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Sisp Conference 2019

Sections and Panels

Section 7 - Amministrazione e politiche pubbliche (Administration and Public Policy)

Managers: Maria Stella Righettini (mariastella.righettini@unipd.it), Federico Toth (federico.toth@unibo.it)

Read Section abstractInnovazione tra politica, politiche pubbliche e amministrazione. Condizioni che favoriscono o inibiscono l’innovazione e l’apprendimento nelle democrazie. L’invito è a trattare temi trasversali che possono essere affrontati da molteplici punti di vista e dimensioni: le riforme, il rapporto pubblico-privato, il ruolo della scienza e delle nuove tecnologie, la valutazione, i diritti umani, il ruolo degli esperti, i big data, la sostenibilità sociale e ambientale. La sezione s’interroga su quali siano le sfide della complessità che i governi e le comunità, ai vari livelli – locale, nazionale e sovranazionale – devono affrontare attraverso il governo delle politiche e delle amministrazioni per fornire risposte credibili a opportunità, domande e bisogni. La capacità di creare e valutare l’impatto sui beneficiari delle politiche e dei servizi sta diventando il nuovo metro di giudizio dell’intervento pubblico. Identificare e testare soluzioni innovative, implementarne e valutarne l’efficacia rispetto a bisogni vecchi e nuovi è ormai la sfida su cui si misura il successo e il fallimento delle politiche in un’era di cambiamenti globali e crisi dei consolidati equilibri geopolitici. Un’attenzione crescente va al rapporto tra policy takers e policy makers, agli impatti – non sempre positivi – dell’azione di governo, alle potenzialità e ai limiti di nuove idee, strumenti, strategie e sistemi di governance.
La sezione invita a proporre panel, workshop e tavole rotonde su temi che, seppure tradizionali e di main stream, possano essere trattati con tecniche e da punti di vista innovativi. La sezione invita a riflettere su continuità e innovazione anche all’interno della policy analysis, rispetto sia alle grandi sfide poste, ad esempio, dai big data e dall’uso delle nuove tecnologie nella ricerca, sia alla capacità di mettere alla prova metodi e paradigmi consolidati.

Friday 13th September 2019
  Donato Valli - Aula 7 09.00-10.45
  Sperimentale Tabacchi - Aula SP3 09.00-10.45, 11.15-13.00
  Sperimentale Tabacchi - Aula SP2 14.00-15.45
  Studium 6 - Aula 1-C1 14.00-15.45
Saturday 14th September 2019
  Donato Valli - Aula 6 09.00-10.45

 

Panel 7.1 Le politiche (e gli studi) di genere sono sotto attacco (anche) in Italia?


Secondo molti commentatori, in Europa è in corso di svolgimento una battaglia politica e culturale che molti indicano con il termine backlash (reazione) contro le politiche e gli studi di genere e di equità, come dimostrano i recenti eventi in Ungheria. Con l’insediamento nel giugno 2018 del governo Conte sembrano emergere anche in Italia questo tipo di reazioni portate avanti in particolare dal partito della Lega che ha trasformato la propria agenda politica in chiave populista, fortemente conservatrice, razzista e anti-femminista. Esemplare in tal senso il ddl Pillon, fortemente osteggiato dal movimento femminista e dagli addetti ai lavori (avvocati, operatori sociali, centri antiviolenza, studiosi/e) poiché rappresenta il tentativo politico di limitare la libertà e i diritti delle donne e dei minori, anche nei casi di violenza in famiglia.
La condizione di deficit di legittimità dell’Unione Europea dovuta all’incapacità di risolvere la crisi economica e migratoria rende le imminenti elezioni del Parlamento Europeo un banco di prova importante anche per comprendere la tenuta delle politiche di parità e di equità a livello sia comunitario che nei singoli stati membri. Gli attori politici (partiti di sinistra) e sociali (movimenti, associazioni, università) che sono stati per un lungo periodo i sostenitori delle politiche di equità appaiono indeboliti e minacciati dagli attori di questa controreazione. Quale tipo di strategie di resistenza possono essere adottate? In che modo le politiche e le istituzioni di parità sono influenzate da questo cambiamento politico? ll cosiddetto femminismo di stato e le women policy agencies possono costituire baluardi di resistenza? E infine, le garanzie costituzionali e democratiche sono sufficientemente robuste per garantire la libertà dell’insegnamento e della ricerca in Italia sulle questioni di genere?
Il presente panel, sponsorizzato dallo Standing Group ‘Genere e Politica’, intende raccogliere contributi riguardanti le sfide attuali alle politiche per l’equità e agli studi di genere in Italia, dentro il più ampio contesto europeo. In particolare sono sollecitati contributi da parte di studios* di scienze sociali che approfondiscano uno o più dei seguenti temi: processi di policy anti-equality; la relazione tra politica e libertà accademiche; il nesso tra genere e populismo; crisi economica e politiche reazionarie; gli attori, i processi e le strategie di mobilitazione e lobbying pro e contro l’equality.
7.1 Le politiche (e gli studi) di genere sono sotto attacco (anche) in Italia?

Chairs: Paola Degani, Alessia Donà

Discussants: Paola Degani, Alessia Donà

Dal contrasto alla povertà alla salute. Le strategie sulla parità di genere dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile e le politiche pubbliche.
Amelia Laura Crucitti
AbstractDal contrasto alla povertà alla salute. Le strategie sulla parità di genere dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile e le politiche pubbliche. di Amelia Laura Crucitti (Dirigente pubblico - Professore a contratto di diritto dell’economia Università eCampus) Abstract La ricerca intende rilevare l’efficacia dell’attività svolta dall’Alleanza italiana sullo sviluppo sostenibile sulle politiche pubbliche in tema di uguaglianza di genere. L’analisi muove dalla disamina critica dell’azione dell’Alleanza, che è espressione del mondo istituzionale e della società civile, per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Si sofferma, in particolare, sui temi del contrasto alla povertà, della salute, della disuguaglianza, sulla declinazione gender oriented degli stessi nei contesti territoriali, sulla vision locale anche alla luce del dibattito attuale sul regionalismo differenziato. La questione di genere fa parte della strategia del predetto organismo, non solo quale priorità declinata nel goal 5 «parità di genere», bensì quale misura trasversale a tutti gli obiettivi. Affermare il paradigma dell’equilibrio di genere per una crescita economica stabile e duratura richiede il ricorso a misure atte ad arginare la discriminazione nei confronti delle donne alla luce del quadro di grande difformità regionale, muovendo dall’adozione di provvedimenti rivolti a ridurre le distanze sociali e da interventi pubblici appropriati, diretti al benessere collettivo e alla promozione dei diritti umani. La finalità del lavoro congiunto realizzato dall’Alleanza è riuscire a individuare forme di collaborazione tra gli attori pubblici e privati e favorire la sinergia tra le dimensioni di policies e politics. Tale sistema di dialogo continuo con le istituzioni coinvolte può costituire un modello efficace di leale collaborazione per orientare le politiche pubbliche in materia di parità? La metodologia adottata da questa rete di soggetti pubblici e privati, che si impegna a favore dello sviluppo sostenibile, può incoraggiare e sostenere il processo di progettazione e implementazione delle decisioni sui diritti delle donne e dei minori adottate dal legislatore nazionale e regionale? La rilevazione empirica degli effetti (evidence-based policy) delle azioni sino a ora effettuate da parte dell’Alleanza sarà il parametro per valutare il ruolo che oggi assumono le associazioni e l’influenza che esse possono avere sulle politiche pubbliche di parità. From combating poverty to health. The strategies on gender equality of the Italian Alliance for sustainable development and public policies. by Amelia Laura Crucitti Abstract The research intends to highlight the effectiveness of the activity carried out by the Italian Alliance on sustainable development on public policies on gender equality. The analysis starts from the critical examination of the action of the Alliance, which is an expression of the institutional world and civil society, for the achievement of the Sustainable Development Goals of the 2030 Agenda. It focuses, in particular, on the issues of combating poverty, of health, of inequality, on the gender oriented declination of the same in territorial contexts, on the local vision also in light of the current debate on differentiated regionalism. The gender issue is part of the strategy of the aforementioned body, not only as a priority declined in goal 5 "gender equality", but as a transversal measure for all objectives. Affirming the paradigm of gender balance for stable and lasting economic growth requires the use of measures aimed at curbing discrimination against women in light of the framework of great regional discrepancy, starting from the adoption of measures aimed at reducing social distances and by appropriate public interventions, aimed at collective well-being and the promotion of human rights. The purpose of the joint work carried out by the Alliance is to be able to identify forms of collaboration between public and private actors and foster synergy between the dimensions of policies and politics. Can this system of continuous dialogue with the institutions involved constitute an effective model of loyal collaboration to guide public policies on equality? Can the methodology adopted by this network of public and private subjects, which is committed to sustainable development, encourage and support the process of designing and implementing decisions on women's and children's rights adopted by the national and regional legislator? The empirical survey of the effects (evidence-based policy) of the actions carried out so far by the Alliance will be the parameter for evaluating the role that the associations and the influence they can have on public equality policies.

Genere, sessualità e famiglia: indicatori di un nuovo cleavage politico?
Massimo Prearo, Selena Grimaldi
AbstractIl conflitto pubblico italiano intorno alle questioni legate al genere, alla sessualità e alla famiglia ha prodotto forti tensioni e forti scontri tra movimenti femministi e LGBT e movimenti afferenti alla galassia del cattolicesimo radicale detto pro-life e pro-family. In particolare, dalla primavera del 2013, quando il Parlamento italiano ha aperto la discussione su tre disegni di legge (Cirinnà, sulle unioni civili, Legge 20 maggio 2016, n. 76; Scalfarotto, sulla penalizzazione dei crimini d’odio a carattere omofobico e transfobico, DDL 1052 approvato dalla Camera il 19 settembre 2013, poi arenato in Senato; e Fedeli, sull’educazione di genere, poi confluito nel comma 16 della legge 107 del 2015, detta “Buona scuola”) si è assistito in Italia a un acceso dibattito che ha riattivato il tema della difesa dei valori della vita e della famiglia tradizionale e ha coinvolto attori individuali e collettivi di tutte le forze politiche dell’arena pubblica. Tali leggi e proposte di legge sono percepite come trasformative dell’ordine sessuato e sessuale, e più precisamente del binarismo di genere e dell'eterosessualità come fondamenti del sistema sesso/genere, della gerarchia tra le sessualità e dell'istituzione familiare. L’ipotesi che questo contributo intende esplorare è se, al di là delle opposizioni tradizionali tra progressismo e conservatorismo o tra sinistra e destra, genere, sessualità e famiglia costituiscano un fattore di frattura dell’opinione pubblica, dell’immaginario sociale e dei referenziali politici. Il paper vuole indagare le modalità attraverso cui il conflitto pubblico intorno a queste tematiche è pensato e agito da diversi attori sociali, politici e istituzionali per capire se stia emergendo o meno un nuovo cleavage politico nel contesto italiano. Da un punto di vista metodologico si integreranno sia tecniche qualitative che quantitative utilizzando differenti fonti e tipi di dati, quali rilevamenti demoscopici sui cittadini, dichiarazioni di voto da parte di alcuni parlamentari in assemblea e discorsi di mobilitazione da parte di specifici attori sociali e politici.

Il mainstreaming di genere nelle politiche e la sua evoluzione: dalla prospettiva di genere alle politiche gender sensitive.
Julia Di Campo, Giada Storti
AbstractIn che modo possiamo considerare ancora oggi trasformativo l’approccio di genere in politica? Che cosa si intende per approccio di genere? La risposta la possiamo rintracciare all’interno del concetto di gender mainstreaming, elaborato dalla Comunità Europea nel 1996 all’interno della Comunicazione 67/96 “Incorporating Equal Opportumities for Women and Men into all Communities Policies and Activities.” Nel contributo proposto si intende analizzare l’evoluzione del principio di gender mainstreaming a partire dal momento della sua introduzione, per poi seguirne i successivi sviluppi. Verrà in seguito analizzato nel dettaglio il principio ed i singoli elementi che lo costituiscono in riferimento all’ampia sfera di politiche al quale si adatta. L’ottica neutra e deficitaria di una mera individuazione di gap ha guidato sino ad ora la maggior parte dell’enucleazione delle politiche attraverso il principio democratico, dove un “tutti” indistinto era considerato il target di riferimento nell’individuazione dei bisogni collettivi, messo in discussione solamente negli ultimi trent’anni dal principio di pari opportunità, che da principio si è trasformato velocemente in una politica a sé separata dalle connessioni con le altre politiche pubbliche. Il gender mainstreaming scuote alla base questo meccanismo statico e rende evidenti altre strade possibili prima celate. Questa nuova prospettiva mette in crisi un sistema di costruzione di politiche già debole e frammentato a causa dei repentini cambiamenti economici e sociali che contraddistinguono la nostra epoca. È possibile quindi ipotizzare alla luce di questo, che il concetto di gender mainstreaming sia adattabile ai cambiamenti con i quali la costruzione delle politiche pubbliche ogni giorno si trova a doversi confrontare? L’evoluzione all’interno della prospettiva di genere, cardine del principio stesso, quali cambiamenti porta con sé? Il passaggio da una prospettiva di genere ad una “sensibilità” di genere nella progettazione delle politiche quali sfide e cambiamenti comporta?

Il racconto a mezzo stampa del ddl Pillon: polarizzazioni del dibattito
Ferdinando Iazzetta, Giuseppe Michele Padricelli, Gabriella Punziano, Barbara Saracino
AbstractIl disegno di legge Pillon rappresenta un esempio della trasformazione dell’agenda politica della Lega in chiave populista fortemente conservatrice e anti-femminista. Obiettivo del paper è analizzare la portata del dibattito a mezzo stampa relativa al ddl e le polarizzazioni che si sono costruite. Muovendosi nel campo dell’analisi del contenuto di stampo quantitativo, servendosi degli strumenti della statistica testuale, il paper intende mostrare i risultati di un’indagine compiuta sui corpus di tutti gli articoli pubblicati online, da testate giornalistiche a diffusione locale e nazionale, nell’arco temporale che ricopre tutto l’iter di sviluppo, procedurale e politico, del disegno di legge, cioè dal primo giugno 2018 al dieci aprile 2019. Le evidenze empiriche mostrano che è possibile rintracciare attraverso la dimensione temporale un’intensità diversa del dibattito e livelli che vanno dall’analisi tecnica, all’opinione politica, fino al commento popolare. Nella presentazione dei risultati saranno mostrate le variabili influenti nel dibattito, gli attori e le parole chiave usate, con l’intento di mostrare anche le strategie usate.

 

Panel 7.2 The corruption-democracy nexus (I)


Amongst the major cases uncovered in the last years, the Proxy Platform, the Russian Laundromat, the Azerbaijani Laundromat, and now the Troika Laundromat have exposed illegal payment schemes connecting politics, organized crime, and business across borders through branches of reputable financial institutions such as Danske Bank.
These schemes have increasingly attracted the watchdogs’ attention for their possible use in support of politicians with weak anti-corruption agendas. Besides, they have further proven that even a longstanding tradition of good and democratic governance cannot shield countries from being entangled in the mechanisms of corruption.

The panel invites papers addressing the normative and positive issues posed by corruption; the possible mechanisms connecting it to the weakening of democratic institutions and to organized crime; its relationship with populist and illiberal discourses on democracy; the effectiveness of the instruments and bodies deployed to unveil and contrast it at any scale of government. Both theoretical and empirical works will be welcome – the latter, regardless of their research strategy.
7.2a The corruption-democracy nexus

Chairs: Alessia Damonte, Antonio La Spina, Alberto Vannucci

Discussants: Alberto Vannucci

Antiriciclaggio: come le policy di prevenzione italiane incontrano la politica europea
Michele Barbieri
AbstractMoney laundering represents a constantly evolving transnational phenomenon that transversely affects different fields of study: jurisprudential, political, sociological and economic-financial. International, supranational and national institutions have focused their attention on the issue only recently, since the phenomenon represents a serious risk for distribution policies and the entire economy, because the concealment and entry of illicit proceeds alter its growth, the economic balance, competition and free economic initiative. Anti-money laundering policies (AML) represent the action of prevention and contrast to this phenomenon, activity that in the last 4 decades has witnessed a considerable development, intertwining in an international battle inspired by the experiences of the competent authorities. This policy assumes specific characteristics according to the different and emerging context and needs, currently reflecting in the processes of Europeanization and transnationalism. These factors have allowed a shared harmonization of the public policy in question, because of the homogeneity of interventions necessary to combat global crime. In the European experience, there is a clear need for a shared and internationally aligned policy, precisely to fight terrorist financing and organized crime that, through technological evolution, is sophisticated and refines the techniques of financing and concealing criminal profits. The present work intends to highlight these characteristics, to extrapolate lessons and to understand the results, by analysing the discipline, the governance asset and the existing literature on the topic. The aim is to provide a modern comparative diachronic analysis of the Italian case through the “bottom-up” analysis promoted by Radaelli, intertwined with the process tracing method on the published material and the different legislative sources, in order to detect how Europeanization and any endogen factors influence the decision making processes of policy making. The prospect is to build knowledge and transposable capacity in various sectors related to the phenomenon and on different disciplines, such as anti-corruption, fight against tax evasion and terrorism.

Diffusione della corruzione vs Percezione della corruzione: quale verità?
Anna Stanziano
AbstractMisurare la corruzione non è un compito semplice e tutte le difficoltà legate alla segretezza e alla definizione del fenomeno potrebbero scoraggiarne la misurazione. Per conoscere a fondo un fenomeno, però, è importante valutarne la portata in termini di estensione, localizzazione ed evoluzione temporale. L’importanza della misurazione della corruzione non è un tema condiviso solo in ambito accademico e una dimostrazione di tale importanza si può riscontrare nell'organizzazione all'interno della presidenza italiana del G7 del 2017 di un “High level Workshop on Corruption Measurement” al cui interno è stato più volte ribadito che misurare la corruzione aiuta non solo gli accademici ma anche gli organi amministrativi identificando le cause del fenomeno, la presenza di schemi corruttivi ricorrenti e suggerendo delle possibili misure di prevenzione e contrasto alla corruzione stessa. A complicare ulteriormente (o semplificare, a seconda del proprio punto di vista) il compito dello studioso che decida di cimentarsi nella misurazione della corruzione si aggiunge una vastità di strumenti di misurazione del fenomeno. Questi strumenti riflettono approcci metodologici differenti e, come ogni strumento di misurazione, hanno sia dei limiti sia dei vantaggi. Tra tutti gli indicatori attualmente disponibili, la modalità dominante di misurazione della corruzione è quella basata sulla percezione. Si fa riferimento ad indici come il Corruption Perceptions Index, il Bribe Payers Index e il Global Corruption Barometer, il Business Environment and Enterprise Performance Surveys o altri indicatori aggregati come il Control of Corruption della Banca Mondiale inserito nel Worldwide Governance Indicators che hanno indubbiamente dimostrato l’importanza della consapevolezza del fenomeno nell'opinione pubblica e tra gli esperti, oltre a consentire una dettagliata comparazione tra paesi. Tuttavia, è ormai ampiamente riconosciuto che tali misure sono intrinsecamente inclini a pregiudizi e non rispecchiano gli effettivi livelli di corruzione di un Paese (Gole 1999; Lambsdorff 2006; Camaj 2013; Rizzica, Tonello 2015, Heywood, Rose 2014). D’altronde anche lo United Nations Development Programme ha definito la misurazione della corruzione come “una forma d’arte piuttosto che un processo empirico definito con precisione” (UNDP 2008, p.8). L’intento di questo lavoro, dopo aver illustrato da un punto di vista teorico i limiti e i vantaggi legati all'utilizzo degli indicatori di percezione per misurare la diffusione della corruzione in un Paese, anche attraverso il supporto di studi già svolti in materia, sarà quello di analizzare in maniera critica i principali indicatori di percezione della corruzione disponibili per l’Italia.

I sistemi portuali e la presenza delle mafie: questioni ed evidenze da Genova e Gioia Tauro
Marco Antonelli
AbstractDa tempo le organizzazioni criminali, anche di stampo mafioso, agiscono a livello transnazionale (Armao 2000; Becucci e Massari 2003; Gribaudi 2009), pur mantenendo il profilo di un fenomeno di società locale (Sciarrone 2009). Seguendo questa prospettiva, lo scopo del paper è di analizzare il fenomeno mafioso guardando alla capacità di agire su aree di confine, in particolare nei sistemi portuali. Nel tempo, il porto si è configurato come nodo di un network di infrastrutture per la gestione dei traffici commerciali (Huybrechts 2002; Soriani 2002), la cui rilevanza è evidente sia nella dimensione globale, sia nella dimensione nazionale italiana (Sisto e Pellizzari 2018). Negli scali – dove operano una pluralità di attori pubblici e privati, la cui governance ha assunto configurazioni diverse e non sempre chiare (Brooks e Cullinane 2007) – i meccanismi di regolazione delle attività rispondono anche a prassi informali e rendono possibili scambi corrotti che coinvolgono le stesse forze dell’ordine (Jancsics 2019). In sistemi con queste caratteristiche, le mafie possono assumere un ruolo da regolatore (Vannucci 2012; Vannucci 2018) e far valere la propria capacità di networking con altri attori (Sciarrone 2009), operando non solo nelle aree di origine, ma anche nei territori a non tradizionale presenza mafiosa (Varese 2011; Sciarrone 2014; Dalla Chiesa 2016), come è stato, in alcuni casi, anche in aree portuali (Block 1982; Monzini 1999; Bovenkerk 2001; Lupo 2008). Il paper, dunque, si propone di individuare i meccanismi attraverso i quali le organizzazioni mafiose operano nei mercati leciti e illeciti all’interno dei porti, analizzando i fattori endogeni ed esogeni che ne caratterizzano le modalità di manifestazione. Partendo dall’ipotesi che nei porti collocati in territori a tradizionale presenza mafiosa vi sia una maggiore capacità di infiltrarsi nelle attività economiche legali e illegali, mentre nei territori a non tradizionale insediamento prevalgano le attività legate ai traffici illeciti, nel paper saranno analizzate le opportunità economiche e relazionali che si presentano agli attori mafiosi all’interno del porto, delle quali verranno studiate le dinamiche di formazione e i meccanismi di funzionamento. Alla luce delle profonde differenze tra i porti italiani, seguendo un approccio di tipo qualitativo e attraverso l’analisi di documenti istituzionali, materiale giudiziario e interviste, verranno presi in esame due casi studio: i porti di Genova e di Gioia Tauro.

Se manca la capacità di indignarsi.......
Paolo Mancini
AbstractSe manca la capacità di indignarsi……. Paolo Mancini Nonostante i passi in avanti che sono stati fatti, la corruzione continua ad essere in Italia fenomeno molto diffuso, tanto da apparire inestirpabile. Se ce ne fosse stato bisogno, lo notava anche Gherardo Colombo in una recente intervista su “Il Corriere della Sera”. Il paper che intendo presentare cerca di spiegare la persistenza del fenomeno alla luce della scarsa capacità degli italiani ad indignarsi. Non quindi un’analisi delle ragioni e dei contesti della corruzione bensì una discussione sulla inesistenza/debolezza di una condanna etico/morale condivisa che contribuisce a rendere la corruzione un fenomeno, appunto, quasi connaturato alla stessa identità italiana. Il paper, di carattere essenzialmente teorico, cercherà, prima, di definire uno statuto epistemologico dell’indignazione alla luce delle ipotesi degli studiosi di emozioni (Nussbaum, Bodei, ecc. ), dei sociologi che se ne sono occupati (Durkehim Ranulf, ecc.). Soprattutto alla luce delle tesi di Durkheim si metterà in luce come l’assenza di indignazione, e quindi la capacità di comminare una pena che sia da tutti riconosciuta, rimandi all’assenza/debolezza di un’idea di comunità condivisa. Ciò è in larga parte dovuto alla caratteristica “divisività” del paese (Galli Della Loggia - Di Nucci) e all’alta polarizzazione del sistema politico. Particolare attenzione verrà rivolta al contesto dei mass media, anch’essi caratterizzati da un alto livello di “drammatizzazione polarizzata”, dalla presenza, cioè, di visioni profondamente contrastanti seppure inclini alla spettacolarizzazione, che mina alle radici la possibilità di un’indignazione condivisa e quindi di una solida democrazia partecipata. Alcuni casi esemplari verranno brevemente illustrati.

 

Panel 7.2 The corruption-democracy nexus (II)


Amongst the major cases uncovered in the last years, the Proxy Platform, the Russian Laundromat, the Azerbaijani Laundromat, and now the Troika Laundromat have exposed illegal payment schemes connecting politics, organized crime, and business across borders through branches of reputable financial institutions such as Danske Bank.
These schemes have increasingly attracted the watchdogs’ attention for their possible use in support of politicians with weak anti-corruption agendas. Besides, they have further proven that even a longstanding tradition of good and democratic governance cannot shield countries from being entangled in the mechanisms of corruption.

The panel invites papers addressing the normative and positive issues posed by corruption; the possible mechanisms connecting it to the weakening of democratic institutions and to organized crime; its relationship with populist and illiberal discourses on democracy; the effectiveness of the instruments and bodies deployed to unveil and contrast it at any scale of government. Both theoretical and empirical works will be welcome – the latter, regardless of their research strategy.
7.2b The corruption-democracy nexus

Chairs: Alessia Damonte, Antonio La Spina, Alberto Vannucci

Discussants: Alberto Vannucci

Strumenti di contrasto delle organizzazioni criminali corruttive o di stampo mafioso: novità recenti e possibili innovazioni in Italia
Antonio La Spina
AbstractCome negli altri settori di policy, anche nell'ambito dell'antimafia (che in Italia si è sviluppato e istituzionalizzato per primo), nonché in quello dell'anticorruzione, sono presenti policy entrepreneurs, comunità epistemiche, advocates, advocacy coalitions, instrument constituencies. Tra tali due ambiti non v'è ovviamente coincidenza, quanto piuttosto una parziale sovrapposizione. Finora entrambi hanno conosciuto una notevole espansione (il secondo soprattutto dopo il 2012). Negli ultimi anni della precedente legislatura, così come nell'attuale, si hanno provvedimenti - come le riforme approvate nel 2017 del c.d. codice antimafia e del whistleblowing, gran parte della legge 3/2019 c.d. spazza-corrotti, o la recente revisione del voto di scambio politico-mafioso - che mostrano alcuni punti di continuità con orientamenti già preesistenti. In altri casi, come quelli del decreto c.d. sblocca-cantieri e di alcuni atteggiamenti nei confronti dei regolatori indipendenti (nel caso di specie l'Autorità nazionale anticorruzione ANAC), si evidenziano al contrario significative difformità. Oltre a soffermarsi sulle misure già adottate, la relazione illustra anche alcune possibili linee evolutive degli strumenti già presenti nell’ordinamento, tra cui le seguenti: - prevenzione della corruzione tramite applicazione generalizzata di indicatori di rischio; - poteri di controllo, sollecitazione e sanzione dell'ANAC rispetto a ritardi e improprietà dell'attività preventiva delle amministrazioni; - promozione del whistleblowing, nonché della denuncia del racket delle estorsioni, anche tramite incentivi economici (come nell'esperienza USA); - considerazione delle differenze tra associazioni di stampo mafioso e associazioni corruttive, nonché di eventuali associazioni prevalentemente corruttive, ma orientate a usare sistematicamente l'intimidazione (sia pure senza violenza fisica); - inasprimento di talune sanzioni e restrizione dell'applicabilità di taluni benefici; - revisione del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati, con particolare riguardo alla managerialità degli amministratori; - utilizzo dell'innovazione tecnologica con riferimento a sorveglianza o transazioni; - nuove norme incriminatrici riguardanti l'area grigia; - integrazione del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso tenendo conto di alcune possibili conformazioni della delocalizzazione delle grandi organizzazioni mafiose; - riforma della legislazione antiracket.

The Italian judicial system and political corruption cases: what consequences for democratic accountability?
Michele Sapignoli, Cristina Dallara
AbstractSome studies, within the bulk of literature on anti-corruption policies, focuses also on the prosecuting role of theactivity exerted by judicial system in determining the effects of these policies. In this context, particular attention is paid to the phenomenon defined as politicization of anti-corruption policies (Sberna and Vannucci 2013). This conceptual dimension refers to “an increase in the polarization of opinions, interests, or values about judicial investigations and the extent to which this polarization is strategically advanced towards the political debate by parties, political leaders, and media (Sberna and Vannucci 2013). In Italy, since the 1990s, the judiciary has carried out numerous investigations dealing with political corruption cases (Guarnieri 2003; Guarnieri and Pederzoli 2017, Bruti Liberati 2018); existing studies on this phenomenon suggest that the Italian case presents a high number of investigations involving political actors, but a very low number of conviction (Rullo 2018; Dallara 2019). This paper intends to focus on institutional dimensions and on the functioning of the judicial system in relation to cases of political corruption. The paper will examine, in comparative perspective, some features of Italian judicial institutions, which can help explain this judicial activism and the gap between a relatively high number of investigations on political corruption and the low number of convictions. Finally, the paper will reflect on the consequences of this gap for the whole political system, especially in term of democratic accountability. If an effective judicial prosecution of corrupt practices can also lead to electoral punishment, contrarily, a low number of convictions or an extreme politicization of the investigative activity leads to a failure of accountability mechanisms.

The missing link: conceptualising the Australian 'ndrangheta's quest for power
Anna Sergi
AbstractWhile attention to the ‘ndrangheta, the Calabrian mafia, in Australia, has significantly increased in the past two decades, historical records referring to this peculiar manifestation of organised crime in the country date back almost a century. This research is situated in between studies on mafia mobility and studies on the nature of mafia-type organised crime in Italy and in Australia. Relying on archival research, fieldwork and focus groups with law enforcement agencies across Australian jurisdictions, this paper will argue that there is in Australia an on-going criminal system that is made of ethnically hybrid criminal networks – predominantly made of, but not limited to, Calabrian ethnicity. Ethnic solidarity and traditional norms and values of the ‘ndrangheta, embedded in Calabrian migrant culture, provide the roof to these networks’ behaviours and organisation. This paper will present the resilience of this mafia in Australia as linked to the capacity of ‘ndrangheta clans to maintain different heads – to be polycephalous – all differently and equally important: their organisational head is stable and culturally homogeneous, their (mafia-type) behaviours are systemic, but flexible, and rooted in ethnic solidarity, and their activities are dynamic, but hybrid in their ethnic composition. By focusing specifically on the interests of the Calabrian clans to forge political connections and establish ties with powers and elites in different areas and at different levels of Australian political system, this paper will show how it is imperative to consider the quest for power a constant feature of the Calabrian mafia as in Italy, also in Australia. This paper will eventually argue that the quest for power is a qualifying aspect of the 'ndrangheta in Australia, and a product of ethnic solidarity as well.

La corruzione multilivello. Modelli di regolazione degli scambi occulti e distorsione dei processi decisionali in Italia
Alberto Vannucci
AbstractIl concetto di “corruzione” ha un’estensione – tanto nel linguaggio corrente che nella ricerca scientifica – capace di ricomprendere una gamma di pratiche sociali estremamente vasta ed eterogenea, quanto a caratteristiche e ruoli degli attori coinvolti, natura e ammontare delle risorse di scambio in gioco, e conseguentemente dei modelli di regolazione ed enforcement delle corrispondenti attività di scambio occulto. Questo paper di propone di approfondire la distinzione analitica fra tre differenti modelli di regolazione delle pratiche di corruzione, corrispondenti rispettivamente a tipi di corruzione pulviscolare, sistemica, organizzata, prendendo in esame le variabili di natura istituzionale e organizzativa che ne favoriscono l’emergere e il consolidarsi. Utilizzando a titolo esemplificativo quali fonti empiriche materiale giudiziario e giornalistico a partire da “mani pulite” fino alle inchieste più recenti, si cercherà di mostrare: (a) come i diversi tipi di pratiche illecite possano “stratificarsi” in una “corruzione multilivello”, grazie a una gestione “ordinata” dei possibili attriti ovvero tramite forme di integrazione e spontaneo coordinamento, in relazione al formarsi di network occulti che legano tra loro i partecipanti, talvolta vincolandoli a una reiterazione su scala allargata delle loro interazioni; b) come alcune tipologie di corruzione incidano sui processi decisionali e producano distorsioni nei meccanismi di rappresentanza democratica, in relazione al coinvolgimento nei network di attori che ricoprono ruoli politico-istituzionali; c) come la presenza all’interno dei network occulti di attori appartenenti ad organizzazioni criminali di tipo mafioso alteri o condizioni i meccanismi di regolazione dei diversi tipo di corruzione sopra elencati, condizionando gli esiti dei processi decisionali ed elettorali.

 

Panel 7.3 Il policy design delle politiche collaborative: continuità ed evoluzioni


L'attenzione dell’Unione Europea all'innovazione sociale – tema centrale in diverse linee di finanziamento e in particolare agente-chiave delle politiche di coesione, in relazione alla visione di una politica (e di politiche economiche) per una società dove la conoscenza è diffusa – ha dato un ulteriore impulso allo sviluppo di un policy-design e di un policy-making partecipativo e collaborativo.
Già negli anni ’90 tale approccio era emerso come elemento di stile, incorporato alle politiche europee, per diventare un fattore distintivo nella svolta impressa all’integrazione dal percorso di europeizzazione.
In questa più recente stagione, la proliferazione di strumenti di natura collaborativa vede un effetto mainstreaming con un rinnovato protagonismo di attori tradizionali, che riorientano la cassetta degli attrezzi (istituzioni di governo, settori di pubblica amministrazione, terzo settore …) e l’emersione di nuovi soggetti (fondazioni ed enti filantropici, formazioni sociali e civiche …) che portano diverse culture organizzative e ancoraggi valoriali.
Dopo una partenza che ha visto sperimentazioni soprattutto in medie e grandi città europee, nel volgere di pochi anni azioni significative sono state lanciate anche a scala regionale e nelle aree interne.
Per quanto siano rinvenibili strategie differenziate, un terreno comune alle esperienze è l’adozione di un atteggiamento di natura imprenditoriale per affrontare i problemi sociali complessi; anche quando lo scambio di mercato non è il principio di regolazione prevalente, ai protagonisti delle iniziative innescate dalle politiche in oggetto è richiesto di adattarsi a comportamenti altamente intraprendenti.
Il discorso di policy è accomunato da una standardizzazione del linguaggio (spesso, per parole-chiave), se pur in continuo aggiornamento, e dall’uso di retoriche, che operano a due livelli: lo storytelling delle politiche, che sono presentate come casi di innovazione sociale e/o democratica, via partecipazione-collaborazione; l’innesco di azioni secondo una logica di replicabilità (prototipi, azioni pilota, dimostrative, etc.) e finalità di policy-transfer, nell'ambizione di veicolare schemi, ruoli, modus operandi proposti come modelli di azione pronti per l’uso (di ispirazione in specie per aspiranti innovatori sociali; da questa prospettiva, sono evidenziabili meccanismi di policy-mobility).
Sono benvenuti contributi critici di natura teorica o empirica che possano contribuire alla comprensione dei fenomeni descritti, incentrando il focus delle analisi su aspetti di effettiva innovazione riscontrabili nel policy-design/nel policy-making e su eventuali elementi di continuità con/apprendimento dalle passate stagioni. L'invito è, anche, a identificare e discutere gli impatti reali di queste politiche nei contesti di adozione.
7.3 Il policy design delle politiche collaborative: continuità ed evoluzioni

Chairs: Maurizio Busacca, Francesca Gelli

Discussants: Francesca Gelli

La strategia nazionale per le aree interne, l'uso delle risorse nel Mezzogiorno.
Tommaso Moscaritolo
AbstractLa Strategia Nazionale per le Aree Interne sembra mettere l’accento su una nuova “questione” che ha radici profonde nella Questione Meridionale. Il mezzogiorno “dell’osso” di Manlio Rossi Doria si estende oggi alle coste quasi a comprendere intere regioni del Sud Italia. Le diseguaglianze tra aree interne e poli dei servizi nella qualità/quantità dell’offerta dei servizi essenziali (istruzione, sanità, mobilità, connettività) sono alla base della classe d’azione della Snai di concerto con i progetti di sviluppo locale con l’obiettivo principale di fermare l’emorragia demografica delle aree interne. Contemporaneamente assistiamo all'aumento delle diseguaglianze tra i cittadini delle diverse regioni sulla direttrice Nord-Sud, con un Meridione che, secondo la Svimez, ha perso negli ultimi quindici anni 393 mila abitanti al netto dell’emigrazione straniera. Ad oggi per le 72 aree individuate dalla Snai le leggi di Bilancio che l’hanno rifinanziata prevedono un’equa spartizione dei 281 milioni di euro destinati alla strategia per i servizi essenziali. In tale contesto diventa interessante soffermarsi sul dato percentuale della popolazione che risiede nelle aree interne, dove il 52% del totale risiede nelle regioni meridionali. E quindi andare ad investigare sui possibili effetti della politica pubblica nelle aree interne del Sud, dove si corre il pericolo di investire troppo poco per frenare il calo demografico a fronte dei problemi strutturali dell’area. Con la preoccupazione di vedere questo nuovo intervento straordinario vanificare gli sforzi nelle aree interne di queste regioni. L’obiettivo del lavoro è quello di andare ad investigare sulla destinazione dei fondi per i servizi essenziali nelle aree interne selezionate dalla Snai nel Mezzogiorno. E alla luce del periodo di diminuzione della spesa per il welfare degli ultimi dieci anni, diventa interessante individuare quali sono state le scelte dei territori per migliorare il deficit nei servizi erogati ai cittadini di queste aree. E se queste scelte vanno verso gli obiettivi metodologici della Snai per quanto riguarda l’innovatività e la sostenibilità delle proposte concentrandosi sulle aree interne della regione Campania e sulle strategie messe in atto per questo territorio. In linea più generale si vuole comparare quello che è stato l’intervento straordinario ad opera della Cassa per il Mezzogiorno con gli interventi della politica di Coesioni europea per gli obiettivi di sviluppo locale ad opera della Snai e dell’Agenzia per la coesione territoriale. M. Rossi Doria, curato da G.Acocella, Le terre dell’osso, Mephite editore, Atripalda (AV), 2003 Rapporto SVIMEZ 2017 sull’economia del Mezzogiorno, Camera dei Deputati, Roma, 2017. F. Barca, P. Casavola, S. Lucatatelli, Strategia nazionale per le Aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e governance, Materiali UVAL, 31, 2014

Le forme della partecipazione: quali innovazioni fra partecipazione e conflitto?
Carlotta Caciagli
AbstractGli studi e le pratiche sulla governance, in particolare la governance urbana (Bingham, 2006; Fung, 2004), hanno assistito a una svolta in chiave collaborativa. Una svolta che si basa sulla considerazione ormai diffusa che le democrazie liberali e rappresentative siano in modo strutturale sottoposte a un deficit di partecipazione. Rischierebbero cioè di coinvolgere i cittadini solo nei momenti sporadici del voto. Oltre a questi limiti strutturali, molte studiose hanno rintracciato un declino della partecipazione a seguito della crisi economica, considerata una giuntura critica (Streek 2011, Roberts 2014), e di quella che è stata definita l’era della “post-rappresentanza” (De Blasio and Sorice 2018). Sulla scia di questa valutazione, gli studi sull’innovazione democratica hanno assunto una rinnovata centralità. È infatti diventato sempre più urgente rispondere alla domanda: quale design istituzionale è in grado di integrare la partecipazione nelle dinamiche democratiche locali e nazionali? La prospettiva istituzionale però rischia di sottostimare tutta una serie di forme di partecipazione dal basso che proliferano in molti contesti urbani. Infatti, prendere in considerazione solo la prospettiva top down, la partecipazione su invito, rischia di confinare l’analisi solo a forme non conflittuali di partecipazione. Però, se detonata del proprio potenziale conflittuale, la partecipazione rischia di assumere un ruolo accessorio nei processi di decision making. Ecco perché da un punto di vista analitico si impone con forza la domanda: in che modo è possibile includere nel design istituzionale forme più conflittuali di partecipazione? Questo lavoro cerca di offrire un contributo in questa direzione. In particolare il presente articolo discute i risultati di una ricerca condotta dal 2016 a oggi su alcuni movimenti urbani in due città italiane: Roma e Firenze. Nella fattispecie, sono state prese in considerazione e analizzate varie tipologie di organizzazioni che si occupano della questione abitativa e che negli anni sono diventate importanti attrici nell’arena di policy urbana (De Leone e La Forgia 2007). Sono state indagate le caratteristiche della partecipazione di cui questi movimenti sono espressione e le modalità di interazione con le istituzioni comunali e regionali che mettono in campo. Analizzando queste interazioni, la ricerca ha mirato a tratte indicazioni per l’elaborazione di un modello di partecipazione bottom up sulle politiche abitative su scala urbana. I dati sono stati raccolti con metodi qualitativi, basati su tre fonti: l’analisi di documenti, l’osservazione partecipata e interviste in profondità ad attiviste, referenti istituzionali e esperte. Keywords: Innovazione democratica, conflitto, governance collaborative, politiche abitative

Territorio e governance nelle politiche per l'innovazione sociale
Tiziana Crispino
AbstractIl presente contributo affronta il tema dell’innovazione sociale, applicato a quattro casi studio di rigenerazione urbana, due nel Mezzogiorno d’Italia, altri due in Scozia. Abbiamo collocato la nostra indagine comparata nel più ampio dibattito della governance urbana. In particolare, abbiamo osservato il ruolo che l’impresa sociale occupa nel network delle politiche per l’innovazione sociale in tutti e quattro i casi oggetto di indagine, che si caratterizzano anche per essere rappresentativi di due diversi tipi di aree: rurali e urbane. Ci si è serviti di diversi filoni della letteratura (quella della governance urbana, dell’imprenditoria sociale, dell’innovazione sociale e della rigenerazione urbana) al fine di mettere a fuoco il ruolo che l’innovazione sociale ha (o può avere) nei processi di governo del territorio. In particolare, abbiamo cercato di approfondire la relazione che intercorre tra la composizione del network degli attori coinvolti e la produzione di innovazione sociale a partire da esperienze di trasformazione urbana, economica e sociale di aree caratterizzate da fenomeni di degrado. Per indagare nello specifico sui modelli di governance sottostanti le politiche per l’innovazione sociale dei quattro casi studio oggetto della nostra indagine abbiamo utilizzato il modello proposto da Capano et al. (2015) che fa aggio essenzialmente su tre diversi elementi costitutivi della governance: dinamiche, capacità, strategie. Tale modello, infatti, ci è servito, innanzitutto, per individuare le modalità attraverso le quali l’ingresso dell’imprenditoria sociale nel network degli attori genera mutamento negli assetti della governance, ma anche a mettere a fuoco il ruolo che il government occupa all’interno dei diversi processi collaborativi che abbiamo osservato. La selezione dei casi studio è avvenuta non solo sulla base degli studi effettuati sulla letteratura, ma ci si è serviti anche di una mappatura di circa 50 esperienze di progetti di rigenerazione urbana, sia del Sud Italia che della Scozia, che oltre a confermare il crescente proliferare di pratiche e progetti in tale ambito, mostrano come l’innovazione sociale in relazione ai processi di trasformazione urbana assuma differenti forme e finalità.

Trasformazioni della politica e politiche urbane a Bari
Antonella Coco
AbstractLa città può essere studiata come istituzione politica ovvero come sede di processi e decisioni politicamente rilevanti (Rossi, 1987), quindi come ambito in cui si costruiscono e si implementano politiche publiche. Le città, alle origini, nascono come poteri illegittimi, che usurpano i poteri esistenti (in passato i poteri nobiliari e di signoria) (Weber, 1995). Successivamente tale potere diventerà legittimo ma esso non resterà isolato e dovrà sempre interagire, attraverso forme di cooperazione o conflitto, con i poteri di fatto (ad esempio quelli dell’economia) che si affermano nella società e cercano di influenzare il potere politico (Costabile, 2009). Pertanto, l’osservazione scientifica sin dagli inizi si è rivolta, nell’ambito delle comunità locali, ai rapporti tra la politica e le diverse sfere d’interesse e d’influenza (Lynd, 1929; Hunter, 1953; Dahl, 1961). Sono stai elaborati via via modelli interpretativi differenti, che hanno evidenziato tendenze conflittuali o al contrario maggiormente partecipative e collaborative (D’Albergo e Segatori, 2012; Le Galés e Vitale, 2015, Lefèvre, Orseau e Vitale, 2013)). Il contributo che si intende presentare riguarda le principali evidenze empiriche emerse da un lavoro di ricerca condotto sulle trasformazioni della città di Bari, alla luce delle vicende politiche della città dopo l’introduzione dell’elezione diretta dei sindaci, dei cambiamenti nell’esercizio del potere politico locale e delle interazioni con gli altri poteri sociali (nello specifico quelli economici) . Nello specifico, si pone attenzione ai caratteri delle successioni delle diverse figure di sindaci e dei gruppi dirigenti, quindi agli elementi di continuità e discontinuità rispetto al passato, all’ingresso e alle modalità di integrazione di nuove figure emergenti sulla scena politica ed economica della città, alle interazioni con gli attori economici del territorio e all’offerta di beni collettivi locali.

 

Panel 7.4 Digital innovations, Science and Public Policies: Managing Technological Change in the Public Sector


The panel aims at exploring the wide implications of technological change within two broad areas of investigation such as a) public policy dynamics and governance, and b) public sector organizations.
The first theme looks at policy processes or at specific stages such as agenda setting and policy design, decision making, implementation or evaluation. Here, the focus will be on the role of digitization and technological innovations in shaping and influencing actors’ interaction in specific policy fields.
For example, the role of experts’ knowledge in policy design and implementation, based on the capacity of technology use (e.g. big data, ICT implementation, etc.), is an emerging issue which the workshop ideally aims to address, with particular attention on policy learning literature. Other contributions might build on the multi-level governance perspective to explore the implications that multi-layered policy arenas do have on policy outcomes (e.g. to what extent complex implementation structures represent a hurdle for technological innovation policies or, conversely, whether effective change is more likely to be developed from the bottom up is nowadays a crucial research dilemma).
The second one concerns the way in which the adoption of ICT solutions reshapes the structure of bureaucracies, the centralizing and decentralizing strategies of national states and how they cope with sub-national governmental actors.

The panel looks for both theoretical and empirical papers which focus on the impact of digitization and ICT technologies. First of all, decision-making processes regarding public sector modernization involve experts and policy makers; these relations between the two communities are often difficult, because of the different rationalities and interests. The characteristics of the learning processes, i.e. the capacity of experts to influence actors in policies with a technological content, are at the center of a relevant debate and it is a relevant focus of this workshop. Moreover, there are questions regarding the role of technologies and big data in decision-making processes.
Other sectorial themes regard the transformation of the design, implementation and delivering of public services. The E-government agenda is often associated to the re-shaping of government-to-citizen relations especially in the phase of services delivery, but now under the lenses are even the relations that characterize the stages of problem setting and policy design. Moreover, it also represents a prism through which intra- and inter-governmental relations and bureaucratic politics can be analyzed, as the Digital government debate is underlining.
This might lead to re-consider issues concerning the design and implementation of interventions based on ICT instruments; here the engagement of implementers and the compliance of beneficiaries, two factors that often undermines the effectiveness of policies, stand out as major research themes.
Another research filed considers Metropolitan areas and the Smart city/ Smart communities’ policies, aimed at improving existing services with the help of ICT solutions, in order to make them more efficient and responsive to citizens’ needs.
Last but not least, cyber-security is emerging as a policy domain in which national states are called to give an innovative response to issues which are at the crossroad between, security, industrial and trade policies.
In this incomplete list, we consider also the rise of Big Data constitutes per se a topic with uncountable
implications for policy studies. In the agenda setting and policy design processes, in particular, big data are acquiring centrality to introduce more rationality in decision making processes and to improve the policy effectiveness. It is relevant to detect the policy sectors more affected by the use of big data and the uncovered ones. At the same time, it is of value to analyze the impact of big data in influencing decision makers and policy learning. Finally, the big data turn introduces methodological questions in the evidence-based policy making debate, because of the different basis of the predictive analytics in respect to the traditional research instruments.
7.4 Digital innovations, Science and Public Policies: Managing Technological Change in the Public Sector

Chairs: Maria Stella Righettini, Giancarlo Vecchi

Discussants: Giancarlo Vecchi, Maria Stella Righettini

Algorithmic Rule and the Depoliticization of Bureaucracy
Dennis Redeker, Christian Martin
AbstractThe use of artificial intelligence (AI) is increasingly reshaping the way public administration works. When using predictive policing software in Zurich, facial recognition tools to track minorities in China’s western region of Xinjiang, and algorithms to set efficient public school starting times in Boston, public officials use large amounts of data and self-learning tools to provide better, more efficient public services (and to better suppress populations). We argue that this means that the gradual changes we are used to in public administration are giving way to a more fundamental upheaval. This paper asks: How does the utilization of artificial intelligence change the nature of public administration? Following Max Weber, we identify two types of hierarchical organization: traditional and bureaucratic rule. To this, we add a third type of rule that we speculate might be imminent: algorithmic rule. We approach the research question by way of historical-theoretical analysis using ideal types to elucidate both the underlying conditions and key characteristics of traditional, bureaucratic and algorithmic rule. Arguing by way of ideal types, we spell out the logic of the development from traditional to bureaucratic to algorithmic rule and point to the underlying process of modernization that drives this development. We argue that these ideal types come with specific preconditions (socio-economic and technological) and defining characteristics (source of trust, source of authority, possibility of deviance). We illustrate the emergent algorithmic rule using examples of AI use in real world bureaucracies. We also argue that the emergence of algorithmic rule is not determined by the mere availability of AI applications. Instead, its insertion into bureaucratic organizations both political and economic requirements. An economic driver for the utilization of AI in public administration is the promise of efficiency amid pressures to reduce or redirect public spending. A political driver for the adaptation of AI is the perceived politicization of public administration. Though we argue that perfectly rational and depoliticized bureaucracies are only possible by severely limiting the human element, specifically the room for discretion. We further problematize the role of experts and private corporations in designing the algorithms used in public administration. Finally, we consider existing AI frameworks regarding their applicability for public administration.

Digitalizzazione e lavoro: l'interazione tra politiche
Valentina Ottone, Valentina Ottone
AbstractDigitalizzazione e lavoro: l’interazione tra politiche Il progresso tecnologico incide su una pluralità di settori pubblici influenzando le politiche economiche e sociali atte a regolarli. Tra i settori maggiormente esposti ai mutamenti derivanti da questa trasformazione tecnologica emerge il settore del lavoro il quale si trova, da un lato, a fronteggiare i rischi scaturenti dalla rottura dello status quo del sistema e, dall'altro, a dover sfruttare le potenziali opportunità di crescita che l’evoluzione digitale offre. È da questo presupposto che discende la centralità dell’azione pubblica la quale deve agire in modo da capitalizzare i benefici ottenuti e diffonderli equamente incrementando il benessere economico e sociale della collettività. In questo scenario si inserisce il presente lavoro il quale si propone di studiare l’influenza reciproca tra le politiche di innovazione e le politiche del lavoro in Italia mediante la narrazione diacronica degli eventi relativi rispettivamente all'implementazione del Piano Industria 4.0 e del Jobs Act durante il biennio intercorrente tra il 2017 e il 2018. Lo scopo è comprendere, mediante un’analisi bottom-up, come le due politiche abbiano vicendevolmente interagito, analizzando, da un lato, i processi di europeizzazione relativi alla realizzazione del piano industria 4.0 e il grado di recepimento delle prescrizioni sovranazionali da parte degli attori politici domestici e, dall'altro, quanto questa abbia influenzato l’attuazione del Jobs Act, in particolare in termini di ricadute occupazionali, a sua volta condizionata principalmente dal contesto nazionale. L’obiettivo dell’analisi è ampliare il campo della ricerca in materia di interazione tra politiche di sviluppo studiando le azioni dei decisori di policy coinvolti e comprendere quanto queste abbiano inciso sui destinatari degli interventi predisposti. Attenzionando l’interconnessione tra le scelte degli attori, sarà possibile orientare le future scelte dei policymakers affinché facciano fronte alle sfide della trasformazione digitale. Parole chiave: politiche pubbliche, digitalizzazione, lavoro, occupazione, interazione.

Urbanistica e nuvole. Da Lynch agli open data
Marina Arena
AbstractÈ nel dna dell’urbanistica la necessità di rivedere costantemente i suoi strumenti per il governo del territorio. Essere in grado di comunicare le scelte progettuali, di condividerle, di modificarle dopo averle confrontate con i cittadini resta comunque indispensabile, per questo è fondamentale elaborare dati, linguaggi e codici aggiornati: in questo senso i supporti informatici sono divenuti mezzi irrinunciabili. Dagli scenari catastrofici legati al tema dei cambiamenti climatici e indirizzati verso soluzioni progettuali resilienti, ai processi di visioning condotti dalle amministrazioni locali, si apre un mondo sia per quanto riguarda gli aspetti analitici e la raccolta dati che per l’educazione e formazione di tecnici e cittadini. Oggi è possibile “tracciare” le esperienze soggettive e condividerle attraverso la smart technology che inaugura una nuova semantica urbana. Lynch si riferiva a elementi della città pubblicamente visibili a tutti, ma cosa succede quando si aggiungono strati invisibili di significati sociali?

 

Panel 7.5 «Conoscenza vs. consenso?» Il contributo degli esperti e il rapporto (di forza?) con gli organi di governo


In un paese come l’Italia nel quale il ruolo di guida dell’esecutivo è stato ricoperto negli ultimi venticinque anni più volte da figure tecniche, burocratiche, accademiche e, recentemente professionali forensi, il tema del ruolo degli esperti nelle decisioni politiche è andato emergendo e consolidandosi in modo quasi naturale.
Contemporaneamente all’investitura di governi tecnici, le arene governative si sono popolate progressivamente di esperti e uffici tecnici dedicati alla produzione di rapporti e strumenti di ricerca finalizzati alle decisioni ed alla qualità del discorso politico. L’istituzione di uffici preposti alla valutazione presso le assemblee rappresentative, come quelle regionali ad esempio, o presso ministeri e assessorati, ha accentuato e valorizzato il fenomeno. Una recente normativa ha, tra l’altro, istituzionalizzato il ruolo e i prodotti degli istituti di ricerca che nei rispettivi ambiti di competenza, lavorano per il governo. Il ruolo assunto dalle nuove tecnologie, i processi di digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’avvento dei big data hanno rafforzato l’emersione, e per certi versi l’urgenza, di esperti e di strumenti fondati sulla competenza nel policy making: il ricorso a professionisti e a competenti diviene, sotto, questo profilo, per certi versi ineludibile, tanto a livello europeo quanto a livello domestico.
Infine, questi ultimi decenni hanno visto la proliferazione di figure le quali agiscono sulla base della competenza e della conoscenza e che, a partire dal loro ruolo contribuiscono nelle arene istituzionali a vario titolo in veste di consulenti, professionisti e esperti. La crescita di un lobbismo sempre più colto e preparato ha ribadito questa tendenza, mettendo in mostra come la formulazione delle politiche pubbliche sia sempre meno demandata agli organi politici e sempre più affidata a tecnostrutture e specialisti.
Nnelle arene euro comunitarie e in quelle sovranazionali ciò è stato addirittura ancora più evidente e incisivo rispetto al caso italiano. In ambiti quali le politiche del clima o della sostenibilità, gli esperti sono oggi decisivi sia nella definizione dei problemi sia formulazione delle soluzioni.
Tutte queste evidenze, sparse e complesse, sollevano interrogativi sull’efficacia e sul reale impatto del ruolo dell’expertise sul policy-making, nonché sull’effettiva natura e apporto degli esperti, sulla loro reale indipendenza, capacità, abilità nell’influenzare il decision making e di trattare con i ruoli politici, i quali si affidano alle solide risorse dei mandati elettorali, della responsiveness e dei poteri istituzionali. Si pensi a settori di policy come le politiche sanitarie (ad esempio la questione dell’obbligatorietà dei vaccini), le politiche infrastrutturali (il caso delle grandi opere come TAV, TAP etc.), le politiche di innovazione. In questi ed altri settori di policy dove la tecnologia, la scienza e le competenze tecnico professionali sono divenute quasi imprescindibili, assistiamo oggi a conflitti anche mediatici tra esperti, politici e opinione pubblica, conflitti che spesso toccano anche la dimensione etica.
Le domande di ricerca pertengono quindi da un lato l’effettiva disponibilità da parte dei politici a lasciare gradi di libertà decisionale reale, e non fittizia, oppure surrogativa, o a negoziare i contenuti e gli strumenti dell’influenza da parte degli esperti. Dall’altra si osserva se la capacità degli esperti di essere promotori di innovazione, qualificazione e emancipazione delle politiche pubbliche in termini di accountability sia reale o effimera.
Su questo filo teso, che ripercorre un dilemma noto dell’analisi delle politiche pubbliche, e della scienza politica tout court, tra competenza tecnica e consenso (si pensi ad autori quali Lindblom, Wildavsky), si sviluppano ancora oggi, a distanza di quaranta - cinquanta anni, dinamiche di contendibilità del potere, della conoscenza e della leadership. Le domande che scaturiscono pongono a confronto i dilemmi di ieri con quelli di oggi e ne aggiungono di nuovi:
- Quali sono le caratteristiche delle attività degli esperti oggi? Quali differenze ci sono tra gli intellettuali organici e i tecnocratici delle arene di policy di cinquanta anni fa e la pletora di esperti specializzati dal profilo consulenziale istituzionalizzato e non, che invece si osservano oggi?
- Quale margine di contendibilità hanno le relazioni che si vengono a strutturare oggigiorno tra esperti e organi di governo?
- Fino a che punto la tecnica si spinge sul piano politico e viceversa?
- Il cleavage è tra esperti da una parte e politici dall’altra oppure hanno preso il sopravvento cleavage tra esperti in luogo degli altri?
- Quale margine di accountability per entrambi?

I contributi scientifici di questo panel possono concentrarsi su specifici settori di policy sia in senso descrittivo sia analitico, così come approfondire specifici aspetti inerenti gli aspetti sopra descritti come il ruolo di scienziati, esperti, valutatori, lobbisti e le esperienze degli istituti di ricerca che operano a servizio degli organi di governo, incluse riflessioni di tipo teorico sul ruolo tra politica ed esperti sia in Italia, sia nell’Unione europea e a livello globale in settori cruciali quali l’innovazione, la sostenibilità, le nuove tecnologie, il clima, etc..
7.5 «Conoscenza vs. consenso?» Il contributo degli esperti e il rapporto (di forza?) con gli organi di governo

Chairs: Maria Tullia Galanti, Andrea Lippi

Discussants: Maria Tullia Galanti, Andrea Lippi

Attori burocratici come “rimedi esterni” alla scarsa collegialità e all’instabilità degli esecutivi: il Consiglio di Stato come consigliere del governo e guardiano dei ministri
Elisa Rebessi, Francesco Zucchini
AbstractIn questo paper analizziamo due momenti cruciali della storia del Consiglio di Stato che riguardano lo sviluppo delle funzioni consultive e giurisdizionali dell’istituzione e suggeriamo che alla base di tali sviluppi vi siano variabili di tipo politico (le modalità di decisione interne al governo e il rapporto fra governo e parlamento) e amministrativo (la concentrazione delle responsabilità politiche e amministrative nei ministeri). Il paper si focalizza, da un lato, sull’origine della funzione consultiva del Consiglio di Stato come consigliere “tecnico” dell’intero governo, che, agli albori dell’Unità d’Italia e nei governi della Destra Storica, riteniamo risponda alla necessità di limitare le spinte centrifughe del “governo ministeriale” (Strøm, Müller e Bergman 2008). Dall’altro, il paper analizza lo sviluppo della funzione giurisdizionale del Consiglio di Stato nell’età Crispina come “rimedio esterno” all’instabilità politica dovuta al trasformismo e ai fenomeni corruttivi dilaganti nell’amministrazione, le cui cronache sono riportate, fra gli altri, negli scritti di Silvio Spaventa (1880) e Gaetano Mosca (1884). Entrambi gli sviluppi sono salienti per indagare il tema più generale del ruolo degli attori burocratici nelle decisioni politiche, in quanto sembrano mettere in luce una costante nei governi del sistema politico italiano: quella di ricorrere a rimedi esterni, in questo caso sotto forma di organi terzi giurisdizionali, per supplire alla scarsa capacità politica del gover-no di realizzare il proprio indirizzo in modo collegiale e stabile.

Clausole valutative e accountability inter-istituzionale: evidenze e spunti per un’agenda di ricerca
Giorgio Campilongo
AbstractLe clausole valutative sono delle disposizioni normative che prescrivono in termini puntuali e articolati che il soggetto attuatore di una politica pubblica – il più delle volte l’Esecutivo – produca a beneficio del proprio «principale» – di norma il Legislativo – informazioni sull’implementazione o sugli effetti dell’intervento. Si stratta di conoscenze che, seguendo l’astrazione del policy cycle, si collocano nel momento della valutazione dell’intervento pubblico, contribuendo alla scelta fra prosecuzione, terminazione e ri-disegno. Da quindici anni in Italia le clausole valutative hanno trovato crescente diffusione al livello regionale di governo e sono attualmente presenti in oltre 400 leggi regionali, perché è nelle assemblee legislative regionali che l’analisi e la valutazione delle politiche pubbliche si sono maggiormente accreditate. Esse rappresentano il principale prodotto della penetrazione di tale disciplina nelle istituzioni. Studiare le clausole valutative può voler dire, dunque, analizzare il grado di istituzionalizzazione dell’approccio di policy quale scienza al servizio delle decisioni collettivizzate e il suo contributo a rafforzare l’accountability orizzontale fra le istituzioni regionali, fra legislativo ed esecutivo. Obiettivo del paper è porre le basi per colmare l’eventuale mancanza, rispetto alle ricerche esistenti, di studi analitici sulle clausole valutative e sui temi che sono, direttamente o indirettamente, collegati. In primo luogo, attraverso una ricognizione della letteratura il fenomeno sarà ricostruito a livello nazionale ed internazionale, con un focus sulla Lombardia, e incardinato nell’ambito dell’analisi e valutazione delle politiche pubbliche. Poi, verrà collocato in una cornice teorica, definendo le clausole valutative come oggetto di studio e ricostruendone i legami con la ricerca valutativa e con il concetto di accountability. La rassegna la letteratura contribuirà a individuare le lacune conoscitive che sarebbe utile colmare sia a scopo scientifico che ad uso delle istituzioni regionali. Infine, sulla scorta dell’inquadramento teorico e dell’analisi della letteratura, il paper proverà a offrire spunti per un’agenda di ricerca su clausole valutative e valutazione delle politiche pubbliche, suggerendo verso quali prospettive potrebbero instradarsi ulteriori approfondimenti, in particolare impostando una classificazione delle clausole valutative. (Le dichiarazioni rese e le opinioni espresse riguardanti l’amministrazione regionale o materie o argomenti direttamente collegabili alle funzioni da esercitate nell’amministrazione sono rese a titolo personale e non impegnano l’amministrazione di appartenenza)

The blurred boundaries of policy advice: varieties of relations in the Italian core executive
Andrea Lippi, Maria Tullia Galanti
AbstractPolicy advice is experiencing increasing differentiation and hybridization between political, bureaucratic and advisory roles within and around core executives, both in Westminster and European countries (Craft and Halligan 2017; Hustedt and Veit 2017). Hybridization can invest both sides in these relations: advisors may act as politicians, but also bureaucrats may play a political role, while elected representatives may act as experts under certain circumstances. What matters is the legitimation of the policy advice, and namely the reasons that bring politicians, bureaucrats and advisors to work together – ranging from personal trust, partisan ties or institutional affiliation, just to name a few (Galanti and Lippi 2018). The forms of engagement within the core executive of advice among experts, politicians and bureaucrats thus the central question for research becomes how advising is bargained and shaped among actors inside core executives. National patterns thus emerge: while the Anglo-Saxon model is institutionalized with structured roles, the central European model is built upon less defined arrangements between experts and institutional actors. Italy represents a case in point to describe policy advice practices in the light of their hybrid nature, for several reasons. First, the administrative Napoleonic tradition matches with a great variety in the levels of expertise and in the diffusion of policy knowledge at ministerial, but also at territorial levels (Dente 1997). Second, few studies are available on the politicization of policy advice as a specific type of patronage (Di Mascio and Natalini 2016). Third, there are have been recent attempts to create ad hoc policy units at the level of the core executive, thus showing an increasing request for experts’ advice available “at arm length”. Our paper proposes to shed some light on the changing relationships between the demand and the offer of policy advice in the case of core executive in Italy. It investigates a sample of institutional policy advisors in different policy sectors (namely public research institutes as identified by a recent Italian law, n. 218 enacted in 2016). Documental analysis and in-depth interviews will be used to shed some light on the possible determinants of the different types of advice relations, e.g. the levels of institutionalization, the policy legacies, and the features of the specific policy network.

The clash of worlds: controversies and competing narratives over the Turin–Lyon high-speed railway megaproject
Giovanni Esposito, Andrea Terlizzi
AbstractThis paper explores the role of policy narratives in megaprojects implementation. Megaproject - such large infrastructure projects - play a key role in world economy and are defined as extremely complex, uncertain and conflictual large-scale ventures that take many years to develop and build, involve multiple public and private stakeholders, and impact millions of people, economy and environment (Flyvbjerg 2017). In the context of uncertain, complex, and conflictual policy debates, proponents and opponents of a certain policy engage in a battle over competing narratives advocating arguments either in favor or against it. This paper conceives narratives as a set of stories and arguments taken by the parties involved in a controversy that establish and seek to stabilize the assumptions for public policy-making (Roe 1994). Drawing from sociology and public policy literatures, we aim at explaining how competing policy narratives deployed by proponents and opponents of megaproject variously co-exist and evolve. By focusing on the Turin–Lyon high-speed railway megaproject, we ask: how do proponents’ and opponents’ narratives shape controversies in the implementation of megaprojects? In operationalizing policy narratives, we build on Boltanski and Thévenot's (1991) justification theory, which provide useful support for interpreting controversies between actors with competing evaluations of reality. According to these authors, actors’ have in mind different ‘worlds’ or ‘orders of worth’ that guide action, i.e. sets or ensembles of higher order meanings, values, norms and or rules that frame how actors make sense of and act on reality: civic, opinion, market, industrial, domestic, inspired, green and connectionist worlds or orders of worth. We analyze proponents’ and opponents’ narratives on Lyon-Turin by looking at the different worlds they mobilize to justify their competing evaluations and attitudes towards the megaproject. Empirical material consists of 80 documents covering a period from 1985 to 2016. Following Patriotta et al. (2011), the methods include systematic coding through semantic descriptors to identify the presence of a given ‘world’ in document texts. We argue that: actors’ competing narratives about megaprojects rest on contradicting understanding of megaprojects that shape controversies in two ways. Firstly, proponents and opponents make sense of megaprojects on the basis of different, contradicting worlds that make emerge ‘order-of-worth controversies’. Secondly, opponents and proponents make sense of megaprojects on the basis of the same world but the former question the degree to which the organizing principles appropriate to the word are being correctly applied by the latter. In so doing they make emerge state-of-worth controversies. Boltanski L and Thévenot, L (1991) De la justification. Les Economies de la Grandeur. Paris: Gallimard Flyvbjerg B. (2017) The Oxford Handbook of Megaproject Management. Oxford University Press Patriotta G., Gond J-P. and Schultz F. (2011) ‘Maintaining legitimacy: Controversies, orders of worth, and public justifications’. Journal of Management Studies, 48(8): 1804-1836. Roe, Emery. 1994. Narrative Policy Analysis: Theory and Practice. Durham and London: Duke University Press.

“Please, look at me”. Comunicare per influenzare: i think tank italiani e il caso della “Road Belt Initiative”
Mattia Diletti, Christian Ruggiero, Giovanni Brancato
AbstractI think tank sono uno degli attori dei Policy Advice Systems (Galanti, 2017), la cui natura ed efficacia varia nei diversi sistemi politici (Medvetz, 2012; Plehwe, 2015). Nel caso italiano (Diletti, 2011) le capacità organizzative e di penetrazione dei think tank si sono mostrate ancora relativamente poco strutturate, tranne che in alcuni specifici policy sub-system, tra cui quello della politica estera (Longhini, 2015). L’obiettivo del paper è quello di analizzare - attraverso interviste in profondità e un’analisi quantitativa e qualitativa del contenuto dei prodotti dei think tank (Bolasco, 1999; Giuliano e Rocca, 2008; Bolasco, 2013) nell’arco temporale 2015-2019 - l’evoluzione delle strategie relazionali e comunicative dei think tank italiani. Il case-study individuato è quello delle relazioni sino-italiane, con particolare attenzione alla cosiddetta Road Belt Initiative e alla sua preparazione. Fra le strategie utilizzate dai think tank per ottenere influenza e visibilità presso i decisori, è di particolare rilievo la funzione comunicativa e di framing, che diviene una delle componenti strategiche principali della loro azione. Al contrario di altri attori che utilizzano risorse conoscitive, i think tank possono costruire un doppio livello di azione (Rich, 2004). Non solo strategie di accesso diretto al decisore pubblico (che verranno analizzare attraverso la ricostruzione degli ecosistemi di riferimento dei singoli think tank), ma anche azione di lobbying indiretta e framing attraverso la presenza nel dibattito pubblico e la produzione di prodotti divulgativi e comunicativi (report, policy brief, presenza nelle testate giornalistiche e nei social network). Le due dimensioni verranno intrecciate per comporre l’analisi dell’azione dei think tank nel case study prescelto.

 

Panel 7.7 Le politiche del cibo: nuove forme di governance e innovazione sociale
  panel joint with Panel 11.1 - Qualitative Comparative Analysis (QCA) in Contemporary Political Science

In the last decade, research in political science has increasingly employed the qualitative comparative analysis (QCA). This methodology, mostly known for its adaptability to small/medium-N and its configurational approach, is the main focus of this panel. The goal is to gather the community adopting this methodology and to discuss about different applications, approaches and challenges. It is also the opportunity to discuss about the latest developments from a theoretical and empirical perspective. In particular are welcomed empirical contributions from political science and nearby disciplines adopting QCA, including all it variants. Theoretical contributions and early-stage papers are also very welcome.
Panel Congiunto: - 11. 1 Qualitative Comparative Analysis (QCA) in Contemporary Political Science - 7.6 Le politiche del cibo: nuove forme di governance e innovazione sociale

Chairs: Edoardo Guaschino, Alessia Damonte, Renata Lizzi, Maria Stella Righettini

Discussants: Alessia Damonte, Renata Lizzi, Nicola Righetti

Fuzzy-Set Qualitative Comparative Analysis of Russia’s Foreign Policy in the Near Abroad: a Research Design
Adriana Cuppuleri
AbstractSince the fall of Soviet Union, Russia has adopted various instruments in order to maintain a regional primacy in the near abroad: some of them have been more assertive (e.g. Crimea and Georgia) while others have been more cooperative (e.g. Belarus and Armenia). How to explain this variation? Scholars usually map Russia’s foreign policy according to several theoretical models, which are respectively generated from the individual, the state and the structural levels of analysis in International Relations. To account for the complex interplay between causal factors that include external interference (I), status recognition (S) and state capacity (C), this article develops a neoclassical realist framework of great powers’ neighbourhood policy. This paper applies fuzzy-set Qualitative Comparative Analysis (QCA) on original data about 18 Russia’s policy responses in the near abroad between 1992 and 2016. The findings report the existence of multiple path toward assertiveness: they show that external interference from competing great powers plays a large role compared to domestic and ideational factors. At the same time, external interference leads to assertiveness only when combined with social status and state capacity.

The Economic Crisis, Austerity and Public Health Systems in Europe: Assessing the Impact on the Right to Health through fuzzy set Qualitative Comparative Analysis (fsQCA).
Rossella De Falco
AbstractThe 2008's global financial crisis has undermined public health systems in many European countries. In Greece, Italy, Spain and the UK, harsh austerity measures included the containment of health spending, resulting in higher out-of-pocket payments (OOPs), increased waiting lists as well as shortage of medical staff and facilities. This, potentially, increased barrier in accessing healthcare, with vulnerable groups bearing the highest cost of the crisis. There is much research on the effects of the economic crisis in single countries, but comparative empirical research is much more limited. Therefore, this paper attempts to verify whether the countries that decreased public health spending also present higher unmet medical needs through fuzzy set Qualitative Comparative Analysis (fsQCA). Specifically, the 27 European countries will be ranked by their degree of membership into 'health austerity' sets, through the analysis of both public and private health spending. Then, it will be seen if there is an association between the group of countries that reduced public spending during the crisis years and countries that presented an increase in unmet medical needs due to waiting lists, financial reasons or distance. This latter indicator is collected by the EUROSTAT through the EU-SILC yearly survey. As there might be multiple paths leading to higher health barriers, QCA is particularly appropriate for this field of research. In fact, QCA allows for complex causality and equifinality in both small and large-N research desings. Access to healthcare is a fundamental human rights indicator when it comes to the enjoyment of the highest attainable standard of physical and mental health. Therefore, the aim of this paper is to assess the impact of post-crisis economic recovery policies on one of the tenets of the right to health through fsQCA. Set-theoretic empirical research is then combined with process-tracing of some cases, as to highlight the causal link at national level.

Against all odds: the curious case of EU’s food aid policy in historical perspective.
Ilaria Madama
AbstractBackground - The paper deals with European food aid policy, which has now become a highly symbolic component of the “social dimension” of the European Union. More in depth, the paper offers a reconstruction in historical perspective of the evolution of EU’s food aid policy, from its origins in the late 1980s to most recent transformations, highlighting elements of continuity and change. Firstly introduced in 1987 under the Delors’ presidency of the European Commission, the European Food aid program for the most deprived persons (MDP) was meant to serve as a way to handle – meeting at the same time social and societal ends - the surpluses generated by the Common Agricultural Policy. Over time, however, the program incurred in a series of reforms that altered its functioning and, partly, its scope. This is particularly evident with the launch of the current program, the Fund for European Aid to the Most Deprived (FEAD), which in 2014 marked a major discontinuity. Aims - The paper has a twofold aim. First, it offers an in depth analytically-driven illustration of the institutional path of EU’s food aid policy, which displays elements of continuity but also gradual adaptation to changing opportunities and constraints. Second, the study aims at investigating the political and institutional dynamics that have characterized this policy sector, shaping its changes at three key moments (1994, 2008, 2014). Methods - The article deploys a qualitative approach. Historical analysis, through process tracing technique (relying on documentary analysis plus a number of semi-structured interviews), was used to identify key moments in the sequence of institutional change and to examine the decision making process, allowing to shed light on specific causal mechanisms at work. Findings - Preliminary findings suggest that EU's food aid policy, despite its resiliency, resulted to be a contested and contentious program, that fostered the emergence of harsh vertical and horizontal tensions. Nonetheless, the institutional and political sponsorship proved to be strong enough to have the scheme not only maintained but even strengthened, in terms of scope and financial budget, over time. Due to these features, EU’s food aid policy is a puzzling case, which lends itself to represent a key case-study to unveil complex political struggles arising around the making of «Social Europe».

Xylella politics: How everything went wrong and what can we learn
Simone Busetti
AbstractThe paper aims at reconstructing the decision-making and implementation of crisis management related to the emergency of the bacterium Xylella Fastidiosa in the Apulia region. Xylella is deemed responsible of the so-called Olive Quick Decline Syndrome (OQDS), a disorder of olive trees that appeared in 2013 in a limited area in the province of Lecce in South-East Italy and has not stopped expanding until today. Since its recognition in Apulia, strains of Xylella different from the one in Apulia have been discovered in Switzerland, France, Spain, and Germany. The Xylella emergency is an interesting case for several reasons. First, the science base is contested. The disorder appears to be complex, arising out of the simultaneous presence and interaction of three parasites (a lepidopteran, a set of fungi, and the bacterium Xylella) and preferring some species of olives with respect to others. The complete novelty of the disease and the limited evidence available did not help responding to the crisis. Stakeholders, media, political parties and institutions even doubted that Xylella was truly responsible for the disorder and some still doubt it. The ground was fertile for conspiracy theories, exemplified by a judicial investigation accusing researchers to be the true responsible of the disease. Second, olives in the province of Lecce are not common trees. They represent a fundamental asset of the economy of that territory and they are protected as part of the historical landscape of the area. The economic and environmental values of olives set the stage for a fierce opposition by business, local stakeholders, and environmentalists, all committed to avoid the eradication of infected trees. Uncertain knowledge-base, failure in communicating risk, conspiracy theories, opposing interests and the combination of social, economic and environmental effects produced a dangerous mix for the public authorities responsible of the emergency. This resulted in several delays in setting up containment measures, obstacles during implementation and conflicts in the multi-level governance of risk. The paper will reconstruct the decision-making and implementation of the emergency in order to investigate the role of different factors in influencing public response and draw lessons for future crises.