente “rosse”, come l’Emilia-Romagna, ospitano molti più SPRAR delle regioni con altre sottoculture (come ad esempio il Veneto, con subcultura “bianca”). Per quanto riguarda l’inserimento lavorativo dei migranti forzati, non esistono né un nesso coerente tra le misure di ricezione e le misure di integrazione a lungo termine, né programmi specifici per favorire la loro integrazione nel mercato del lavoro. Gli alti tassi di disoccupazione rivelano che le difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro, nonostante riguardino anche i cittadini italiani, colpiscono maggiormente gli immigrati (14,3% per i cittadini extra UE nel 2018 secondo i dati della Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione). Tra i principali i fattori che influenzano negativamente la possibilità dei richiedenti asilo di trovare un lavoro si ritrovano le barriere linguistiche, l'ubicazione remota delle strutture ricettive e la mancanza di sostegni specifici basati sulle loro esigenze. In aggiunta, i risultati ottenuti tramite gli strumenti a disposizione dei datori di lavoro che desiderano inserire nel proprio organico un titolare di protezione o un richiedente asilo (tirocinio extracurricolare, tirocinio estivo di orientamento, borsa lavoro, apprendistato) hanno ricevuto giudizi contrastanti da parte degli operatori dell’accoglienza. I progetti territoriali SPRAR, nell’ambito del loro obiettivo di integrazione dei propri beneficiari all’interno delle comunità locali, svolgono, a differenza dei centri CAS, un importante ruolo nella promozione delle attività di formazione professionale e dell’integrazione lavorativa. Nell’ambito della formazione professionale offerta rientra un ampio ventaglio di corsi volti alla qualificazione, riqualificazione, specializzazione, aggiornamento e perfezionamento dei partecipanti. Il raggiungimento dell'integrazione lavorativa risulta essere comunque un processo complesso per richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale. Meno della metà dei beneficiari dei progetti SPRAR terminano il proprio percorso di accoglienza con un buon livello di autonomia socioeconomica. Alla luce di questa panoramica, lo scopo di questo articolo è quello di mettere in evidenza, attraverso l’analisi di alcuni progetti volti alla promozione dell’integrazione lavorativa di rifugiati e richiedenti asilo, l’importante ruolo rivestito, in questo campo, dalla dimensione orizzontale e, in particolare, dalle associazioni di volontariato e del terzo settore. A fronte degli aspetti deficitari delle politiche attive per il lavoro, infatti, il mondo del terzo settore e quello del volontariato si sono attivati promuovendo iniziative e sperimentazioni al fine di contribuire al loro superamento. Per fare ciò, si è deciso di prendere in esame il caso della regione Emilia-Romagna. Nel territorio italiano, la realtà emiliano-romagnola si presenta, infatti, come un esempio virtuoso di gestione dell’immigrazione nel territorio. Si tratta, inoltre, di una regione in cui il fenomeno migratorio è estremamente radicato: essa è infatti la prima regione italiana per numero di cittadini stranieri regolarmente soggiornanti. Appare quindi chiaro come, in un territorio con queste caratteristiche, la presenza di cittadini stranieri faccia parte della realtà quotidiana dei cittadini. Un altro motivo per cui l’Emilia-Romagna si presenta come un caso studio di particolare importanza è la presenza di un tessuto associativo dinamico sul territorio e l’esistente livello di collaborazione esistente tra attori locali ed istituzioni e tra attori pubblici e privati che operano all’interno di un quadro normativo regionale che supporta l’integrazione dei cittadini stranieri presenti sul territorio estendendo, nei limiti delle competenze regionali, le garanzie che gli spettano in quanto appartenenti alla popolazione del territorio.
The discursive construction of a smart city: the case of the ‘Intelligent Territory’ call for projects in the Walloon Region
Giovanni Esposito, Andrea Terlizzi, Massimo Guarino, Nathalie Crutzen
Abstract
The smart city concept encompasses and covers various societal issues. As such, it can sometimes sound nebulous and ambiguous to local decision-makers. From one municipality to another, different visions and meanings of the smart city—ranging from a reductionist understanding based on technological determinism to a more holistic, socio-technical view—can coexist and adapt to local specificities and contexts. Thus, each territory develops its own vision of the smart city according to its challenges. All this may impact the implementation of smart city policies. Drawing from the extensive literature on digital government in public policy and administration as well as public management, this article investigates how local decision-makers differently portray the concept of smart city and how they discursively construct and legitimize their own vision of the concept. We analyze the Belgian “Intelligent Territory” call for projects, initiated in 2019 by the Walloon Region. In particular, a quantitative and qualitative content analysis of 88 projects submitted by various Walloon towns, municipalities and inter-municipalities is carried out. More precisely, we explore the motivations for implementing smart city policies put forward in their project by local decision-makers. The empirical results highlight the diversity of visions of the concept of smart city that exist in Wallonia city governments. We identify ten categories which offer an original classification of the opportunities offered by smart city policies according to local decision-makers. Our findings suggest that there is no one-size-fits-all approach for smart city development. Overall, this study contributes to our understanding of the (varieties of) discursive logics underpinning the construction of digital and smart city policy realities.
THE EXPERIMENTATION OF NEW GOVERNANCE MODELS IN THE MANAGEMENT OF REMUNICIPALISED WATER SERVICES OF NAPLES AND PARIS
Vanessa Mascia Turri
Abstract
After local mobilisations to claim to remunicipalise urban water services and to manage water as a common good (Carrozza and Fantini 2016; Bauby et al. 2018), in many European cities a process of remunicipalisation of urban water services has been implemented (Kishimoto and Petitjean 2017). The actors of local mobilizations, grouped within the international alter-globalist movement and the World Social Forums venues, decreed the opposition to any form of marketization of water services and developed the theory of water management as a common good, taking Elinor Ostrom's (1990) studies on direct management by local communities of water resources as a reference point. The concept of remunicipalisation refers to a comeback to a public management of local services that were previously marketized and/or privatized; such a policy change can occur both at national and local level (McDonald and Swyngedouw 2019). The supporters of public water consider remunicipalisation reforms as a necessary legal step to manage water as a common good and a chance to experiment various models of co-management of water services with the local citizenship (Duret 2015; Wollmann 2018). Water remunicipalisation processes occurred in Paris in 2009 and Naples in 2011 have been characterized by the experimentation of deliberative systems (Curato and Böker 2016), both composed of a deliberative arena and a participatory arena, for the definition of the management policies of the remunicipalised water operator. The concept of deliberative arena encompass all the participatory arrangements in which ordinary citizens interact through deliberation in a structured and temporary way and are entrusted with consultations or decisions regarding a public policy (Bobbio 2003). Some scholars deem deliberative arenas as depoliticized venues because institutionalization (Bedu 2013), formalization and technicalization (Pellizzoni and Vannini 2013) processes that are necessary to establish them take an issue of political nature out of the world of politics to a non-majority arena made up of non-elected individuals who make decisions according to unpolitical criteria (Bobbio 2017). Depoliticisation is defined as "the process of placing at one remove the political character of decision making" (Burnham 2001: 128). Both those who favourably judge the deliberative systems for formulating policies and those who judge them negatively share this standing. The former consider depoliticization as a process able to cleanse deliberative arenas of all bad influence of politics, guaranteeing the common good (Pettit 2004), the general interest (Martí 2006) and high levels of popular legitimacy to policy decisions (Olsen and Trenz 2014). The latter criticize the policy deliberations taken in deliberative arenas for exactly the same reasons, since are considered artificial spaces devoid of social conflict (Joly and Marris 2003; Abram 2007; Mermet 2007; Gourgues et al. 2013) where citizens take non-political decisions. Therefore, this essay wants to analyse the implementation stages of the two remunicipalisation reforms in order to retrace causal process that have caused their outcomes. Such an aim has been pursued using the third variant of the Process Tracing Methodology (Bennett and Checkel 2015), called Explaining-Outcome Process-Tracing, which allows the scholar to craft a minimally sufficient explanation of an outcome in a specific historical case – where the expression minimally sufficient refers to the need to explain all important aspects of an outcome, without which that outcome would not have been produced. Such a method has been applied to data from the most disparate sources: academic works, local newspapers, official documents produced by the water companies or by independent authorities, service contracts, transcripts of the sessions of the City Councils, and in-depth interviews. Moreover, Explaining-Outcome Process-Tracing uses the theoretical frameworks as heuristic instruments for providing the best possible explanation of a given phenomenon. Heuristic instruments selected to be applied to the case studies analysed come from two theoretical framework: the Institutional Analysis and Development Framework , developed by Elinor Ostrom (2005) and her study group from the University of Indiana, and the Policy Process Framework, developed by Nihit Goyal and Michael Howlett (2020) starting from the work of John W. Kingdon (1984). The goal of our investigation is to understand if and how the resolutions from the municipal councils are subject to depoliticization when they enter the deliberative arenas. Consistently with an application of a multilevel conception of politicization and depoliticization concepts (Wood 2016) the analysis of the implementation phase of remunicipalisation reforms allows us first of all to fill the knowledge gap about the results of remunicipalisation policies and, secondly, to investigate the "dialectical interplay" (Strage 2014) between politicization and depoliticization within empirical experiences of policy-making. Partial reference list: Abram, S. (2007). Participatory depoliticisation: The bleeding heart of neo-liberalism. Cultures et Pratiques Participatives, 113–134. Perspectives Comparatives-Paris. Bauby, P., Hecht, C., & Warm, S. (2018). Water remunicipalisation in Berlin and Paris: Specific processes and common challenges. CIRIEC-Université de Liège. Bedu, C. (2013). Procédure «mini-public» et eau potable, un couple imbuvable? La délibération entre spontanéité, concession, glissement et discussion. Participations, 3, 175–198. Bennett, A., & Checkel, J. T. (2015). Process tracing. Cambridge University Press- Cambridge; New York. Bobbio, L. (2003). Building social capital through democratic deliberation: The rise of deliberative arenas. Social Epistemology, 17(4), 343–357. Bobbio, L. (2017). Neither completely political nor completely unpolitical. The third way of deliberative arenas. Partecipazione e Conflitto, 10(2), 613–635. Burnham, P. (2001). New Labour and the politics of depoliticisation. The British Journal of Politics & International Relations, 3(2), 127–149. Carrozza, C., & Fantini, E. (2016). The Italian water movement and the politics of the commons. Water Alternatives, 9(1), 99–119. Curato, N., & Böker, M. (2016). Linking mini-publics to the deliberative system: A research agenda. Policy Sciences, 49(2), 173–190. Duret, P. (2015). Crossing the Great Divide. Spunti per un approccio sussidiario alla gestione dell’acqua(ovvero della rondine e della primavera). Acqua, servizio pubblico e partecipazione, 29–102. Giappichelli Editore-Torino. Gourgues, G., Rui, S., & Topçu, S. (2013). Gouvernementalité et participation. Participations, 2, 5–33. Goyal, N., & Howlett, M. (2020). Making sense of the babble of policy-making: A general framework of the policy process. A Modern Guide to Public Policy, 78–92. Edward Elgar Publishing- Cheltenham. Joly, P.-B., & Marris, C. (2003). La participation contre la mobilisation? Revue Internationale de Politique Comparée, 10(2), 195–206. Kingdon, J. W. (1984). Agendas, Alternatives, and Public Policies (First edition). Little, Brown- Michigan. Kishimoto, S., & Petitjean, O. (2017). Reclaiming public services: How cities and citizens are turning back privatization. Transnational Institute-Amsterdam. Martí, J. L. (2006). The epistemic conception of deliberative democracy defended: Reasons, rightness and equal political autonomy. Deliberative Democracy and Its Discontents, 27–56. Routledge-London. McDonald, D. A., & Swyngedouw, E. (2019). The new water wars: Struggles for remunicipalisation. Water Alternatives, 12(2), 322–333. Mermet, L. (2007). Épilogue. Débattre sans savoir pourquoi: La polychrésie du débat public appelle le pluralisme théorique de la part des chercheurs. Le Débat Public: Une Expérience Française de Démocratie Participative., La Découverte-Paris, 368–380. Olsen, E. D., & Trenz, H.-J. (2014). From citizens’ deliberation to popular will formation? Generating democratic legitimacy in transnational deliberative polling. Political Studies, 62, 117–133. Ostrom, E. (1990). Governing the commons: The evolution of institutions for collective action. Cambridge University Press-Cambridge; New York. Ostrom, E. (2005). Understanding Institutional Diversity. Princeton University Press-Princeton. Pellizzoni, L., & Vannini, L. (2013). Une idée sur le déclin? Participations, 2, 87–118. Pettit, P. (2004). Depoliticizing democracy. Ratio Juris, 17(1), 52–65. Strange, G. (2014). Depoliticisation, the management of money and the renewal of social democracy: New Labour’s Keynesianism and the political economy of ‘discretionary constraint’. New Political Economy, 19(1), 138–154. Wollmann, H. (2018). Public and Personal Social Services in European Countries from Public/Municipal to Private—And Back to Municipal and “Third Sector” Provision. International Public Management Journal, 21(3), 413–431. Wood, M. (2016). Politicisation, depoliticisation and anti-politics: Towards a multilevel research agenda. Political Studies Review, 14(4), 521–533.
 

Panel 10.3 The Local Politics of Migration. Parties, Policies and Public Opinion. (I)


In recent years, refugee migration to Europe has been a topical issue in academic, political and public debates. While the political discussion at the European and national level often links to security issues, border controls, and common responsibility for the management of immigrant flows, the local level is largely neglected. Yet, it is at the local level where policies are implemented, often with varying practices which are twisted with local specifics regarding political culture and the state of civil society. Taking on a cross-national comparative perspective, this Panel aims at contributing to the study of integration processes and policies at the lower levels of cities and municipalities, and to reveal influences of national framings on the development of migrant reception and integration processes, policy and discourses.
The objectives of the Panel are:
a) to explore the multi-level decision making processes of immigrant integration policies, in particular, the role of third-sector organizations and the private sector;
b) to shed light on how different political actors engage with the issue of migration in public debates and the local media;
c) to understand to what extent a link exists between reception and integration policies outcomes and the electoral success of right-wing and populist parties at local elections;
d) to assess to what extent a relationship exists between residents’ attitudes towards immigration and reception and integration policies implemented by local authorities.
Scholars contributing to this Panel will explore issues related to multi-level politics in migration management, changing public attitudes towards migrants and the politicization of migrants’ access to welfare and social services. We are interested in works that employ diverse methodological orientations and data. Contributions in Italian are also welcomed.

Chairs: Stella Gianfreda

Discussants: Verena Wisthaler

La doppia disuguaglianza. Differenze reddituali nei territori italiani: analisi per genere e nazionalità
Sergio Pollutri, Anna Maria Dore, Silvia Seracini
Abstract
Le dualità di reddito nel nostro Paese sono realtà di fatto che colpiscono soprattutto i lavoratori dipendenti, cioè la categoria che costituisce il cosiddetto “ceto medio”. Tipologia dell’occupazione, forma contrattuale, orario medio, anzianità di servizio sono alcuni tra i fattori che sedimentano le diversità quantitative in busta paga mentre, in teoria e a parità di mansioni, differenze di genere e nazionalità non dovrebbero influire sul salario/stipendio conseguito: purtroppo, la realtà quotidiana e le statistiche delineano uno scenario piuttosto diverso da quello ideale, in cui essere lavoratore donna o straniero è ancora sinonimo di minore retribuzione. Per migliaia di lavoratori un reddito più basso si traduce in minori introiti fiscali per l’intera comunità nazionale e, quindi, maggiore scarsità di risorse economiche investite nello stato sociale (sanità, contributi sociali, ecc.), ma anche porre centinaia e centinaia di famiglie a più alti rischi di deprivazione materiale e sociale, col pericolo per molte persone di scivolare in condizioni di povertà. In più, la condizione economica femminile, difficile nel nostro Paese, trova ulteriori problematiche (e opportunità) quando il genere si somma alla cittadinanza, soprattutto quando, per molte ragioni, essere donna ed essere straniera contemporaneamente potrebbe portare ad una “minorazione” o addirittura una doppia esclusione o discriminazione. Scopo del presente studio è l’individuazione delle aree in cui si siano verificate le diminuzioni dei redditi medi e permangano le maggiori sperequazioni retributive, per cui appare importante la delimitazione di questi spazi territoriali, superando le divisioni amministrative regionali e provinciali ritenute troppo vaste e superare l’eterna dualità storica “nord-sud”, troppo abusata. Analizzando i dati delle dichiarazioni dei redditi dei lavoratori dipendenti, elaborati per questo studio dal Dipartimento delle Finanze del MEF , si proverà a costruire una “geografia del rischio” agli shock esogeni che possano squilibrare i sistemi economici e sociali a diversa scala, come sta avvenendo con la pandemia in corso: l’emergenza sanitaria Covid19 sta già impattando significativamente la capacità reddituale e le condizioni di lavoro e vita dei cittadini, in particolare donne e immigrati. Una prima scelta territoriale terrà in considerazione, sia l’ampiezza demografica dei comuni, sia la suddivisione in “centri” ed “aree interne”, propria dell’Agenzia della Coesione Territoriale, per porre l’accento su quei territori considerati marginali o periferici e i cittadini ivi residenti. Poi si passerà a delimitare il territorio oggetto delle analisi in Sistemi Locali del Lavoro (SLL) per un dettaglio più congruo dei diversi mercati occupazionali italiani (un Sistema individua un mercato del lavoro omogeneo), ma anche per poter sintetizzare le informazioni su parametri economici e demo-sociali già collaudati dall’Istat Utilizzando le suddivisioni dei SLL secondo alcune caratteristiche socio-demografiche, specializzazioni produttive e parametri occupazionali (anche calcolati ad hoc) sarà possibile confrontare territori piuttosto differenti, ma che potrebbero far emergere omogeneità in grado di focalizzare le aree con meno disparità e maggiormente resilienti. Infine, discrepanze troppo marcate possono essere lette anche con l’esistenza di filiere economiche “grigie” o “nere” che producono redditi dello stesso colore “non dichiarati” ad integrazione di quelli “chiari” analizzati con le statistiche. Bibliografia minima Colombo M., Immigrazione e contesti locali – annuario CIRMIB 2017, Vita e Pensiero, Milano 2017 pp. 139-161. Cristaldi F., Immigrazione e territorio, Pàtron editore, Bologna 2013 Fondazione Leone Moressa, Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione, Il Mulino, Bologna 2020 Istat, Rapporto annuale 2015, maggio 2015: http://www.istat.it/it/archivio/159350 Longo Bifano C., Natoli S., Passaggi migranti, Castelvecchi, Roma 2017 Parole chiave Donne Reddito Sistema locale del lavoro Stranieri Disuguaglianze
Poisonous bubbles: the support for the League in the Prosecco region in Italy as a case of radical right-wing populism in a (wealthy) rural area
Enrico Padoan, Lorenzo Zamponi
Abstract
Electoral success of radical right-wing radical populist parties (RRPPs) has been explained by different – albeit not necessarily mutually exclusive – arguments. Since RRPPs generally tend to receive disproportionate support from categories such as production workers, artisans and small business owners, some studies have consequently put a stronger emphasis on the negative economic effects of neoliberalism on those categories to account for the electoral fortunes of RRPPs (e.g. Oesch, 2012; Arzheimer, 2013). Other studies, in turn, consider cultural conservatism either as a crucial intervening variable between class and (populist) voting choice (Gidron and Hall, 2017; Bornschier and Kriesi, 2013) or as the main driver for the support towards RRPPs (Inglehart and Norris, 2016). A further strain of literature, focuses on ‘where’ populist voters live instead on ‘who’ they are (Wishlade, 2019), consequently understands the rise of RRPPs as a sort of ‘revenge of the places that don’t matter’ (Rodríguez-Pose, 2017), which are normally identified in declining and lagged-behind areas, as the success of Brexit movement, Donald Trump and Marine Le Pen, all of them enjoying stronger support in de-industrialised and impoverished regions, would empirically suggest. Despite their very different proposed mechanisms and potential analytical consequences, all of these rival hypotheses agree on the identification of RRPPs’ voters with the (either actual or potential) ‘losers of globalization’. Such broad and stylized accounts may, at least apparently and/or partially, enter in collision with empirical reality, though. This research focuses on the mechanisms of (re)production of the political consensus of the radical right-wing populist League in an emblematic rural area of North-eastern Italy, and specifically in the sub-region known as the “Prosecco Hills” (PH, Colline del Prosecco), defined as the fifteen small municipalities where Prosecco wine awarded by the “Protected Designation of Origin” certification is produced. PH is a wealthy area, with quite satisfying economic indicators and a long-lasting political dominancy of the (Northern) League, which has been consistently attracting higher electoral support than at the national and regional level. An area where export-oriented intensive agriculture and tourism are both well-established and on the rise, in a province where the unemployment rate is 50% lower than the national average (OESRA 2017), PH is quite far from the usual depiction of those ‘places left behind’ by ‘globalization processes’ which would represent the perfect humus for RRPPs support. Our case study focuses on PH because of its representativeness of quite well-off, rural areas composed by an ensemble of small-to-medium cities and villages in North-eastern Italy where the League has imposed its political hegemony (Passarelli and Tuorto, 2018). Furthermore, it is an area where the social and environmental consequences of agro-industry have triggered different local conflicts that nonetheless did not challenge the ruling party’s hegemony. Our research thus aims at offering some accounts for the long-lasting and even increasing popular support enjoyed by the League in this sub-region, a fact that it is even more striking if we take into account recent and well-known political evolution of the League. The party, in the recent years, and particularly under Matteo Salvini’s leadership, has completed its transformation from an ethno-regionalist party to a populist-nationalist party. In both of these different phases of the League’s history, all the main attributes of the concept of right-wing populism have been (and still are) clearly present: anti-establishment narrative, authoritarianism and nativism (Passarelli and Tuorto, 2018). However, such attributes are now declined in a different manner, coherently with the recent shift from an ethno-regionalist to a xenophobic-nationalist platform. The establishment to attack, once identified in “Rome” and the Italian centralist state, is now mainly identified with the European institutions. The founder of the party Umberto Bossi, for a long time the unchallenged leader of the (Northern) League, has been eclipsed by the rise of Salvini. The League’s nativism has changed from “Northern Italy First” (Prima il Nord) to “Italian Firsts” (Prima gli Italiani), a transformation that also highlights how much the party, once presenting itself as the defender of a specific territory, has shifted towards an ethnic definition of its core-constituencies (although nativist and xenophobic appeals were present well before Salvini’s turn). How can this happen? How can RRPP take roots that are so deep in a reasonably well-off rural area that they can resist such an ideological shift? And which of the characteristics of such rural area, and of similar areas of North-eastern Italy, play a role in this process? The article aims at answering these questions, starting from the hypothesis that, amongst the multiple mechanisms and strategies exploited by the party to maintain its electoral dominancy, a central role may be played by what we define as ‘localist politics’ (see also Wills, 2015). In times of depoliticisation, the hegemonic understanding of the role of ‘politics’ tends to downplay class-based identities and instead to identify local government as an entity bound to protect, and ease concrete improvements of social, cultural and economic conditions of, ‘local communities’. Such an understanding of the role of politics may not only prepare a fertile terrain for the socio-political demarcation of an ‘out-group’ on ethno-cultural bases (which is a typical feature of RRPPs). It may also make the politicization of different social, redistributive and environmental conflicts more difficult, favouring instead ‘horizontal’, inter-local conflicts over scarce public and private resources. The research adopts a multi-method approach to test how much such a ‘localist’ understanding of political activities is widespread, amongst the broad electorate and local activism and militancy, and to which extent it can be associated with the support for the League. The article thus relies on the collection and the analysis of individual-level survey data from an original on-line questionnaire submitted through local Facebook groups, as well as on semi-structured interviews with a sample of respondents to the questionnaire as well as local key players such as party representatives, civil society activists and interest-groups’ leaders.
Social and professional inclusion paths for refugees. A comparison between Bologna and Vienna
Elisabetta Mocca, Pamela Pasian , Byeongsun Ahn
Abstract
Over the last few years Europe has faced the phenomenon of “forced migrations”, which has led to the establishment of reception systems and the implementation of integration policies to host asylum seekers and refugees in EU countries. Despite European directives set out specific goals that all EU states must achieve in relation to the inclusion processes of refugees and asylum seekers, considerable differences have emerged between policies and practices implemented at national and local level. In particular, local authorities have sought to address the challenges posed by integration by putting in place innovative measures. By employing the concept of social innovation as an analytical lens, this paper seeks to provide a glimpse of the variety of integration measures developed at local level. Focusing on labour market inclusion, this paper examines and compares socially innovative practices implemented by public authorities and civil society organisations in two European cities: Bologna and Vienna. These cases were selected as their countries display different administrative arrangements and are different types of destinations for migration flows. The paper draws on a multimethod approach, combining document analysis, interviews with local officials and NGO practitioners and the outcomes of a series of workshops developed within the remit the SIforREF project, financed by the Interreg Central Europe programme. Building on this evidence base, our analysis sheds light on the contextual and relational factors that have shaped the implementation of socially innovative practices to support the access of refugees and asylum seekers to the labour market. The findings reveal that the presence of local, horizontal cooperative networks bringing together local public actors and civil society fostered the success of socially innovative practices. Further, our analysis suggests how tensions with supra-local tiers of government spurred local action to tackle the challenges posed by refugees and asylum seekers’ access to the labour market. Indeed, both Bologna and Vienna are entangled in a ‘scale game’, where the upper levels of authority are either absent in easing the transition of refugees and asylum seekers into the labour market, or oppose local public initiatives due to political cleavages. As a result, the paper will contribute to better understand how local public and civil society actors act to provide services tailored to refugees and asylum seekers.
The Complex Multi-Level Governance of the Reception for Asylum Seekers in Europe. Similarities and Differences among two Mediterranean Cities: Marseille and Naples
Giorgia Trasciani
Abstract
This work focuses on the heterogeneity of multilevel governance configurations at the European level in the sector of reception services for asylum seekers. The sector in the last decades has been characterized by a number of tensions. Firstly the Europeanization of migration policies, implied a number of new rules applied at European level. While geographically the European member states play a different role in terms of reception, however, the management of migration has traditionally been the responsibility of the national State and the securization process together with the 2015 so-called migration crisis, accentuated this (Trasciani et al. 2019). Furthermore, the State is a diverse assemblage of actors, characterised by constant processes of restructuring, and the agentification of the structure made even more difficult a ordinated overall strategy for migration management. Finally, at the very local level in the last two decades, we assisted to a sharp increase of Third Sector Organizations (TSOs) dealing with assistance for asylum seekers and refugees. In terms of legitimacy, Third Sector Organisations have been recognised particularly suitable to fill the space left empty by the public sector, because they are values-based organisations (Tortia & Caroli, 2017) (Galera, 2016). Furthermore, the so-called “migration crisis” has demanded a huge effort to the third sector in the field (Jose Luis Monzón & Chaves, 2017). In this work I will particularly focus on the development of local dynamics based on socio-economic and socio-political practices and experiments in the field of reception for asylum seekers, where TSOs managing the structures of reception have to deal with a large number of public actors at the European, national and local levels. The configuration of this relationships could be very different and respond to local needs or public-TSOs’ costumes, but also to recent reforms aimed at privatization and marketization. Interesting enough, the reception services for asylum seekers, as well as other social service sectors, have been under the pressure of market instruments to compress the budgets, and of performance indicators in order maintain high quality standards while reducing prices. The sector is characterised by a huge number of reforms, some of them aimed at privatization and marketization- introduced through approaches influenced by New Public Management (NPM). Indeed, quasi-markets have been established with the aim of encouraging providers to compete in providing the best-quality services at the lowest cost (Le Grand, 1991) (S Dan & Andrews, 2016). This characterised resulted in a international common trend. However still local differences could be observed. To highlight similarities and differences I will analyse the reception services in two different cities Marseille, France and Naples Italy. The two Mediterranean cities have been chosen because, if the institutional arrangement characterizing the emergency system is similar in France and Italy (based on a strong centralization of the power and on the application of market instruments), by contrast, the ordinary reception of asylum seekers appears very different, and in this case the role played by the TSOs is significantly influenced by the different configuration of welfare services delivery in the two countries at local level. This work is based on a qualitative methodology. I have chosen to observe a number of different organizations (six), in two European countries, France and Italy. My data collection was designed on the basis of the multiple integrated case studies (Yin, 2014). Actually, the three cases selected in Marseille, France, differ in size, while they are based on the same geographical area, they develop the same kind of service, the reception for asylum seekers, and they respond to the same system of funding. The same can be said concerning the three cases based in Naples, Italy. Furthermore, all the cases are under the European legislation, which as we will show in the empirical part, gained relevance over time. A number of 56 semi-structured interviews were conducted in France (27), Italy (18) and for the European level Belgium (9). In this increasingly crowded field, very few system of co-construction, between public authorities and TSOs, could be observed, while the dominant model seems to be the introduction of market mechanisms and quantitative indicators of performance, in order to control the action implemented by the management bodies. Indeed, very often the TSOs responding to public tenders, sign very detailed contracts, where their freedom of action is limited to a list of tasks to be funded. References Dan, S, & Andrews, R. (2016). Market-type mechanisms and public service equity: A review of experiences in European public services. Public Organization Review, 16(3), 301–317. Le Grand, J. (1991). Quasi-Markets and Social Policy. The Economic Journal, 101(408), 1256–1267 Monzón, Jose Luis, & Chaves, R. (2017). Recent evolutions of the Social Economy in the European Union (p. 124). Brussels: EESC. Galera, G. (2016). Verso l’inclusione sociale: Dall’accoglienza all’autonomia. Welfare Oggi, (3), 32–37. Tortia, E. C., & Caroli, M. (2017). The role of the social economy in migrants’ reception and integration. The Municipalities of Romagna Faentina in Central Italy. https://doi.org/10.13140/rg.2.2.13575.09123 Trasciani, G., Mavin, R., Borrelli, L. M., & Alomar, A. (2019). ‘A Forest with many trees’ – Mapping the migration industry and accountabilit(ies) in Europe (p. 35) [FEPS Pubblication]. Brussels Yin, R. (2014). Case Study Research Design and Methods (5th ed.). Thousand Oaks, CA: Sage.
 

Panel 10.3 The Local Politics of Migration. Parties, Policies and Public Opinion. (II)


In recent years, refugee migration to Europe has been a topical issue in academic, political and public debates. While the political discussion at the European and national level often links to security issues, border controls, and common responsibility for the management of immigrant flows, the local level is largely neglected. Yet, it is at the local level where policies are implemented, often with varying practices which are twisted with local specifics regarding political culture and the state of civil society. Taking on a cross-national comparative perspective, this Panel aims at contributing to the study of integration processes and policies at the lower levels of cities and municipalities, and to reveal influences of national framings on the development of migrant reception and integration processes, policy and discourses.
The objectives of the Panel are:
a) to explore the multi-level decision making processes of immigrant integration policies, in particular, the role of third-sector organizations and the private sector;
b) to shed light on how different political actors engage with the issue of migration in public debates and the local media;
c) to understand to what extent a link exists between reception and integration policies outcomes and the electoral success of right-wing and populist parties at local elections;
d) to assess to what extent a relationship exists between residents’ attitudes towards immigration and reception and integration policies implemented by local authorities.
Scholars contributing to this Panel will explore issues related to multi-level politics in migration management, changing public attitudes towards migrants and the politicization of migrants’ access to welfare and social services. We are interested in works that employ diverse methodological orientations and data. Contributions in Italian are also welcomed.

Chairs: Stella Gianfreda

Discussants: Francesca Campomori

The crucial role of Italian judges in asylum adjudication: spaces for discretion at local level
Alice Lacchei, Cristina Dallara
Abstract
The so-called migration crisis in the Mediterranean area (2015-2019) has considerably affected the functioning of EU Member States’ public institutions in several policy domains. Although it is not widely known, in some European countries, judicial systems became crucial institutions in the migration governance, as implementers of a key step of the EU asylum policy, asylum adjudication. Indeed, in the European Union, when asylum seekers receive a total or partial negative decision on their first instance claim, they have the right to appeal, either through legal or administrative institutions depending on the country in question (Gill and Good 2019). However, asylum claims, especially at the appeal stage, have different organisational models depending on the country choice. This is probably due to the fact that the Common European Asylum System (CEAS), a legal and policy framework covering all aspects of the asylum process, mainly consists of European Directives, which establish the common aims to be achieved, without any binding instructions on how to achieve them in terms of policy tools and organisational models. The few available research on such topic emphasises the huge heterogeneity of implementation practices EU States adopt (Gill and Good 2019). Although the EU recently pushed for harmonising as much as possible asylum adjudications procedures in EU Member States, these differences seem also to impact the asylum law enforcement. Due to its peculiar geographical position at the centre of Southern Europe, to the magnitude of migration flows and to its historical legacies, Italy can be considered a crucial case study to analyse the implementation of the asylum policy. Thus, the aim of this article is that of opening the black box of the Italian asylum system offering insights from the analysis of the appeal stage in a crucial Member State. The focus will be specifically on Italian judges working in the specialised local courts re-examining asylum claims at the appeal stage. In response to the dramatic increase in asylum appeals from 2016 (Ministry of Justice 2019), the Italian asylum adjudication procedure was modified also to respond to an overloaded justice system. Specifically, the 2017 Minniti-Orlando Decree (Decree Law 13/2017) sets up court-sections specialised on migration and in particular on asylum in 26 Italian Tribunals. Such specialised sections have gradually become crucial institutions in the implementation of the Italian asylum policy, since they decide on the merit of a huge number of cases, if we consider that more than the 94% of the administrative rejections are redressed through the judicial procedure (Giovannetti 2021). As the article shows, Italian Tribunals maintained a great space for manoeuvre in implementing the reform. Indeed, at national level an heterogeneous picture emerges, since judges had the autonomy to choose different organisational arrangements and to develop different practices and routines in the local specialised court-sections (Consiglio Superiore della Magistratura 2018). This heterogeneity characterising the Italian model is confirmed also by quantitative data on asylum appeals and acceptance rates (Giovannetti 2021). Starting from this context, the study aims to disentangle the margin and the uses of discretion of Italian judges at local level. Judges behaviour is analysed using the Street Level Bureaucracy (SLB) framework (Lipsky 1980) as it allows to study the implementation of asylum law focusing on these crucial actors and their margin of manoeuvre and discretion in processing asylum applications and shaping asylum policy. Although judges were originally placed by Lipsky (1980) in the list of street-level bureaucrats, this professional group was rarely considered as a crucial actor in the analysis of specific policy implementation. However, SLB seems particularly suitable to study Italian judges dealing with asylum adjudications and it allows us to understand how judges concretely shape rights implementation, bringing attention on how concrete policy goals are interpreted and translated into action. Analysing the behaviour of crucial actors, such as judges, and the functioning of the organisations concretely shaping asylum policy could help in better understanding the whole picture of the EU and national asylum system, as well as their weaknesses. Indeed, as Gill and Good (2019) argue, asylum policy is composed by different phases and many ‘actors’ are involved: immigration officers and decision makers, civil servants, judges, interpreters, and lawyers. These actors belong to different public administrations and follow different professional rules and, through their daily practices, they shape asylum policy at national and local level. References CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA (2018) Monitoraggio Sezioni Specializzate in Materia di Immigrazione. Modalità organizzative. GILL, N. & GOOD, A. (2019) Asylum determination in Europe: Ethnographic perspectives. Springer Nature. GIOVANNETTI, M. (2021) I perimetri incerti della tutela: la protezione internazionale nei procedimenti amministrativi e giudiziari, Questione Giustizia. LIPSKY, M. (1980) Street-level Bureaucracy: Dilemmas of the Individual in Public Services. Russel Sage Foundation.
The location models of reception structures in Italy: accessibility and impact on the housing market. First results from the MIGRATE project
Luca Daconto, Sara Giunti, Luca Bottini, Simone Caiello, Stefano Tarroni
Abstract
Introduction and research question A growing body of literature in political economy is studying the impact of the recent “Refugee Crisis” in Europe on the political and economic outcomes in host countries (Steinmayr,2020; Edo et al., 2019; Lonsky, 2021; Levi et al., 2020; Hangartner et al., 2019; and Gessler et al., 2019), with heterogeneous evidence depending on context characteristics and reception systems in place. However, very few contributions have explored the effects of the presence of asylum seekers and refugees at the very local level. In the context of urban studies, research shows how the spatial location and the characteristics of the reception structures and of the contexts in which they are inserted represent crucial elements in shaping the local impacts of the asylum seekers’ and refugees’ presence. Furthermore, environmental features influence accessibility, defined as the ability to reach and be able to participate in activities relevant to social inclusion (Farrington and Farrington 2005), such as work, welfare services, social networks and relations (SEU 2003). In this sense, it is essential to evaluate the characteristics of residential contexts and how they influence the ability of migrants to move and access local opportunities, considering that this particular kind of population often encounters greater difficulties in accessing opportunities (Rajé et al. 2004) due to a lower mobility capital (Kaufmann et al. 2004) - e.g. lack of private motorized transport; absence of accessible services at suitable times; dependence on public transport service. MIGRATE is an interdisciplinary research project addressing the impact of the presence of refugee reception centers on the surrounding areas where they are located, and the role of local dynamics for the process of integration of asylum seekers and refugees in Italy. The aim of the project is twofold: i. to assess the effects of the establishment of a reception center on housing prices nearby; ii. and to identify the degree of social inclusion of hosted refugees through the analysis of the levels of accessibility to key services and local opportunities. Therefore, the project aims to identify the location patterns (concentrated or widespread) and the short and medium term dynamics (2014-2019) that distinguish the reception system based on the type of structure (CAS or SPRAR), their territorial location (geographical distribution, region, province), the size and socio-territorial morphology of local contexts (population, density, economic activities, incomes and socio-economic indicators) and the type of management; assess, at the neighborhood scale, the level of accessibility to services, activities and fundamental opportunities for the social inclusion of reception facilities for some case studies selected on the basis of the identified location models. In this way, we intend to define the best practices in location patterns of reception centers, providing policy guidelines for improving the inclusion of refugee reception in the local contexts. Methodology To address these research questions we exploit the quasi-experimental setting provided by the Italian Dispersal Policy. This policy was quickly set up in 2014 by the Italian Home Office to deal with the consistent arrival of asylum seekers and to cope with scarcity of the ordinary reception capacity run by local authorities (SPRAR in Italian). According to the Dispersal Policy, the number of asylum seekers allocated to each province is assigned based on the resident population (about 2.5 out of 1,000 inhabitants), while the distribution of the temporary reception centers (CAS is the Italian acronym) within the provincial territory happens on a quasi-random basis through public procurement procedures. As a result of the significant and unanticipated dimension of the refugee crisis, CAS have hosted the vast majority of asylum seekers over the last few years becoming de facto the most common reception system, contravening their exceptional nature. Unlike the ordinary reception centers, the CAS system is a private-enterprise system funded by the central government and managed by Italian Prefectures (government offices at the province level) without the involvement of local authorities. By leveraging natural exogenous variation in the share of refugees resettled across municipalities during the crisis (2014-19), we can overcome concerns about refugee sorting across localities more suitable for refugees or more eager to welcome them. We use unique first–hand data on refugee resettlement and reception centers in the period from 2014 to 2019, collected by the authors through Freedom of Information Act (FOIA) requests to the universe of Italian Prefectures between July 2019 and February 2020 (Campo et al., 2021). We collected information on CAS location and capacity, timeline and actual number of hosted refugees for the years 2014–2019. First of all, we geocoded all addresses of both temporary (CAS) and ordinary (SPRAR) reception centers opened across the national territories during the peak of the crisis. This procedure allowed us to analyse the distribution and location patterns of the reception system in the whole country (e.g. spread or concentrated. Furthermore, having the exact location of the centers is crucial for the computation of the street-network based accessibility to local opportunities, to be performed through the running of network analysis tools in a GIS environment. Then, we combine the above dataset with data on the territorial morphology (e.g. degree of urbanisation; level of peripherality, etc.), economic (e.g. location quotient of economic activities) and socio-economic and demographic (e.g. incomes; ageing; socio-economic vulnerability) structure at the municipal level, from the National Institute of Statistics (ISTAT). In this way we are able to precisely define the profiles of the different socio-territorial features of the diverse reception contexts in Italy and to consider these characteristics in the assessment of local impacts. Finally, we also combine with data on the housing market at the level of the real estate market observatory areas (zone OMI) collected by the Revenue Agency. This allows us to assess whether the presence of refugees in a zona OMI (Osservatorio del Mercato Immobiliare) had any impact on housing prices in the very nearby by means of a fixed effects model. Preliminary results The spatial analysis of the CAS distribution shows different location models: - Widespread, such as the case of Marche, where there are no hotspot and the presence of refugees and asylum seekers is spread around the territory; - Polycentric, i.e. Emilia-Romagna, in which there are some hotspots (centres) with a higher density of refugees and asylum seekers spread around the region; - Polycentric spreading, i.e. Campania, where it is possible to find different hotspots spread all over the region; - Monocentric, i.e. Piemonte, in which the higher density concentrates in a single hotspot, while the other parts of the region have lower values; - Monocentric spreading, i.e. Lombardy, where various hotspots with high density congregate creating an homogeneous and large area with higher density values. The analysis of correlation between the density of refugees and asylum seekers and the socio-territorial features of the local environment demonstrates the “urban” nature of the Italian reception system. In fact, on the one hand, there is a positive correlation with the degree of urbanisation, the location quotient of business services, income gaps and the population educational level, on the other hand, there is an inverse correlation with the ageing index and the level of peripherality (SNAI classification). In particular, multivariate statistical analysis showed the existence of three different clusters to which specific socio-territorial profiles correspond (urban poles, mountain or internal areas, intermediate areas). Regarding housing prices, two prime effects of opposing signs may be at work. Provided the supply of property is relatively inelastic, the increases in the demand for rental accommodation driven by the presence of reception centers could cause upward pressure on prices for rents. Conversely, prices of property might take harm if natives perceive local settlements of refugees as a disamenity. Which of the two effects dominates is a priori unclear. Former empirical studies only partially corroborate these hypotheses (Kürschner & Kvasnicka, 2018; Daams et al. 2019; Rozo & Sviatschi, 2021). Our empirical analysis will shed some light on the implications for local housing markets of a larger share of refugees housed in decentralized accommodations. The further and final step in the project will consist in the evaluation and measure of local opportunities accessibility for migrants in a selected set of territories, on the base of the localisation patterns discovered from the mapping of the centers and the crossing with socio-demographic and economic structure of the territories in which they are settled. As already mentioned the adoption of Network analysis tools on spatial data will produce a measure of the degree of accessibility characterising the different asylum seekers residential centers to the opportunities present in those contexts. In this way we would like to detect the level of potential inclusion provided by the structure of the local territory.
The multilevel governance of refugees’ reception in Italy: private-public relationships under the stress test of rapidly changing policies
Leila Giannetto, Giulia Galera
Abstract
The Italian national reception system for refugees and asylum seekers, officially born in 2001, has rapidly evolved, especially in the past decade. Institutional changes, compounded with the great number of resources poured into the Italian reception system(s), have deeply affected the multi-level governance system of reception and thus the relationship between public and private actors in charge of delivering housing and integration services at the local level. Indeed, it is the great variety of public-private relationships at the local level that has led to the emergence of either virtuous or poorly managed reception initiatives, affecting in turn the relationship between local communities and refugees and their potential for mutual development and empowerment. We can identify three different time frames in the policy framework of reception in Italy: the period 2011-2013 (“North Africa Emergency”); the period 2014-2017 (“refugee crisis”); the period 2018-nowadays, when the reform introduced by former Ministry of Interior, Matteo Salvini, entered into force. The first period marked the emergence of a top-down, emergency approach to reception policies, in contrast with the national reception system created in 2001 (i.e., ordinary reception system), which is instead based on the cooperation at the local level between municipalities and third sector organisations. This top-down approach has continued to exist, in a slightly different configuration, also in the 2014-2017 period, alongside the ordinary national reception system. Nonetheless, a variety of locally-based experiments coupling reception with community revitalisation have emerged in this period, especially in remote areas with declining population. After 2018, these experiments, often built thanks to the co-design of reception and integration policies involving both public and private actors, have been significantly put under stress. By analysing initiatives of reception in different localities in Italy, building on existing literature and on original research data, this paper argues that governmental policy choices directly affecting the multi-level governance framework of asylum seekers and refugees’ reception have strongly impacted upon the quality of integration of recipients. The different types of public-private relationship have in turn affected the potential for local communities and refugees hosted to harvest the fruits of a well-managed encounter in terms of opportunities for local development, cultural exchange, empowerment and overall socio-economic revitalisation, especially in remote areas with declining population.
Typology of Solidarity Cities: Local Responses in the Refuge Crisis
Gulce Ozdemir
Abstract
More than 1 million third-country nationals without legal permission entered Europe in 2015. This unexpected number of entries caused a crisis across Europe. Numerous actors ranged from supranational to subnational levels, have responded to this crisis in a manner of solidarity. This article explores the ways in which European cities are diverse in terms of building solidarity hubs for refugees, asylum seekers, and those who have refused applications or in the process of application (hereafter newcomers) as a response to the refuge crisis. In this paper, I call these cities as Solidarity Cities. Although there is an existing network of some European Cities called “Solidarity Cities” in order to promote best practices, the concept of solidarity city remained as a gap in the given literature. Grounded in a spatial and relational understanding of solidarity, this project will investigate and compare newly emerged solidarity cities at the intersection between top-down (policy-oriented) and bottom-up (practice-oriented) forms of solidarity within these cities. With this regard, the main aim of this paper is two-fold: (1) To build an analytical model of a solidarity city typology focusing on the role of the local governments and civil society (2 ) To map solidarity cities in Europe within this typology Solidarity city typology is based on top-down solidarity generated by local governments and bottom-up solidarity as an outcome of civil society practices. As it might be seen in the below: • Top-Down Solidarity City: When most solidarity actions varied from safe accommodation to language classes are provided by the local government. • Bottom-Up Solidarity City: When most solidarity actions varied from safe accommodation to language classes are provided by the civil society actors. • Limited Solidarity City: When both local Government and Local Civil Society are absent to build a solidarity hub for the newcomers. In the case of presence of both top-down and bottom-up solidarity, there are types of solidarity city based on the differences in the alliance between local government and civil society actors. • Decoupled Solidarity City: When both local governments and civil society have their own policies and practices to be in solidarity with newcomers and event their actions may be conflicting from time to time. • • Full-Solidarity City: When both local governments and civil society are working harmoniously to create a solidarity hub for the newcomers. This article does not only have a conceptual contribution through a descriptive typology, but it also offers an empirical contribution by locating 14 European cities into the given typology. Across this article, I will be analysing local governments and local civil society actors in the following cities Amsterdam, Barcelona, Berlin, Brussels, Budapest, London, Madrid, Milano, Munich, Paris, Prague, Rome, Stockholm, and Vienna (by alphabetical order) based on secondary literature, analysis of official records for civil society organisation and local policy analysis. These 14 cities are from 10 different member states with various types of migration policies and migration history. Each city with a different degree of autonomy in their respective countries has various forms of relationships with institutions and agencies within the local political arena which is formed by different historical and cultural trajectories. However, 12 cities out of 14, somewhat emerge as a solidarity city one form or another. That is why it is vital to understand different forms of solidarity cities even political conjecture and migration context are diverse.
 

Panel 10.6 PANEL CONGIUNTO: Who deals with what, when and how in the COVID-19 emergency policy


Panel congiunto fra gli SG ‘Scienza politica e politiche pubbliche’ e ‘Studi regionali e politiche locali’

The emergency policy that deals with the COVID-19 pandemic presents typical traits of the highly complex emergency policies of the last decades: extreme uncertainty and scarcity of time, but also the deployment of extraordinary financial and human resources by the public sector (Schneider 2011). At the same time, the high ambiguity and the fluid and changing nature of the phenomenon shows clear analogies with the policies that deal with wicked problems, insofar as it requires no ready-to-use solutions aimed at combining the containment of risk with the mitigation of negative spillovers on other spheres of collective life (Weible et al. 2020). Understanding this emergency policy can thus contribute to the advancement of the science of emergency management and to the science of wicked problems.

Both the perspective of the policy cycle and that of multi-level governance seem essential to better explain and comprehend this policy. On the one hand, policy formulation and implementation have been often overlapped, partly because of the prominent role assumed by experts and technicians (Liu, Zhong and Yu 2020). On the other, although some centralization of power and prerogatives is a common trend in responses to the COVID-19 pandemic (Capano et al. 2020), in established democratic systems, and particularly in federal and regionalized states, the relationships and forms of cooperation between centre and periphery are nonetheless key elements in understanding the timing, coherence, and effectiveness of policy responses to any crisis (Boin and Bynander 2015).

The panel therefore intends to invite contributions aimed at analyzing the management of COVID-19 pandemic from one of these perspectives. Recurring dynamics and unintended consequences, dysfunctioning and effective actions can be explored in several phenomena that seem to characterize this emergency policy: the combination between restriction and enlargement of decision-making arenas and openness; the attempt to proceed simultaneously with mitigation, preparedness, and emergency management measures; the adoption of implementation structures that seem at the same time lean and highly inclusive and diversified; the combination between bottom-up and top-down management styles; the role of ‘creative’ skills and improvisation.

The panel is open to papers that focus on different policy stages and levels of government and use different methodologies. Papers can be submitted both in Italian and English.

Chairs: Stefania Profeti, Stefania Ravazzi

COVID-19 and human security: environmental, social, and medical risk factors
Francesco Bailo, Gabriele Abbondanza
Abstract
This paper seeks to outline a multidisciplinary approach to the study of security and COVID-19. With Italy as a case study, it first identifies environmental, socio-economic, and medical risk factors through the results of a statistical model. Second, it draws human security implications from them, with the goal of providing a basic framework of security in times of COVID-19. The analysis shows that specific types of air pollution, well-connected areas with intense economic activities, and the presence of numerous aged care and healthcare facilities are all associated with deaths that can be attributed to COVID-19. The human security implications of COVID-19 therefore comprise the negative role of air pollution, the ineffectiveness of pandemic plans that are not implemented fully and rapidly, and the necessity of identifying people with chronic diseases affecting the respiratory system as a risk group. Additionally, these security risks are complemented by those outlined by the relevant literature. Cognisant of the cyclical nature of coronavirus outbreaks, we argue for a multidisciplinary approach to the security implications of pandemics, given their complex and multifaceted nature.
What happens to European Union Cohesion Policy in time of crisis? The evolution of Cohesion Policy, regions' role and future perspectives.
Sara De Martino
Abstract
Cohesion policy is one of the most relevant European Union policies, not only for the strong financial and economic significance -around one third of the whole EU budget is devoted to it- but also because it has a specific territorial- regional, local and urban- dimension through which it has been possible to promote, over the time, crucial challenges for the integration process and for the EU governance system as a whole. In fact one of the most relevant element related to the definition, development and implementation of Cohesion policy is represented by the interplay between different policy actors- at supranational, national and subnational level- who since its creation and institutionalisation- end of 1970s’ and 1980s’- reform after reform have experimented different relations and interactions inside the EU multi-level governance system. Some important external pressures, meant as the 2008 economic and financial recession first and the covid-19 pandemic recently, had an evident impact on the policy actors’ interactions inside the EU multi-level governance system and more specifically on the shaping of Cohesion policy. More in depth it is already emerged with the spread of 2008 economic recession that “in time of crisis” many fundamental decisional processes have been subjected, in some cases, to an increasing and progressive re-centralization tendency in different policy fields that have consisted in a redistribution of powers and competencies in favour of the Member States and at the expenses of the regions (Mendez 2009, Callanan 2010, Tatham 2010, 2014). For this reason, it is necessary not only to start reflecting on the possible further centralization of power’s trend as a response to the recent covid-19 pandemic but also to outline the effects of this on the 2021-2027 Cohesion policy planning and on the managing and implementation of the Next Generation EU. This article aims to highlight, by reconstructing the evolutions’ path of Cohesion policy trough the presentation and the description of its main past reforms, the changes occurred over the years and specifically in the 2021-2027 Cohesion policy planning, by putting the stress on the difference between the pre-negotiation phase before the spread of covid -19 pandemic and the period immediately after its impact. This will be done by keeping the focus on the role of regions as policy actors – that in the last ten years had fallen in a shadow zone- and by analysing the potential space of action for them in managing the new measures included in the Cohesion policy regulations in the frame of the Next Generation EU. A further related objective is in fact to outline the general prerogatives occurring in EU policy- making when responding to “external crises” and to open the academic debate on the future perspectives of Cohesion policy.
Further to the Bottom of the Hierarchy: The Stratification of Forced Migrants’ Welfare Rights amid the COVID-19 Pandemic in Italy
Francesca Campomori, Raffaele Bazurli
Abstract
This article analyzes how forced migrants have been pushed further down in the hierarchy of social citizenship amid the COVID-19 pandemic. Drawing on case study research on six cities in north-eastern Italy, we show that their welfare rights have stratified due to national immigration policies that imply unequal access to social protection. Local-level forces—including welfare institutions, political par-ties, and civil society organizations—have either magnified or mitigated such state-driven stratification. This resulted in uneven landscapes of social citizenship, with a minority of migrants relatively well-protected and the others entangled into downward, COVID-induced spirals of marginalization, by which various forms of exclusion have activated, and accumulated on, one another. These findings travel beyond Italy as an exemplary case of rising nativism and urge post-pandemic host societies to emancipate welfare rights from the immigration policies to which they are so often subordinated.
 

Panel 10.7 Il welfare locale ai tempi del Covid-19: la sfida dell’innovazione sociale tra cambiamenti di policy e dinamiche di politics (I)


La pandemia - caratterizzata da un modello di intervento emergenziale e dal ricorso a misure straordinarie, nazionali e locali, di trasferimento monetario - ha dimostrato sia la fragilità del sistema socio-sanitario tradizionale, sia la sua insostenibilità e incapacità di adattarsi. È noto, infatti, che i sistemi di welfare locale sono caratterizzati da grande distanza tra bisogni emergenti e risorse pubbliche disponibili e si occupano prevalentemente degli stessi target da almeno trent’anni mentre sono deboli o assenti su nuove emergenze sociali e prevenzione. Prevalgono logiche per silos di prestazioni e target omogenei, in un sistema pubblico largamente basato su trasferimenti monetari e non su servizi in funzione dei bisogni. Sistema che ha progressivamente abbandonato la produzione diretta di servizi, contrattualizzando soggetti privati con criteri di finanziamento basati sugli input e non sugli outcome, contribuendo alla diffusione di un ampio mercato informale della cura.
Per contro il Covid-19 ha fatto emergere una serie di fattori positivi (rapida sburocratizzazione e semplificazione dei processi socio-assistenziali e di erogazione di molti servizi; ristrutturazione della governance pubblico-privata di diversi settori di attività; superamento di vincoli che apparivano prima insormontabili), idonei a far ritenere possibile un radicale cambio di paradigma nel welfare locale e una sua riconfigurazione in chiave di adeguatezza, appropriatezza, sostenibilità e resilienza, secondo logiche coerenti con l’investimento e l’innovazione sociale.
In questo quadro sono benvenuti contributi - sia di taglio empirico sia con approccio normativo - finalizzati a:
• analizzare politiche e pratiche volte a innovare i sistemi locali di welfare, in Italia o in altri paesi europei, anche in prospettiva comparata
• analizzare in che misura le soluzioni esistenti rispondano alle sfide e ai bisogni emergenti e possano riconfigurare il quadro dei diritti sociali
• identificare le soluzioni ritenute più appropriate e quelle più efficaci per soddisfare aspettative ed esigenze delle persone più vulnerabili
• contribuire alla definizione di soluzioni “socialmente innovative” e all’individuazione di barriere e fattori facilitanti che contribuiscono a ridefinire i processi di apprendimento istituzionale del welfare locale
• identificare gli attori pubblici e privati coinvolti, i loro interessi e i processi che portano alla messa in campo di misure e politiche innovative e capacitanti.

Chairs: Franca Maino, Elisabetta Notarnicola, Federico Razetti

Discussants: Elisabetta Notarnicola, Federico Razetti, Franca Maino

I servizi sociali quale crocevia per l’innovazione sostenibile del welfare locale: evidenze empiriche sull’offerta degli enti non profit.
Annalisa Turchini, Cristiana Ranieri
Abstract
Negli interventi di welfare locale la traduzione dei bisogni sociali chiama in causa con forza i fattori di produzione - modalità, dispositivi e attori impiegati e impegnati nei percorsi attuativi - sottolineando come la scelta di specifici strumenti d’azione sia in grado di qualificare (o meno) il sistema di welfare rispetto alle opportunità disponibili sul territorio. A partire dalle transizioni in atto nel sistema di welfare che, già nel periodo pre-pandemico, puntavano sulla ricerca di “una sua riconfigurazione in chiave di adeguatezza, appropriatezza, sostenibilità e resilienza, secondo logiche coerenti con l’investimento e l’innovazione sociale”, diventa centrale, forse ancor più rispetto al passato, la questione del soddisfacimento dei diritti sociali. Nel lungo protrarsi del confinamento da Covid-19, i servizi sociali sono stati in prima linea nel fronteggiare sia bisogni sociali noti ma estesi a fasce di popolazione nuove (ad es. la distribuzione di pasti e medicinali a persone precedentemente non in condizione di marginalità sociale), sia esigenze sconosciute emerse in target noti (ad es. protocolli di sicurezza per i senza fissa dimora). Nonostante la pandemia abbia evidenziato con forza le fragilità di tutto il sistema di protezione sociale, oggi più che mai, i servizi sociali rappresentano un crocevia tra l’emergere di nuovi bisogni sociali e la realizzazione di risposte innovative idonee a rinnovare il quadro di policy. I servizi sociali sono, dunque, uno strumento di intervento e osservazione fondamentale per il sistema di welfare. A raccogliere la sfida dell’innovazione sociale dovrebbero, quindi, essere attori locali capaci di innovare i propri sistemi sociali di riferimento a partire dai bisogni sociali emergenti (ri)configurandoli entro un quadro di diritti sociali ampliati e “soluzioni” capaci di non lasciare fuori nessuno. Il ruolo della governance pubblico-privato - come richiamato anche nel testo della call – è trainante per la realizzazione di nuovi processi e nuovi modelli socio-assistenziali e di erogazione dei servizi sociali. Alcune delle principali fragilità del sistema di welfare quali: interventi a canne d’organo, (in)sostenibilità e (in)capacità di adattamento, distanza tra bisogni emergenti e risorse pubbliche disponibili, mettono alla prova non soltanto il soggetto pubblico ma anche gli attori del sistema entrati a pieno titolo nella gestione e attuazione dei servizi sociali sin dalla riforma del sistema integrato di welfare , quali i soggetti del terzo settore. Da sottolineare che, nel complesso quadro del principio di sussidiarietà, l’attenzione al terzo settore è cresciuta considerevolmente da parte di molte politiche sia settoriali che più ampiamente mirate al rafforzamento dell’economia sociale (ad es. la riforma del settore ). Nei servizi sociali i soggetti del terzo settore intrattengono, da un lato, un legame finanziario forte e strutturato con il soggetto pubblico, dall’altro, hanno introdotto pratiche e processi propri di gestione e attuazione dei servizi sotto il profilo organizzativo e occupazionale. L’oggetto di analisi della presente proposta di contributo sono i servizi sociali. Questi nell’ultimo quinquennio, hanno visto crescere la propria importanza a dimostrazione di come questo “strumento” di attuazione del welfare locale sia passato da essere la cenerentola del sistema a fattore cruciale per la riduzione della povertà e il sostegno all’inclusione sociale. L’attenzione posta sui servizi sociali si arricchisce di un profilo empirico sull’offerta territoriale da parte degli enti non profit attraverso dati recentissimi (31 dicembre 2020) come le prime evidenze della 4a indagine Inapp (Istituto Nazionale di Analisi delle Politiche Pubbliche) sui “Servizi sociali erogati dagli enti non profit” che, in questa edizione, fotografa anche le trasformazioni dell’offerta di servizi sociali nel periodo pandemico . Le conoscenze e i dati complessivamente prodotti dall’indagine intendono sostenere, in un’ottica empirical-based, il disegno di alcuni interventi e policy incardinati, ad esempio, nei processi di: programmazione e attuazione di quelli misure di inclusione attiva e sostegno al reddito che si affidano ai servizi sociali come infrastruttura implementativa; allocazione e utilizzo di fondi di finanziamento che individuano i servizi sociali tra le priorità d’investimento ed, infine, attuazione nazionale e territoriale della riforma del Terzo settore e dell’Impresa sociale. L’indagine offre un quadro conoscitivo ampio sia degli attori coinvolti (enti non profit/terzo settore: organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici/fondazioni di terzo settore, imprese sociali/cooperative sociali ecc.) sia dell’articolazione territoriale del sistema di offerta dei servizi sociali, focalizzandosi su dimensioni di analisi dell’impatto economico e occupazionale dell’emergenza sanitaria. Le evidenze empiriche oggetto della presente proposta di contributo concentrano l’osservazione sugli effetti dell’emergenza Covid-19 rispetto a: utenza e tipologie di servizio sociale; stato di operatività degli enti; impatto sulle finanze degli enti. Le chiavi di lettura delle evidenze empiriche sviluppano, a partire dai dati, il tema dalla resilienza e dell’innovazione sociale in termini di: sviluppo di nuovi servizi sociali, individuazione di nuove tipologie di utenza, sviluppo di nuovi processi di lavoro ed attivazione di nuove relazioni con attori del territorio. Le ipotesi concettuali che il paper svilupperà e intende circostanziare riguardano la relazione che intercorre tra la capacità di resilienza e innovazione sociale e, da un lato, le relazioni intessute dagli attori nel contesto locale, e, dall’altro, la natura delle risorse finanziarie utilizzate. Rispetto al primo affondo, si presume che le relazioni intessute nel territorio possono giocare differenze importanti sulla tenuta del sistema di welfare, anche in presenza di crisi profonde e mutamenti repentini come nel periodo pandemico. Al riguardo, una lente di ingrandimento sarà rappresentata dalla natura e intensità delle relazioni dei “provider” del terzo settore con la pluralità degli attori chiave del contesto locale e di come tale rete si configuri in termini di infrastrutturazione sociale alla base dell’erogazione dei servizi. Rispetto al secondo affondo si presume che la capacità di resilienza e di innovazione sociale passi dalla sostenibilità dei servizi, in senso stretto, riferita alle fonti finanziarie. Questa dimensione richiama l’assunto che il terzo settore possa essere in grado di attivare risorse aggiuntive ampliando e diversificando le fonti finanziarie disponibili sul welfare. Tale aspetto sarà osservato e analizzato dal paper attraverso i dati raccolti dall’indagine sulle fonti di finanziamento dei servizi erogati nell’anno 2020 da parte del terzo settore, rispetto alla differenziazione delle fonti economiche utilizzate e se, e come, tale articolazione abbia favorito, o meno, l’operatività dei servizi erogati. La complessità dei temi affrontati nella presente proposta, lasciano spazio a riflessioni mirate sui cambiamenti di policy e politiche d’intervento. Se è possibile affermare che i servizi sociali sono il luogo deputato a catturare e decodificare l’emergere dei nuovi bisogni sociali, per dare gambe a processi di innovazione sostenibile è, però, necessario fare delle distinzioni. A livello sistemico il passo è tracciato dalla vicinanza alle comunità locali e dalla collaborazione tra più attori del sistema (tra cui anche gli enti non profit). A livello di implementazione, inoltre, una risorsa per tradurre i dispositivi di presa in carico dei bisogni, in risposte innovative (utili per il disegno di nuove policy) è rappresentata dalla capacità di intercettare e definire la multidimensionalità della domanda sociale. Resta inteso che nel disegno di una policy è indispensabile tenere presente che il ciclo di osservazione non si esaurisce con la costruzione locale di risposte innovative ma deve ritornare a sua volta all’interno del sistema di realizzazione dei servizi sociali, nel suo complesso, come campo privilegiato di analisi e valutazione di efficacia ed efficienza e, come sfida aperta, sulle traiettorie di impatto sociale.
La sfida della povertà lavorativa al welfare locale nella cornice del progetto Welfare Innovation Local Lab. Un’analisi empirica delle risposte sociali ed istituzionali di cinque amministrazioni locali.
Celestina Valeria De Tommaso, Chiara Agostini
Abstract
Il welfare territoriale può essere concettualizzato come vettore di innovazione istituzionale e laboratorio di costruzione della cittadinanza sociale, di inclusione e partecipazione. L’innovazione sociale - a livello locale - mira a rispondere ai nuovi bisogni sociali. Gli enti locali sempre più spesso partecipano a reti territoriali e interagiscono con gli attori del secondo welfare con l’obiettivo di rispondere alla crescente contrazione delle risorse pubbliche e alla complessità dei bisogni sociali, tipici del post-fordismo e acuiti dalla crisi economica del 2008 e, più recentemente, dall’emergenza da Covid-19. Nel quadro ivi descritto, si inserisce WILL [Welfare Innovation Local Lab], un progetto sperimentale nato su iniziativa di alcune amministrazioni locali e volto a favorire il rinnovamento del welfare territoriale. Il progetto vede coinvolte dieci municipalità di quattro regioni diverse. I comuni WILL sono impegnati a realizzare sperimentazioni che si rivolgono a tre target specifici: 1) minori dagli 11 ai 13 anni; (2) lavoratori poveri; (3) anziani fragili dai 70 agli 80 anni. Un investimento sul Community Building di quartiere è il target trasversale e comune a tutte le municipalità; per tale ragione, il rinnovamento del welfare locale dovrà tenere conto della creazioni di reti - sostenibili e resilienti - nella fase di progettazione dei servizi sociali rivolti ai target sociali sovracitati. Il presente paper prende in esame la governance territoriale del progetto WILL e si concentra sul secondo target group, i lavoratori poveri. Proprio su questo target si focalizza l’analisi delle logiche che caratterizzano il paradigma dell’innovazione sociale e le loro applicazioni a livello territoriale, con la conseguente creazione di reti stabili - di Community Building - e infrastrutture sociali. La scelta di concentrarsi sui working poor si giustifica per tre ragioni: (1) L’aumento progressivo dei tassi di povertà lavorativa in Italia e la duplice interpretazione del fenomeno - individuale e familiare - che ne determina, quindi, la complessità nell’analisi e nelle risposte; (2) la complessità appunto delle risposte territoriali per fronteggiare la povertà lavorativa (“policy mix” che comprende politiche volte a fronteggiare la povertà abitativa, sanitaria, alimentare eccetera) e, infine, (3) l’intenzione degli attori locali, coinvolti nel progetto, di fronteggiare la povertà lavorativa per mezzo di servizi in-kind (prestazioni di servizi sociali, non monetari), piuttosto che trasferimenti monetari. La centralità del legame tra le misure di contrasto alla povertà e l’innovazione sociale è testimoniata dal progressivo e rapido aumento dei tassi di povertà relativa e assoluta in Italia. Le recente crisi pandemica ha peggiorato la condizione di chi, già prima dell’emergenza, sperimentava una situazione di criticità economica e sociale. Inoltre, la pandemia ha acuito e portato in superficie gli aspetti legati alla progressiva deregolamentazione e flessibilizzazione del mercato del lavoro, che ha generato una duplice configurazione tra insider e outsider, poi aggravata dal divario territoriale italiano – tra Nord e Sud – la disoccupazione giovanile, il divario di genere e di cittadinanza. Il paper intende dunque rispondere alla seguente domanda di ricerca “Quali sono i fattori determinanti che hanno spinto gli attori locali, protagonisti del progetto WILL, a investire risorse economiche e ideative nella formulazione di strategie di policy innovative atte a fronteggiare il fenomeno della povertà lavorativa?”. Tale domanda sottintende due elementi di analisi interconnessi: (1) l’evoluzione del fenomeno della povertà in termini di bisogni e di beneficiari; (2) l’intenzionalità degli attori locali nel mettere in campo nuovi strumenti di policy e nuove risorse - economiche e ideative - a contrasto della povertà lavorativa. Si pongono allora le basi per una duplice interpretazione del fenomeno. In primo luogo, la povertà lavorativa, in termini di bisogni e beneficiari, si inserisce all’interno di un fenomeno sociale più ampio: la povertà multidimensionale (abitativa, sanitaria, alimentare…). E’ proprio in questo quadro che emergono spinte all’innovazione sociale. In secondo luogo possiamo fare riferimento all’analisi neo-istituzionalista, secondo il framework fornito dalla letteratura sul neo-istituzionalismo storico e sociologico. Lo scopo è quello di investigare gli ostacoli posti dalla path dependence - in termini di cristallizzazione delle pratiche sociali e amministrative - sull’innovazione sociale a livello locale. Il fenomeno sarà analizzato considerando i processi endogeni al territorio locale e volti a fronteggiare il fenomeno della povertà lavorativa con mezzi appropriati, efficienti e resilienti. L’obiettivo sarà dunque individuare gli snodi istituzionali (“drift” e “conversion”) che - in assenza di riforme strutturali provenienti dall’alto - hanno posto le basi per il cambiamento nell’approccio alla progettualità dei servizi e del welfare locale, quali obiettivi del progetto WILL. La ricerca prenderà in esame 5 delle 10 città coinvolte nel progetto: Parma, Reggio-Emilia, Mantova, Bergamo e Como. L’analisi sarà realizzata attraverso interviste semi-strutturate che coinvolgeranno attori dell’amministrazione locale e del terzo settore. Le interviste avranno come principale obiettivo quello di indagare l’evoluzione del fenomeno della povertà lavorativa, la percezione che gli attori locali hanno di quest’ultima e le risposte che intendono mettere in campo per contrastarla, se inserita in un contesto sociale in continua evoluzione che richiede dunque strumenti di risposta innovativi. L’evoluzione del fenomeno della povertà lavorativa sarà inoltre analizzato a partire dai microdati EU-SILC e da ulteriori fonti secondarie fornite da ISTAT, Openpolis, OECD e Eurostat.
Le “nuove povertà” in tempo di pandemia. Politiche pubbliche, fabbisogni del territorio e public engagement nel contrasto alla povertà nel territorio di Roma Capitale
Nicola Ferrigni
Abstract
Nel corso dell’ultimo anno, uno dei principali effetti dell’emergenza sanitaria da Covid-19 ha coinciso con un significativo incremento del fenomeno della povertà che, da un lato, si è tradotto nel peggioramento delle condizioni di vita dei cosiddetti “poveri abituali”, accomunati da un grave disagio economico preesistente allo scoppio della pandemia; dall’altro, ha relegato in uno stato di emergenza nuove categorie sociali, che per la prima volta hanno varcato la simbolica soglia della povertà, sperimentando enormi difficoltà nella soddisfazione dei bisogni primari, in primis quello alimentare. Per rispondere a tale emergenza, le Istituzioni hanno rafforzato le tradizionali misure di contrasto alla povertà, rimodulandole all’interno del nuovo scenario determinato dalla pandemia così da renderle più efficaci rispetto ai nuovi bisogni sociali generati dall’emergenza. Ciò ha prodotto un consistente e tempestivo intervento che ha riguardato l’erogazione diretta di beni (attraverso la distribuzione di pacchi alimentari), il rafforzamento delle mense sociali e l’erogazione di contributi economici quali i buoni spesa. A partire da tali premesse, il paper presenta i risultati di una ricerca quali-quantitativa affidata dal Dipartimento Politiche Sociali di Roma Capitale, finalizzata a studiare se e come le politiche del cibo, attuate dall’Amministrazione capitolina a contrasto della povertà, sono state percepite dai cittadini romani come misure efficaci in grado di rispondere al dilagare dell’emergenza socio-economica generata dalla pandemia. Dal punto di vista metodologico, la ricerca si articola in una prima fase di analisi qualitativa, consistente nella realizzazione di interviste a osservatori privilegiati impegnati nella gestione dell’emergenza socio-economica derivante dalla pandemia, finalizzata a “leggere” le politiche di intervento dell’Amministrazione capitolina con gli occhi di quegli attori della sfera pubblica (Terzo Settore, parrocchie, ecc.) a loro volta in prima linea nel contrasto alla povertà. La seconda parte della ricerca consiste invece nella realizzazione di due diverse indagini campionarie: una prima indagine (realizzata in modalità CATI), destinata ai cittadini romani che hanno beneficiato dei servizi socio-assistenziali di Roma Capitale, finalizzata a valutare l’efficacia delle misure poste in essere dall’Amministrazione capitolina attraverso la lente di ingrandimento di chi storicamente ne beneficia e/o di chi si è trovato a beneficiarne per la prima volta; una seconda indagine (realizzata in modalità CAWI), destinata ai cittadini romani non beneficiari dei servizi socio-assistenziali di Roma Capitale, finalizzata a comprendere se e come, nell’immaginario collettivo, la povertà sia associata principalmente alla mancanza di cibo, nonché come l’incapacità di sopperire ai bisogni primari si traduca in differenti richieste di aiuto. Dalla ricerca emerge in primis come la mancanza di cibo rappresenti l’espressione massima della povertà, e come tale essa investa anche i cosiddetti “nuovi poveri”, ovvero fasce sociali “insospettabili” e che, a causa della pandemia, si sono trovate a non avere le risorse per procacciarsi i beni primari. Tanto i “poveri abituali” quanto i “nuovi poveri”, e questo è un secondo aspetto, valutano nel complesso tempestive le politiche di intervento di Roma Capitale e mostrano un apprezzabile livello di fiducia nei confronti dell’Amministrazione per la sua gestione dell’emergenza (sanitaria, economica, sociale). Per contro, la ricerca mette invece in luce come l’emergenza sanitaria abbia contribuito a far emergere nuovi bisogni sociali e nuovi poveri, i quali richiedono politiche di intervento meno standardizzate (dunque più facili e meno burocratizzate) quanto alle modalità di accesso e nel contempo più flessibili quanto al proprio contenuto, così da rispondere alle esigenze di una società in cui i concetti stessi di “povertà” e di “povero” assumono una caratura sempre più multidimensionale. E questo anche, e soprattutto, quando la povertà investe la sua prima e più basilare dimensione, che da sempre coincide con la mancanza del cibo.
The politics of regional minimum income policy: which latest developments after the national innovation?
Alessandro Nardo
Abstract
This paper develops within a recent flourishing literature in comparative social policy and in welfare studies on the political dynamics underpinning minimum income policies and unemployment benefits in advanced countries. Precisely, this paper develops under the still restrained but affirmed literature on the politics of regional minimum income policy, which has involved the Italian case study as well as other regionalised countries in Europe. The aim of this paper is to further the analysis of the Italian politics of regional minimum income policy moving from these academic contributions. The innovative contribution consists in analysing the most recent developments in regional minimum income policy: precisely, the “state of the art” following the implementation of the Inclusion Income (Reddito di Inclusione) and the subsequent conversion of the former measure in the Citizenship Income (Reddito di Cittadinanza) will be considered. The research question moves from the assumption of the compensating role played by regional minimum income policy before the implementation of a national anti-poverty scheme applied to the entire national territory as a basic level of provisions (livello essenziale delle prestazioni). According to this assumption, the creation of the Inclusion Income and, then, of the Citizenship Income, should have determined the end of regional minimum income policies. However, the empirical evidence partially disproves this assumption: while some regional governments decided to cease their regional schemes of last-safety net, other regional governments preserved these measure, which are still in force. This paper will try to investigate the reasons behind the different political behaviour of regional governments and will concentrate on the politics behind surrounding the different scenarios before and after the introduction of the Citizenship Income (2019). To this end, this paper will compare two case studies. The paper will be organised under four main parts. The first part will review the most influential literature on the politics of minimum income and on the politics of regional minimum income in Italy. A second part will examine, in brief, the development of the Italian anti-poverty measures and will give attention to the national politics of the most recent last-safety net policies. Then, a third part will concentrate on the previous “waves” of regional minimum income policy with particular attention towards the second one. This part will be introduced by an institutional contextualisation of the division of competences between national and regional governments in the subject of anti-poverty policy and of last-safety net policy. The description of the second wave of regional minimum income policy will take a specific focus on the politics of these regional policies and on the different political orientation of the regional governements implementing these policies. At the same time, the main traits of regional minimum income policies will be investigated and their relationship with the novel national policy will be described. Finally, the fourth part of this paper will empirically investigate the most recent developments of regional minimum income policy following the implementation of national last safety nets schemes. The regional minimum income schemes now in force will be analysed and compared according to the fundamental characteristics concerning the beneficiaries and the compatibility with the national safety nets. The policies will be considered in their forms as preceiding the outbreak of the economic crisi related to Covid-19 epidemics. This scenario will be compared to the previous one and the main discrepancy between them will be pointed out: the schemes which were ceased, those which were renovated and the possible brand-new ones will be mentioned under these three categories. Finally, two case studies will be investigated in depth under to detected differences in the politics of minimum income. This comparison will concern, if possible, two regional governments ruled by the same political party or alliance. The final results will be useful to confirm the previous academic contributions on the politics of regional minimum income policies and may contribute to shed light on the diversification of the empirical cases.
 

Panel 10.7 Il welfare locale ai tempi del Covid-19: la sfida dell’innovazione sociale tra cambiamenti di policy e dinamiche di politics (II)


La pandemia - caratterizzata da un modello di intervento emergenziale e dal ricorso a misure straordinarie, nazionali e locali, di trasferimento monetario - ha dimostrato sia la fragilità del sistema socio-sanitario tradizionale, sia la sua insostenibilità e incapacità di adattarsi. È noto, infatti, che i sistemi di welfare locale sono caratterizzati da grande distanza tra bisogni emergenti e risorse pubbliche disponibili e si occupano prevalentemente degli stessi target da almeno trent’anni mentre sono deboli o assenti su nuove emergenze sociali e prevenzione. Prevalgono logiche per silos di prestazioni e target omogenei, in un sistema pubblico largamente basato su trasferimenti monetari e non su servizi in funzione dei bisogni. Sistema che ha progressivamente abbandonato la produzione diretta di servizi, contrattualizzando soggetti privati con criteri di finanziamento basati sugli input e non sugli outcome, contribuendo alla diffusione di un ampio mercato informale della cura.
Per contro il Covid-19 ha fatto emergere una serie di fattori positivi (rapida sburocratizzazione e semplificazione dei processi socio-assistenziali e di erogazione di molti servizi; ristrutturazione della governance pubblico-privata di diversi settori di attività; superamento di vincoli che apparivano prima insormontabili), idonei a far ritenere possibile un radicale cambio di paradigma nel welfare locale e una sua riconfigurazione in chiave di adeguatezza, appropriatezza, sostenibilità e resilienza, secondo logiche coerenti con l’investimento e l’innovazione sociale.
In questo quadro sono benvenuti contributi - sia di taglio empirico sia con approccio normativo - finalizzati a:
• analizzare politiche e pratiche volte a innovare i sistemi locali di welfare, in Italia o in altri paesi europei, anche in prospettiva comparata
• analizzare in che misura le soluzioni esistenti rispondano alle sfide e ai bisogni emergenti e possano riconfigurare il quadro dei diritti sociali
• identificare le soluzioni ritenute più appropriate e quelle più efficaci per soddisfare aspettative ed esigenze delle persone più vulnerabili
• contribuire alla definizione di soluzioni “socialmente innovative” e all’individuazione di barriere e fattori facilitanti che contribuiscono a ridefinire i processi di apprendimento istituzionale del welfare locale
• identificare gli attori pubblici e privati coinvolti, i loro interessi e i processi che portano alla messa in campo di misure e politiche innovative e capacitanti.

Chairs: Franca Maino, Elisabetta Notarnicola, Federico Razetti

Discussants: Elisabetta Notarnicola, Federico Razetti, Franca Maino

COMPETENZE PER L'ABITARE TRA RIFORME ISTITUZIONALI ED ECONOMIA CIVILE: IL CASO DEL VENETO E DELL'EMILIA ROMAGNA.
Alessandro Boldo
Abstract
La subalternità delle politiche pubbliche rispetto al mercato, la soppressione della cassa GESCAL, la rigidità e la marginalizzazione dell’offerta in locazione hanno contribuito a conferire al welfare abitativo carattere esiziale. Le attività economiche collegate al settore immobiliare, i significativi margini di profitto, la disponibilità degli istituti a concedere obbligazioni creditizie e, non ultimo, gli stimoli pubblici hanno orientato i risparmi delle famiglie verso l’acquisto della casa sostenendo progressivamente un fenomeno di sclerosi proprietaria (Cucca, Gaeta, 2016), complementare alla definizione di un sistema di welfare di tipo familista e property-based (Doling et al., 2010). Eppure, quantomeno dal 2008, la proprietà non è più una condizione per attestare gli investimenti delle famiglie: le difficoltà di accesso al credito, il sostegno dei costi dell’alloggio nel tempo e il perdurare dell’incertezza del mercato immobiliare rendono la proprietà abitativa un meccanismo di riproduzione delle disuguaglianze e delle vulnerabilità sociali (Filandri et al, 2020). Nonostante le politiche abbiano cercato di evolvere dalla funzione distributiva e funzionale dell’alloggio a quella generativa dei servizi abitativi, lo scollamento tra l’aumento della domanda di protezione abitativa in entrata e l’adeguamento delle risposte in uscita ha ridimensionato la retorica della casa come servizio (Bricocoli et al, 2019) rafforzando il carattere asimmetrico e sottrattivo delle attuali politiche di welfare (Ascoli et al., 2015). l’aumento del mismatch tra processi amministrativo-gestionali, evoluzioni socio-economiche, offerta pubblica svela come al crescere delle attese legate alle riforme delle governance regionali o dei provvedimenti nazionali sia seguito il disincanto circa l’efficacia delle risposte. In aggiunta, l’enfasi con cui è stato accolto il sistema integrativo di protezione ERS intercetta la mitigazione delle sofferenze e la transizione da un sistema consolidato di assistenza basato sull’offerta al sostegno verso la componente intermedia della domanda (Tosi, 2016) ma non restituisce risposte esaustive abbandonando il segmento a forte disagio abitativo all’interno di una logica emergenziale. Eppure non mancano situazioni in cui il ruolo e le argomentazioni di nuovi attori coinvolti nei meccanismi dell’ERS iniziano a riconfigurare quadri e dispositivi per l’azione (pubblica) in risposta alle dinamiche sottrattive in atto. All’interno del paradigma dell’investimento sociale (Morel et al., 2012; Ascoli et al., 2015; Hemerijck, 2017), l’agency di questi attori abilita e ricalibra il progetto per l’abitare pubblico all’interno di un rinnovato, sebbene indeterminato, sistema di welfare abitativo per favorire una prospettiva capacitante delle istituzioni, ridefinire le competenze derivate dalle passate esperienze del Pubblico alle capacità di diversificazione delle risposte delle organizzazioni del terzo settore, rispondere alle inefficienze e alla burocrazia delle istituzioni, infine garantire adeguate ricadute a impatto sociale in ottica preventiva, non solo risarcitoria. Un’analisi qualitativa tra il modello del Veneto, dell’Emilia Romagna e le esperienze del terzo settore cerca di abilitare il paradigma dell’investimento sociale con i nuovi stimoli provenienti dall’Edilizia Residenziale Sociale. Il confronto tra le Aziende Casa e l’economia civile conduce il welfare abitativo all’interno di una rinnovata strategia per l’abitare delle competenze di cui una parte di Pubblico partecipa attivamente. Se nell’edilizia pubblica ancora domina un carattere gerarchico, deontico-burocratico tipico degli enti strumentali, è possibile rintracciare segmenti di convergenza e spazi di elaborazione e cessione di competenze tra il welfare abitativo-distributivo e la prospettiva dell’investimento sociale. Aperto ad attori e risorse finora ai margini (imprese di comunità, fondazioni, associazioni, cooperative, consorzi, università), più attento alle dinamicità della domanda, alla specificità dei contesti, l’abitare delle competenze descrive quindi una prospettiva di recupero e rinegoziazione degli spazi del welfare a cui il Pubblico partecipa a pieno titolo. Si proverà a validare che quest’ultimo, oltre a non essere inefficiente a prescindere, non sia in retroguardia, ma concorra a ridefinire una piattaforma abilitante, un repertorio di strumenti e pratiche a partire proprio dal patrimonio ERP. L’eredità strumentale rappresenta oggi, più che una soluzione, un’impronta, un’infrastruttura aperta e un sistema vincolo-opportunità, per avviare rinnovate politiche dell’abitare sociale. Vincolo per le evidenti difficoltà finanziarie e gestionali connesse: gli enti hanno infatti in pancia un ingente patrimonio immobiliare, vetusto e di bassa qualità a cui difficilmente nel prossimo futuro riusciranno a garantire persino le ordinarie attività manutentive. Opportunità poiché, sollecitati dalle diverse leggi regionali e sfruttando i vantaggi competitivi ereditati dalle passate politiche, è possibile offrire, prima di strumenti, discorsi utili per allenare gli Enti gestori dell’ERP a evolvere oltre la consolidata e arrugginita funzione strumentale.
Trust, Information and Welfare Policy Preferences in Pandemic Italy
Francesco Colombo, Ari Ray
Abstract
The paper aims at assessing the effect of information concerning collective action (i.e. how communities behave as a collective in the midst of a crisis) on the social welfare preferences. We study the social policy preferences of Italians in the context of the unfolding COVID-19 crisis. We ran a survey experiment to investigate two main research questions: a) To what extent does information on collective action alter the social welfare attitudes of voters? and b) To what extent is this effect mediated by individual trust? We are interested in understanding what happens to the social welfare preferences of voters when their expectations concerning collective behaviour are met, or even exceeded; and what conversely occurs when these expectations are unmet, and their trust is thereby breached. To explore these questions, we design a survey directed to a representative sample of the Italian voting age population. We randomly assigned a subset of respondents to an information treatment, providing them real-world information on lockdown compliance rates during the peak of the first Italian COVID-19 lockdown (April 2020). Leveraging this (pre-registered) design, we can then examine the extent to which information on compliance rates affect the social policy preferences of voters, conditional on pre-treatment levels of displayed community trust. We examine voter attitudes toward a broad range of welfare policy dimensions, as our main outcomes of interest: these include social policy generosity, conditionality, and universalism, as well as tax financing and tax progressivity. Our focus is on social assistance benefits, policy designed specifically to support people who are unemployed and — for various reasons — unable to access unemployment benefits. Finally, we aim at performing several mechanism tests to ascertain whether the expected effect is driven by deservingness concerns, perceptions of quality of government and/or altruistic responses to the treatment.
Il Voucher Autonomia disabili e anziani nella cornice delle trasformazioni del welfare locale: potenzialità e limiti della misura di Regione Lombardia
Federico Bruno, Franca Maino, Ilaria Madama
Abstract
Nel dicembre 2015, Regione Lombardia ha avviato il Voucher Autonomia, una misura volta a contrastare l’isolamento sociale e a promuovere l’integrazione delle persone anziane o con disabilità. Il Voucher, giunto ormai alla terza edizione, consiste in un finanziamento per accedere a servizi territoriali orientati alla promozione dell’autonomia, al mantenimento della domiciliarità (per le persone anziane) o allo sviluppo di abilità finalizzate all’inclusione sociale (per le persone con disabilità). A partire dai dati relativi all’attuazione della misura nel corso delle tre edizioni, lo scopo di questo paper è quello di offrire un’analisi in profondità della sua realizzazione, indagando i fattori che possono averne ostacolato ovvero promosso la riuscita nei diversi contesti territoriali. Nonostante il suo carattere locale e sperimentale, l’esperienza del Voucher consente di far emergere spunti e indicazioni generalizzabili nel quadro del più ampio dibattito sulle trasformazioni del welfare locale, anche alla luce della crisi pandemica. Il Voucher presenta infatti alcuni interessanti profili di innovazione. Innanzitutto, si rivolge a una fascia di popolazione che raramente è oggetto di interventi a livello di politiche pubbliche: il Voucher è diretto a una fascia della popolazione caratterizzata da una compromissione funzionale lieve o moderata, tradizionalmente trascurata dall’intervento pubblico, che privilegia le situazioni di disagio sociosanitario più severo. L’ottica è quella dell’investimento sociale: si cerca di intercettare soggetti vulnerabili per aiutarli a mantenere un certo livello di autonomia prima che la loro situazione peggiori. Gli interventi del Voucher, dunque, dovrebbero contribuire non solo a migliorare la vita dei beneficiari, ma anche a rimandarne l’istituzionalizzazione, permettendo così un risparmio di risorse. Un ulteriore aspetto innovativo del Voucher consiste infine nella sua grande flessibilità nella programmazione degli interventi, che permette un elevato grado di personalizzazione dei percorsi. I progetti individuali sono definiti da un’equipe multidisciplinare, quando possibile con il coinvolgimento della famiglia del beneficiario, e vengono spesso integrati in un più ampio percorso di inclusione sociale. Nonostante queste potenzialità, l’attuazione del Voucher ha sollevato alcune criticità di rilievo. Mentre alcuni ambiti territoriali hanno risposto con entusiasmo all’iniziativa, impiegando le risorse stanziate, in altri territori le risorse sono state utilizzate solo parzialmente oppure non sono state utilizzate affatto. Ciò è dovuto sia alle caratteristiche territoriali e demografiche degli ambiti, sia alla complessa governance del Voucher, che richiede un grande impegno in termini di tempo e di risorse da parte degli enti locali e delle organizzazioni del Terzo Settore. A partire da questa cornice, la ricerca combina un’analisi quantitativa dei dati relativi all’attuazione della misura con un’analisi di tipo qualitativo in profondità condotta su alcuni ambiti territoriali. La prima è basata su dati forniti da Regione Lombardia relativi ai Voucher assegnati nel corso delle tre edizioni del programma. In questa parte vengono analizzate, da un lato, la realizzazione della misura nei territori e, dall’altro, le caratteristiche dei beneficiari. La seconda parte, invece, è basata su due focus group e su un’intervista in cui sono stati ascoltati i rappresentanti (assistenti sociali e funzionari comunali) di alcuni ambiti territoriali, e punta a ricostruire le criticità incontrate e i meccanismi virtuosi che hanno caratterizzato gli interventi. Per garantire una rappresentazione realistica e completa dell’attuazione del Voucher, sono stati selezionati per i focus group e per l’intervista sia ambiti che hanno erogato un elevato numero di Voucher, sia ambiti che hanno utilizzato meno risorse, o che non ne hanno utilizzate affatto. Questo ha permesso di cogliere sia gli aspetti più positivi della misura sia quelli più critici. I risultati della ricerca segnalano che la misura presenta sia potenzialità, sia alcuni limiti – alcuni relativi al suo impianto normativo, altri al contesto istituzionale in cui è stato realizzato. L’attenzione alla compromissione funzionale lieve e moderata in un’ottica di investimento sociale e la flessibilità dei percorsi sono i principali punti di forza del Voucher, ma ne rappresentano al contempo elementi di debolezza. Mentre alcune realtà hanno accolto con favore la possibilità di anticipare gli interventi sui soggetti vulnerabili prima di un peggioramento delle condizioni, altri territori ritengono la compromissione lieve e moderata un target secondario. I territori che faticano a gestire la domanda di servizi rivolti alla compromissione grave e gravissima, infatti, ritengono che l’attivazione del Voucher sia troppo onerosa e hanno deciso di non investire risorse su questa misura. Per quello che riguarda la personalizzazione degli interventi, questa potenzialità si esprime negli ambiti che dispongono di risorse adeguate e di una consolidata rete di servizi. Negli ambiti dove questa disponibilità esiste, il Voucher è visto come un’opportunità. Nei territori dove invece la rete è più debole o dove ci sono meno risorse, il rischio è che il Voucher non venga attivato oppure che i percorsi di inclusione sociale avviati con il Voucher vengano interrotti al suo esaurirsi. Esplorando queste contraddizioni, questo paper si propone di rendere conto della realizzazione delle tre edizioni del Voucher Autonomia in Lombardia e, insieme, di contribuire al dibattito sulle condizioni che favoriscono o ostacolano la realizzazione di misure di welfare locale innovative generatrici nel lungo periodo di cambiamenti di policy a livello territoriale.