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Convegno Sisp 2017

Sections and Panels

Section 9. Elezioni e comportamento di voto (Elections and voting behaviour)

Coordinators: Paolo Bellucci (paolo.bellucci@unisi.it), Antonella Seddone (antonella.seddone@unito.it)

Le democrazie contemporanee sono attraversate oggi da mutamenti profondi che mettono in discussione la legittimità dei loro attori politici e dei più classici processi di rappresentanza. Ad essere sfidati sono soprattutto i partiti politici e il loro ruolo nell’articolazione della rappresentanza politica. I recenti esiti elettorali negli Stati Uniti o le dinamiche competitive che si vanno a comporre in vista delle elezioni presidenziali in Francia sono spesso interpretati come segnali di una crisi del rapporto fra cittadini e politica, fra cittadini e partiti politici, a vantaggio di tendenze populiste di cui è talvolta difficile tracciare i contorni. E simili dinamiche si intravedono anche nella complessa situazione italiana dove l’incertezza delle regole elettorali si combina con un disorientamento strategico degli attori politici.

La crescita di sentimenti anti-partitici nell’opinione pubblica e l’incapacità dei partiti politici di elaborare adeguate strategie adattive si traducono dunque nel successo di attori politici populisti che sembrano meglio recepire il diffuso malcontento dei cittadini. Lo smantellamento delle organizzazioni di partito ha prodotto una virtuale assenza dei partiti stessi dal territorio, dove il party on the ground ha lasciato (ampio) spazio al party in central office e soprattutto al party in public office. E seppure le elezioni restino la principale arena in cui le organizzazioni di partito e cittadini si confrontano, i nuovi media offrono oggi spazi di interazione diretta che i leader sembrano utilizzare con grande consapevolezza strategica (talvolta anche a danno della dimensione collettiva ed organizzativa delle loro stesse strutture di partito).

Chiaramente si tratta di processi di lungo periodo di cui oggi è solo più facile rilevarne gli effetti sistemici. La crisi economica ha di fatto svelato la debolezza dei governi nazionali rispetto a logiche economico-finanziarie di natura sovranazionale che sfuggono alle briglie della politica e alle dinamiche inter-partitiche dei parlamenti domestici. L’Unione Europea, peraltro, ha spesso rafforzato questa percezione, confermando l’idea che i partiti non solo faticano a recepire, interpretare ed aggregare le domande che giungono dalla società, ma affrontano analoghe difficoltà nelle prassi di governo, con implicazioni rilevanti in termini di popolarità, da un lato, e responsiveness, dall’altro.

La sfida posta alle democrazie contemporanee è dunque quella di rinsaldare (se non rifondare) la relazione fra politica e società. Alla luce di queste considerazioni di carattere generale, questa sezione intende affrontare il tema del comportamento elettorale e dell’opinione pubblica sotto punti di vista differenti, ma che nel loro complesso mirano a restituire un’analisi efficace e completa delle dinamiche di mutamento che interessano i regimi democratici contemporanei.

In particolare si individuano quattro macro-dimensioni di riflessione teorica e indagine empirica.

Analisi della relazione fra cittadini e politica, con particolare attenzione a:
• Issue e leader voting, ossia il ruolo dei fattori di breve periodo nella scelta di voto, in contrasto con fattori di lungo periodo quali i legami sociali e le predisposizioni politiche
• Il ruolo dei social media, intesi come arene di comunicazione per partiti e leader, ma anche come ambienti di interazione e costruzione delle opinioni dei cittadini (nonché nuove frontiere per la partecipazione politica?)
• Il successo dei movimenti/partiti populisti, chiarendo (a) le condizioni sistemiche che favoriscono la crescita di consenso per movimenti/partiti populisti e (b) le determinanti socio-politiche che a livello individuale contribuiscono a spiegare il sostegno a issues e valori di stampo populista
• Euroscetticismo e il mutamento dell’opinione pubblica nei confronti dell’Europa. Conseguenze della crisi economica o problemi di legittimità democratica? L’EU come attore politico domestico nelle percezioni dei cittadini e nelle strategie dei partiti politici.
• Il ruolo dei sondaggi nella definizione delle strategie di partiti, leader ed elettori alla luce dei problemi di accuratezza predittiva ed efficace rilevazione del mutamento delle opinioni dei cittadini.

La conduzione delle elezioni, delle campagne elettorali e delle regole che determinano le logiche competitive intra ed inter partitiche, relativamente a:
• Il management delle elezioni, inteso come insieme di azioni e pratiche relative all'organizzazione delle elezioni (dagli aspetti procedurali a quelli logistici)
• La natura e il mutamento delle campagne elettorali alla luce del ruolo giocato dai nuovi media, considerando le strategie di partiti e candidati e gli effetti sugli elettori e sulle loro valutazioni politiche
• La politics delle leggi elettorali, quali implicazioni strategiche e quali esiti si celano nella definizione delle regole elettorali?
• Metodi di selezione dei candidati e dei leader e le loro conseguenze a livello partitico (conflittualità intra-partitica, personalizzazione), parlamentare (coesione parlamentare, responsiveness) e di rappresentanza (caratteristiche delle élites selezionate e potenziale rinnovamento)

Mutamento delle organizzazioni di partito e delle loro funzioni nei sistemi politici contemporanei, con particolare riferimento alle strategie adattive in risposta alle sfide esogene:
• Disintermediazione partitica e populismo, guardando ai mutamenti dei partiti politici in termini organizzativi ed ideologici, considerando il ruolo dei leader e le prassi di appello diretto agli elettori e le risposte dell’opinione pubblica
• Riforma del finanziamento pubblico ai partiti, quali implicazioni organizzative?
• Intra-party democracy e nuove forme di membership, ristrutturazione delle organizzazioni di partito fra inclusione e partecipazione, rinnovamento e tentativo di rinsaldare vecchi legami di appartenenza.
• Policy mood e ridefinizione ideologica, conseguenze della crisi economica
• Personalizzazione della politica e ruolo dei leader: risorsa, espediente mobilitativo o rischio?

Gli effetti sistemici delle elezioni e dei risultati elettorali, per quello che riguarda:
• Le elezioni amministrative, con riferimento alla tornata elettorale della primavera 2017, relativamente alla competizione tra candidati e coalizioni (e sperimentazione locale) e la trasformazione in atto nell'insediamento territoriale dei partiti
• I processi ed esiti del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016
• Strategie coalizionali e dinamiche competitive: quando regole e tempi sono incerti. Riflessioni sulle (im)probabili elezioni anticipate
• La ridefinizione delle piattaforme di policy in tempi di crisi: valence issues e position issues, cosa cambia?
• Popolarità dei governi e ciclo elettorale, gli effetti della crisi economica sulle strategie elettorali dei cittadini, economic voting fra reward e punishment
• Verso una nuova teoria normativa delle elezioni? Che significato assumono le elezioni nelle democrazie contemporanee investite dalle trasformazioni relative ai processi di governance sovra-nazionale, alle nuove tecnologie, alle sempre più diffuse forme di populismo?

Quelli proposti sono semplici suggerimenti mirati a stimolare la riflessione teorica sul più ampio tema dei mutamenti in atto nei regimi democratici contemporanei. Si sottolinea che vi è la massima apertura a proposte anche diverse, purchè le analisi – sviluppate in prospettiva comparata o single-case study – siano ancorate in ogni caso su solide basi empiriche e metodologiche.
 

Panel 9.1 Left-wing parties and the economic crisis: obstacle or opportunity?


This panel will examine the responses and reactions of left-wing parties to the economic and financial crisis. The crisis initially seemed to offer new opportunities to the Left. As banks collapsed and governments stepped in, there was the prospect of a return to a more regulated economy, with widespread state intervention and more attention to inequality. However, instead of triggering a resurgence of the Left, the crisis has seen austerity programmes being implemented across Europe. Despite a surge of support for a few new parties, like Syriza and Podemos, in many European countries the Left has suffered electoral setbacks.
The crisis also has a specifically EU-related dimension. The rules and regulations of Economic and Monetary Union restrict the policy options available to member-states, especially those in the euro-zone. In addition, when a number of countries had to apply to the EU for financial support in the form of bail-outs, this led to severe austerity conditions being imposed on countries receiving bailouts. The resulting economic, social and political crises have had a significant impact both on the EU itself and on left-wing parties.
The panel particularly welcomes proposals for papers that take into account a broad spectrum of left-wing parties, from social democratic to radical left. It also welcomes proposals looking at the relationship betweeen the EU and left-wing parties, although proposals relating to non-EU member states will also be considered. And while the primary focus is on political parties, the panel is open to proposals for papers looking at wider social movements of the Left, such as trade unions and street protest movements. The panel suggests examination of any or all of three core issues:
a) How did the Left respond to the crisis both programmatically and politically?
b) What does the crisis mean for the relationship between the Left and European integration?
c) What does the crisis mean for socialism as an economic, political and social project?

Chairs: Michael Holmes

Radical expansions: Similarities and differences across periods of ‘newness’ on the radical left
Giorgos Charalambous (giorgos.charalambous@gmail.com)
AbstractThis article is an attempt to draw historical parallels between different periods in the twentieth and twenty-first centuries, when left radicalism as an ideological current has manifested itself in ways that can be conventionally considered as new. Similarities and differences are drawn between movement cycles and configurations on the left of party systems across the main developments after 1968 and into the 1970s, Eurocommunism, the movements fighting for global justice and the post-2008 radical left, especially in southern Europe, where it peaked in its response to an aggressively neoliberal management of the economic crisis. The article considers both main types of left-wing political actors – political parties and social movements – embodying the organisers of the ideological current into social and political activity. From this two-level perspective, the analysis unfolds into two arguments. First, the ‘new’ radical left in southern Europe during the crisis has been new in terms of its expanded political profile and electoral following, essentially a reframing of social justice struggles premised around anti-austerity and radical democracy. Both the trend and ways towards an ‘opening up’ and the re-articulation of rhetoric, mobilisation practices and ideology are not new phenomena on the radical left. In this vein, they constitute syncopated expansions of the radical left’s cycle, gradually broadening its ideational, organizational and discursive scope. Second, in spite of multiple reappearances in the various phases of the radical left discussed, ideational, organizational and discursive differences still exist in terms of the social movements during the various peaks of ideological current expansion identified, the main difference between the Eurocommunists and today’s radical left parties being less obvious and mostly connected to what has come to be known as populism. The analysis concludes by suggesting a number of nuances when evaluating the political prospects of radical left actors in Europe, in its crisis-hit southern part especially.

“Bad for me, but I give in so easily”: governmental participation, the crisis, and electoral support for left parties
Paolo Chiocchetti (mail@paolochiocchetti.it)
AbstractRecent research (Hernandez and Kriesi, 2016; Hobolt and Tilley, 2016) has noted that the crisis is having unusual electoral effects, weakening the support for all mainstream parties (in government and in opposition) and favouring a rise of challenger and other non-mainstream parties. The present paper revisits the effects of financial crises and economic recessions on the electoral support for left (social democratic, radical left, and ecologist) parties, focusing on legislative elections in 15 Western European countries over the period 1989-2016. The main results are the following. First, electoral punishment for government parties is widespread but greatly increases at times of crisis, particularly when it is associated with sudden financial collapses. Secondly, radical left and social democratic parties suffer disproportionately from experiences of governmental participation compared to other party families. Thirdly, unlike the three scenarios presented by March and Keith (2016), and like previous structural crises in the 1930s and the 1970s, the great recession destabilised existing alignments and opened up a window of opportunity for the radical left (Chiocchetti, 2016). The necessary conditions to exploit it were limited previous governmental involvement, a populist renewal in discourse and organisation, a clear relational opposition to the moderate left, the presence of both main left-leaning and right-leaning parties in government during the crisis (in grand coalition or in sequence), and strong left-wing societal mobilisations. These findings do not bode well for the success of left parties currently in government (e.g. in Austria, Germany, Greece, Italy, Portugal, or Sweden). Beyond electoral strategy and sucess, the challenge for all left parties remains two-fold. On the one hand, they need to reinvent a development model reproducing in a changed form the defining features of the post-war mixed economy: high grow rates, full employment, social protection, and a wide social/geographical redistribution of the economic gains. On the other hand, this task inevitably clashes with the tight constraints posed by financialised capitalism, globalisation, and European integration, to which the left has so far failed to provide a convincing answer.

PROSPERITY V. POLICY: COMPARING THE TWO FACES OF ECONOMIC VOTING
Aldo Paparo (apaparo@luiss.it), Michael S. Lewis-Beck (michael-lewis-beck@uiowa.edu)
AbstractWhen we think of economic voting, we usually think of voters rewarding or punishing the government for economic boom or bust. This classic model holds the economy to be a valence issue, where everyone agrees on the goal of prosperity. Of course, the economic vote may instead be positional, with voters disagreeing about economic policy, such as progressive taxation. We know a lot about valence economic voting in democratic publics, but much less about positional economic voting. Here we examine the two types, assessing their effects in an original comparative election survey from seven leading democracies: Canada, Denmark, France, Germany, Italy, the United Kingdom, and the United States. After a series of tests and challenges, we conclude, perhaps surprisingly, that positional economic voting carries as much weight as valence economic voting.

Ten Years Later: On the left of Social-Democracy the Rise of the Anti-Austerity Left
Enrico Calossi (enrico.calossi@unipi.it)
AbstractThis paper aims at investigating, through the analysis of secondary literature, electoral manifestos, congress documents and media statements, which are the main common programmatic and ideological elements shared by those political parties situated on the left of the European Social-Democracy and whether a common definition for them can be individuated. Before the collapse of the Soviet Union those parties placed on the left of Social Democracy were collectively defined as “Communists”. After 1991, those parties increased their variety and difficultly they have been classified in a single coherent political family. Even, the literature distinguished them amongst several Left-wing subfamilies. Therefore, the non-Social Democratic Left has been defined as a less homogeneous party family than the Christian-democratic, Socialist, Green or Liberal ones. But recently things have changed. The neo-liberal austerity measures adopted in Europe through the very last years under the auspices of the mainstream parties and of the EU institutions not only have facilitated a broad rise of Eurosceptic and populistic responses, but also have reshaped the Left field geography, which now has to be reassessed. However, still a common definition for those parties is lacking. All the currently provided definitions (such as Radical, transformative, post-communist, far, hard, extreme, alternative, left of the left, new, just “Left”) seem to be insufficient in order to capture the specificities of such a kind of political parties or even bear many vices. Finding a “positive” definition currently seems to be undoable. On the contrary, a common denominator can be found on what these are parties are fighting against; and on the basis of that common denominator a “negative” definition can be attempted. Accordingly, the “Austerity Measures” seem to be the best candidate. And “Anti-Austerity Left Parties” emerges as a good definition.

Reshaping EU attitudes? The case of social democratic and radical left parties in Spain and Italy.
Davide Vittori (dvittori@luiss.it), Valeria Tarditi (valeria.tarditi@unical.it)
AbstractThe two party families in the left spectrum have historically displayed a different position toward the EU: on the one hand, the radical left parties (RLPs) are critical towards the neoliberal path of the integration process; on the other hand, social democratic parties (SDPs), similarly to the other mainstream forces (Taggart 1998), have shown a Europhile attitude, often using the EU to legitimize unpopular policies. The international economic crisis highlighted the influence exerted by the European constraints on the choices of national governments. Many European SDPs with a governing role during the crisis suffered electoral setbacks (Bayley et al. 2014) when privileging responsibility over responsiveness. Starting from these premises, the main aim of this paper is to answer these questions: eight years after the eruption of the crisis, to what extent do the two party families hold divergent positions towards the EU? Is it possible to identify a progressive transition of SDPs towards more critical stances on the EU, similar to those adopted by the RLPs? In relation to which aspects or policies? In order to answer these questions, we propose a binary comparison between Italy and Spain taking into consideration parties that belong to both parties’ families: the PSOE and the PD for the social democratic parties and IU-Podemos and RC-SEL-SI for the RLPs. Both countries displayed a general pro-European consensus among mainstream parties before the crisis; moreover, the impact of the economic and financial adjustments, while different, heavily affected the stability of party systems. Finally, before the success of Podemos, both social democratic parties had a confrontational attitude vis-à-vis RLPs. Through a detailed party manifestos and party documents analysis from 2008 to 2016, we will analyse their positions towards the EU, assessing the impact of intervening variables: the governing role of one or more parties, the electoral defeat and the change in the party internal balance of power, regardless of the electoral outcomes. Our hypothesis is that the electoral defeat is the main responsible of a changing attitude toward the EU in the SDPs cases, while the opposition role displayed by the RLPs allow them to maintain a quite coherent policy program, despite electoral defeat and the changing internal balance of power.

 

Panel 9.2 I voti di chi non conta. Questione sociale e comportamento elettorale in Italia (I)


I risultati delle elezioni in Italia sembrano confermare il consolidamento di alcune tendenze generali che investono le consultazioni popolari nelle cosiddette democrazie avanzate: aumento della volatilità elettorale, frammentazione dell’offerta partitica, progressivo indebolimento dei partiti tradizionali e maggiore influenza di fattori contingenti nella formazione della decisione di voto.
In Italia, soprattutto nel corso degli ultimi decenni, i comportamenti elettorali sono cambiati repentinamente e in misura significativa da una consultazione all’altra, anche come conseguenza delle trasformazioni dell’offerta partitica che – come mostrano gli eventi più recenti – sembra alquanto lontana da un approdo stabile e duraturo. Inoltre, alcuni studi sulle consultazioni più recenti mostrano che i tradizionali allineamenti tra partiti ed elettori, in particolare quelli basati sulle tradizionali dimensioni di conflitto economico, non sembrano in grado di offrire le coordinate essenziali per l’analisi e l’interpretazione del comportamento elettorale nel contesto del sistema politico italiano.
A tal proposito, la recente letteratura scientifica ha dimostrato come gli elettori più svantaggiati o “marginalizzati” dagli effetti dell’attuale crisi economica abbiano spesso manifestato il disagio e l’insoddisfazione per le proprie condizioni di vita, attribuendo il consenso a soggetti politici nuovi “anti-establishment”, difficilmente collocabili nello spazio politico tradizionale. Questo panel si propone, dunque, di raccogliere contributi sul comportamento di voto delle cosiddette “periferie sociali”, ossia di quei gruppi e ceti disagiati che sono rimasti maggiormente esposti agli effetti della ormai quasi decennale crisi economica e hanno sperimentato, nel proprio ciclo di vita, dinamiche di deprivazione sociale.
In questa prospettiva, sono benvenute quelle ricerche che intendono prendere in esame la relazione tra le molteplici forme di perifericità sociale ed economica, e gli esiti delle consultazioni popolari (referendum ed elezioni legislative o amministrative).
In questa prospettiva, sono particolarmente apprezzati gli studi su casi locali – per esempio grandi città capoluogo – che, a partire dai risultati elettorali, si propongano di esaminare, al più basso livello di disaggregazione possibile (quartieri, zone, sezioni ecc.), le trasformazioni nelle strategie euristiche adottate da quegli elettori maggiormente esposti al rischio di insicurezza economica e sociale.

Chairs: Domenico Fruncillo, Marco Valbruzzi

Discussants: Antonio Floridia

TO change 2016. Governare bene stanca. Il caso delle elezioni amministrative a Torino
Cristopher Cepernich (cristopher.cepernich@unito.it), Davide Pellegrino (davide.pellegrino@unito.it), Antonio Cittadino (antonio.cittadino@unito.it)
AbstractCrisi di legittimità o crisi di efficienza? Le elezioni amministrative di Torino 2016 hanno rappresentato un caso da manuale di voto anti-establishment delle periferie. L’affermazione di Chiara Appendino (Movimento 5 Stelle) al secondo turno con il 54,6% dei voti sul sindaco uscente di centro-sinistra Piero Fassino (45,4%) ha infatti interrotto una continuità di governo locale che si protraeva da circa un ventennio. Le analisi fin qui svolte hanno dimostrato l’esistenza di una città dalle fratture profonde che separano il centro dalla periferia. La coalizione di centro-sinistra ha dimostrato di poter vincere solo in 2 circoscrizioni su 10: quelle centrali e collinari, dove si concentrano i residenti con i redditi più elevati. Una tendenza, peraltro, già visibile nelle elezioni precedenti, sebbene in proporzioni meno evidenti. I candidati hanno innestato su questo contesto narrazioni di comunicazione elettorale opposte. Si sono così scontrate, anche aspramente, le retoriche del cambiamento - contrarie al cosiddetto «Sistema Torino» - e le retoriche della continuità, che vantavano i risultati conseguiti dalle amministrazioni di centro-sinistra lungo un ventennio dedicato alla trasformazione di Torino da città-fabbrica a metropoli post-industriale degli eventi, della cultura, del turismo. Lo studio che qui si propone intende, prima di tutto, mappare la geografia del voto nella città di Torino alla luce dei risultati elettorali del 2016 e delle elezioni amministrative precedenti a livello di Circoscrizione, di quartiere e sezione elettorale. Ciò sarà realizzato anche attraverso la realizzazione di mappe tematiche. Inoltre si intende esaminare le principali dinamiche di voto che possano spiegare le differenze del comportamento di voto tra gli abitanti del centro e quelli del resto della città. L’ipotesi di fondo è che le variabili relative all’insicurezza economica e sociale, pur presente in determinate aree della città, non bastino a spiegare la formazione di un clima d’opinione tanto ostile ad una classe dirigente.

Periferie e voto a sindaci “anti-sistema”: Un Confronto Nord-Sud. Napoli (2011-2016) e Torino (2016)
Pietro Sabatino (piesabatino@gmail.com), Ciro Clemente De Falco (ciroclemente.defalco@unina.it)
AbstractA partire dalle amministrative del 2011, equilibri politici consolidati a livello locale si sono incrinati, portando all'elezione di candidati – anche nelle medie e grandi città - in tutto o in parte estranei alle tradizionali coalizioni strutturate a livello nazionale. Questo fenomeno ha interessato indifferentemente aree urbane del Mezzogiorno (De Magistris, Napoli 2011-2016; Accorinti, Messina 2013) e del Centro-Nord Italia (candidati M5S a Parma, Livorno, Torino, Roma). In particolare nelle elezioni comunali del 2016 le analisi (Istituto Cattaneo, 2016) hanno fatto esplicito riferimento a una contrapposizione centro-periferia: una contrapposizione sia territoriale che socio-economica con le aree centrali delle grandi città orientate verso i partiti di governo e quelle periferiche che hanno decretato il successo di quei candidati che si pongono in aperta rottura con il sistema tradizionale dei partiti. Pare così essere ritornata d’attualità l’analisi tra quartieri “centrali” e “marginali”, legata cioè alla stratificazione sociale come variabile in grado di differenziare la scelta sul mercato elettorale, anche per la scelta del Sindaco. Con particolare riferimento ai temi proposti dalla sessione, l’obiettivo del contributo è rilevare come il voto a queste nuove elite “anti-sistema” al governo delle città si sia distribuito tra segmenti di popolazione con livelli divergenti di reddito, istruzione, occupazionale, cercando di verificare se esista una differente composizione del voto tra aree urbane del Nord e del Sud del Paese. Si è scelta così una lettura comparata dei risultati elettorali in due grandi aree urbane (Elezioni comunali Napoli 2011-2016 e Torino 2016) in territori del paese diversi per comportamento elettorale (Ruolo delle preferenze e della personalizzazione del voto al candidato sindaco) e metodi di costruzione del consenso a livello municipale, ma che in entrambi i casi hanno visto l'affermazione di coalizioni inedite e di profonda rottura (Luigi De Magistris a Napoli, Chiara Appendino a Torino) con l'establishment politico locale precedente. L’analisi statistica dei risultati elettorali è realizzata a livello sub-comunale (quartieri, circoscrizioni, singole sezioni elettorali) e incrociata con i principali indicatori socio-economici per le stesse unità territoriali di analisi.

Sarego (VI) e Mira (VE), prime amministrazioni a Cinque stelle in cerca di riconferma. Verso una possibile “normalizzazione” del MoVimento su scala locale?
Alessandro Testa (alessandrotesta.sisp@gmail.com)
AbstractNella primavera del 2012 il Movimento Cinque stelle compiva il suo primo salto di qualità vincendo le elezioni amministrative in quattro Comuni: Parma, Comacchio (FE), Mira (VE) e la piccola Sarego (VI). Presto sarebbero seguiti altri successi: il primo posto di lista alle elezioni regionali in Sicilia (ottobre 2012) e poi quello – clamoroso per un partito debuttante – alla Camera nel febbraio 2013. Rimasto però lontano dal governo del Paese (e anche da quello delle Regioni) perché regolarmente superato dalle coalizioni di centrosinistra e centrodestra, il M5S ha avuto maggiore fortuna elettorale a livello locale, con una serie di vittorie anno dopo anno, culminate con il trionfo del 2016 a Roma, Torino e in altri 18 Comuni, che hanno portato a 37 il numero complessivo dei sindaci eletti. Non a caso, quasi tutti in Comuni con più di 15mila abitanti, tanto che il M5S è stato definito dall’Istituto Cattaneo «una macchina da ballottaggio». Questi successi sono stati resi possibili dalla conquista di nuovi elettori già di centrodestra, che hanno integrato il primo nucleo storico di attivisti vicini al mondo dell’ambientalismo e dell’associazionismo civico radicale/antagonista. A cinque anni dalla vittoria di Parma e negli altri tre Comuni, e a pochi mesi dal giudizio degli elettori sui «concittadini» che li hanno amministrati, si impone un primo, parziale, bilancio delle esperienze di governo locale – rimaste confinate in tale ambito, dato che nessun sindaco è mai stato cooptato nel gruppo dirigente nazionale – del MoVimento. Alcune amministrazioni non possono più dirsi organiche al M5S per dimissioni (Pizzarotti a Parma) o espulsioni di sindaco e consiglieri (Quarto, Comacchio). Altri primi cittadini stanno invece cercando, tra alti e bassi, di onorare il patto con i propri elettori, unici titolari del potere di conferma o di sostituzione al termine del mandato. Una ricerca sul campo a Mira – dove però il sindaco non si ricandida – e Sarego (dove si vota a turno unico) analizzerà pertanto, mediante questionari ed interviste qualitative, la percezione delle performance amministrative delle due amministrazioni pentastellate “superstiti” in scadenza, le motivazioni del voto al M5S nel 2012 e nel 2017, e la sua base sociale. I dati verranno messi a confronto con l’opinione dei cittadini-elettori in merito alla formazione politica nazionale e alla loro propensione a votarla, alla ricerca di una possibile prima “normalizzazione” del MoVimento a livello locale.

Periferie sociali e comportamento di voto nella città di Bologna
Marco Valbruzzi (marco.valbruzzi@gmail.com)
AbstractL’avvento della recente crisi economica ha indotto alcuni studiosi a riflettere sulle trasformazioni nel comportamento degli elettori in relazione alle mutate condizioni socio-economiche delle democrazie contemporanee. All’interno di questo nuovo contesto, è tornato sull’agenda il tema delle cosiddette “periferie” sociali e dei loro mutevoli atteggiamenti nei confronti della politica e dei partiti tradizionali. Allo scopo di analizzare più nel dettaglio tale fenomeno, questo paper si propone di identificare le basi sociali del comportamento degli elettori nella città di Bologna. Utilizzando dati elettorali e socio-economici disaggregati a livello di singola sezione elettorale, il paper offrirà una prima analisi della relazione tra marginalità sociale e comportamento elettorale nel corso dell’ultimo decennio. In particolare, si cercherà di valutare se e in che misura i partiti di recente formazione e con un atteggiamento prevalentemente anti-establishment presentano un elettorato socialmente diversificato e più “periferico” rispetto ai partiti tradizionali o mainstream.

 

Panel 9.2 I voti di chi non conta. Questione sociale e comportamento elettorale in Italia (II)


I risultati delle elezioni in Italia sembrano confermare il consolidamento di alcune tendenze generali che investono le consultazioni popolari nelle cosiddette democrazie avanzate: aumento della volatilità elettorale, frammentazione dell’offerta partitica, progressivo indebolimento dei partiti tradizionali e maggiore influenza di fattori contingenti nella formazione della decisione di voto.
In Italia, soprattutto nel corso degli ultimi decenni, i comportamenti elettorali sono cambiati repentinamente e in misura significativa da una consultazione all’altra, anche come conseguenza delle trasformazioni dell’offerta partitica che – come mostrano gli eventi più recenti – sembra alquanto lontana da un approdo stabile e duraturo. Inoltre, alcuni studi sulle consultazioni più recenti mostrano che i tradizionali allineamenti tra partiti ed elettori, in particolare quelli basati sulle tradizionali dimensioni di conflitto economico, non sembrano in grado di offrire le coordinate essenziali per l’analisi e l’interpretazione del comportamento elettorale nel contesto del sistema politico italiano.
A tal proposito, la recente letteratura scientifica ha dimostrato come gli elettori più svantaggiati o “marginalizzati” dagli effetti dell’attuale crisi economica abbiano spesso manifestato il disagio e l’insoddisfazione per le proprie condizioni di vita, attribuendo il consenso a soggetti politici nuovi “anti-establishment”, difficilmente collocabili nello spazio politico tradizionale. Questo panel si propone, dunque, di raccogliere contributi sul comportamento di voto delle cosiddette “periferie sociali”, ossia di quei gruppi e ceti disagiati che sono rimasti maggiormente esposti agli effetti della ormai quasi decennale crisi economica e hanno sperimentato, nel proprio ciclo di vita, dinamiche di deprivazione sociale.
In questa prospettiva, sono benvenute quelle ricerche che intendono prendere in esame la relazione tra le molteplici forme di perifericità sociale ed economica, e gli esiti delle consultazioni popolari (referendum ed elezioni legislative o amministrative).
In questa prospettiva, sono particolarmente apprezzati gli studi su casi locali – per esempio grandi città capoluogo – che, a partire dai risultati elettorali, si propongano di esaminare, al più basso livello di disaggregazione possibile (quartieri, zone, sezioni ecc.), le trasformazioni nelle strategie euristiche adottate da quegli elettori maggiormente esposti al rischio di insicurezza economica e sociale.

Chairs: Domenico Fruncillo, Marco Valbruzzi

Discussants: Gianluca Passarelli

Marginalità sociale e comportamento di voto a Napoli: contraddizioni e discontinuità
Domenico Fruncillo (dfruncillo@unisa.it)
AbstractI risultati elettorali a Napoli sono stati in molte occasioni analoghi a quelli che si registravano a livello nazionale, ma non di rado sono stati piuttosto diversi. E, inoltre, essi sembravano l'esito di tendenze differenti se non addirittura contrastanti. Spesso nella città partenopea sono state premiate le forze politiche che avevano la responsabilità del governo nazionale. Tuttavia in alcune circostanze, e per periodi niente affatto brevi, sono stati registrati risultati positivi di forze politiche eterodosse o collocate alle estremità dello schieramento politico. Si pensi alla vicenda politica di Achille Lauro o all’insediamento politico-organizzativo ed elettorale del Pci e dei suoi eredi i quali hanno guidato anche l’amministrazione comunale. Insomma a Napoli, come in altre aree del Mezzogiorno, e al contrario di quanto è accaduto in altre zone del Paese, il comportamento di voto no sembrava segnato da stabilità e continuità nel tempo. Ciononostante non può essere escluso un certo grado di allineamento tra le condizioni socio-economiche dei cittadini e le loro scelte di voto. Proprio tenendo conto della specificità della citta di Napoli, il paper si propone di analizzare il comportamento di voto in diverse aree subcomunali. Il presupposto è che il diverso profilo socio-economico delle unità territoriali subcomunali sia associato a esiti elettorali o, più specificamente, a livelli di consenso differenti per i partiti e i candidati. Ci si propone di valutare l’ipotesi che le aree segnate da maggiore disagio e svantaggio socio-economico, registrino un maggiore livello di consenso per i soggetti politici che secondo una impostazione tradizionale sarebbero più attenti e sensibili alle esigenze e ai bisogni dei ceti sociali periferici. Dopo aver delineato un breve profilo elettorale della città di Napoli, l’analisi sarà cercherà di individuare e selezionare i principali indicatori che consentono di caratterizzare e distinguere le unità territoriali subcomunali sotto il profilo socioeconomico. L’analisi sarà sviluppata al massimo livello di disaggregazione possibile tenendo conto della disponibilità per ciascuna unità sia dei risultati elettorali che dei dati socio-economici. Infine, saranno analizzati i risultati elettorali in ciascuna unità subcomunale per valutare la nostra ipotesi di fondo secondo cui gli elettori più svantaggiati o “marginalizzati” dagli effetti dell’attuale crisi economica manifestino il disagio e l’insoddisfazione per le p

“Roma Rome”. Perifericità socioeconomica e voto nella Capitale.
Francesco Marchiano' (francesco.marchiano@uniroma1.it), Domenico Fruncillo (dfruncillo@unisa.it)
AbstractIl paper si propone di analizzare i risultati elettorali a Roma, per valutare se nella più grande città italiana si possano invenire segnali della relazione tra comportamento di voto e condizione sociale. In genere le grandi capitali mostrano un voto spesso diverso da quello del resto dei propri Paesi. Talvolta, vi sono casi di città che sono delle vere subculture politiche con una lunga tradizione di voto orientata da una sola parte. Un esempio evidente è quello della città di Vienna. Ma casi simili si possono rinvenire anche altrove. Il caso romano non rientra in questa categoria, non avendo una tradizione di voto consolidata da una sola parte. Nello stesso tempo, però, pur presentando casi di discontinuità del voto, non segue neanche il trend prevalente. Piuttosto, il voto romano appare molto sensibile al tipo di elezione. Per esempio, nel 2001, nella città si votava contemporaneamente per le politiche e per le amministrative. Nelle prime vinse abbondantemente il centrodestra, ma alle amministrative prevalse una coalizione di centrosinistra guidata da Walter Veltroni. Nel 2008, si votava contemporaneamente per le politiche, per le comunali e per le provinciali. Alle politiche, sia alla Camera che al Senato, vinse la coalizione di centrosinistra, sconfitta a livello nazionale. Alle comunali, al ballottaggio, vinse invece il centrodestra, mentre alle provinciali, nei collegi della capitale prevalse il candidato del centrosinistra Nicola Zingaretti. E soprattutto Il voto romano, infine, è stato clamoroso nel 2016 quando, per la prima volta, la poltrona del Campidoglio è stata conquistata dal M5s. L’autonomia della città rispetto a contesti elettorali più ampi (provincia, regione, intero Paese) al suo interno è tutt’altro che omogenea. Osservando il voto nelle unità subcomunali si notano, spesso, tendenze di segno diverso e opposto. È lecito, allora, domandarsi se queste tendenze diverse siano associabili a caratteristiche specifiche sotto il profilo socio-economico di ciascuna di queste unità. Questo paper parte proprio da questa ipotesi. In particolare, si suppone che nelle aree più svantaggiate, soprattutto per effetto della crisi economica, il voto venga utilizzato per esprimere il proprio disagio, punendo chiunque in un momento specifico rappresenti di più le forze di governo e premiando chi, con più vigore, vi si oppone. Dopo una breve introduzione al voto nella città di Roma, si proverà a disegnare un indice di perifericità per ciascuna unità subcomunale utilizzando alcuni indicatori socio economici. L’analisi cercherà di mantenere il più alto livello di disaggregazione dei dati. Infine, saranno analizzati i risultati elettorali di ciascuna unità subcomunale per verificare l’ipotesi iniziale.

Il voto e il disagio sociale a Palermo. Quali indicazioni per il domani?
Francesca Montemagno (francesca.montemagno@gmail.com), Mauro Davì (davi.mauro@hotmail.com)
AbstractQuesti ultimi mesi sono stati e saranno, per la città di Palermo, ricchi di appuntamenti elettorali. Il 4 dicembre 2016 gli elettori palermitani sono stati chiamati a votare al referendum per approvare o respingere la riforma costituzionale; Palermo sarà la più grande città italiana chiamata a rinnovare sindaco e consiglio comunale nel giugno prossimo e a novembre il Presidente della Regione e i Deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana. In Italia, la consultazione referendaria si è conclusa con la netta affermazione del No, che ha conquistato il 59,12% dei consensi contro il 40,88% del Sì. Il divario in favore del No è stato ancora più netto nell'area meridionale del paese, la città di Palermo si è presentata come uno dei capoluoghi di provincia più chiaramente schierati contro la riforma, col suo 72,31% di suffragi per il No. Tale inequivocabile risultato è figlio delle stesse dinamiche che hanno caratterizzato lo scenario nazionale o sono presenti delle peculiarità locali? Con questo lavoro si tenterà di rispondere a questa domanda, inoltre, lo studio ha l’obiettivo di approfondire il risultato del voto amministrativo, reso ancora più interessante dalle rinnovate regole del gioco. Il prossimo giugno si metteranno infatti alla prova per la prima volta le modifiche introdotte alla L.R. 35 del 1997, che regola l’elezione dei sindaci e dei consiglieri comunali in Sicilia, decise lo scorso agosto dal Parlamento siciliano. Si cercherà di cogliere l'esistenza di eventuali riallineamenti dell'elettorato, attraverso il confronto tra i risultati delle tornate elettorali oggetto della nostra indagine e quelli di elezioni precedenti. Lo scopo di questo lavoro è svolgere una puntuale analisi della geografia elettorale interna della città a partire da un lavoro di segmentazione territoriale: verranno riaggregati i voti delle 600 sezioni elettorali cittadine al livello delle 55 Unità di Primo Livello (UPL), vecchia suddivisione amministrativa non più in uso ma ancora sfruttata per scopi statistici, vista la sua corrispondenza ai quartieri storici della città (Emanuele, 2012). Alla base delle indagini vi sarà l’analisi del rapporto tra i risultati elettorali e un Indice di Disagio Sociale (IDS), con l’obiettivo di analizzare il voto di chi “non conta”. Si terranno inoltre in considerazione altri studi effettuati sulla città, come i flussi elettorali fra le elezioni politiche del 2013 e il referendum del 2016, calcolati dall'Istituto Cattaneo.

Gli elettori di Milano dal centro alle periferie
Marta Regalia (marta.regalia@hotmail.it)
AbstractGli studi di Verba e colleghi hanno dimostrato l’esistenza di una relazione (positiva) tra status socio/economico e partecipazione politica. Non si può tuttavia affermare lo stesso per quanto riguarda la relazione tra status socio-economico e preferenze elettorali. Non sempre, cioè, le classi più disagiate votano per i partiti di sinistra (che si presuppone siano più vicini ai loro interessi) e le classi più avvantaggiate per i partiti di destra. Il paper si propone di indagare tale relazione analizzando il comportamento elettorale degli elettori milanesi negli ultimi 15 anni. Utilizzando i dati al massimo livello di disaggregazione disponibile, si cercherà di mettere in relazione i principali indicatori socio-economici con il comportamento elettorale. Attraverso un’indagine ecologica, verrà messa alla prova l’ipotesi secondo la quale i ceti maggiormente disagiati abbiano progressivamente reindirizzato le proprie preferenze verso i (nuovi) partiti anti-establishment.

 

Panel 9.3 Le primarie per l'elezione diretta del segretario PD: analisi e interpretazioni (I)


La crisi dei partiti, la diminuzione dei loro iscritti e il calo della partecipazione hanno favorito il ricorso a nuovi strumenti di democrazia. Tali strumenti hanno riguardato soprattutto la ridefinizione dei meccanismi di selezione delle candidature e della leadership, sempre più aperti alla partecipazione non soltanto degli iscritti, ma anche di simpatizzanti ed elettori. Le elezioni primarie in Italia, grazie all’elevata partecipazione che le ha contraddistinte, sono progressivamente diventate uno dei più consolidati strumenti di intraparty democracy, fino a rappresentare un elemento fondante per la scelta dei candidati alle cariche monocratiche istituzionali dei partiti di centro-sinistra e dei dirigenti di vertice del Partito Democratico, a partire dall’elezione del segretario attraverso cosiddette “primarie semiaperte”.
Il panel si propone di accogliere contributi di ricerca sulle primarie per l’elezione diretta del Segretario PD allo scopo di indagare gli esiti di quella consultazione nei suoi diversi aspetti, oltre che di analizzare le conseguenze che essa potrà avere sulla forma organizzativa del PD, sulle strategie poste in essere dal suo gruppo dirigente, sugli orientamenti dei selettori rispetto alle elezioni politiche che seguiranno. I contributi in questione dovranno essere suffragati da riscontri empirici, ricavabili dall’utilizzo di dati di sondaggio di questa e delle precedenti primarie, così come da altre fonti inerenti il PD, la sua organizzazione, i gruppi dirigenti, gli iscritti e i suoi elettori. Oltre alle analisi di tipo diacronico, che dovranno riguardare soprattutto il comportamento degli elettori e le caratteristiche socio-anagrafiche e politiche del selettorato, saranno ben accetti contributi concernenti l’analisi sincronica comparata per ambiti territoriali, così come il confronto con le precedenti primarie. Particolarmente gradite, anche a seguito delle divisioni intervenute nel centro-sinistra, saranno analisi volte a verificare, in chiave sincronica e diacronica, gli atteggiamenti di lealtà e defezione di selettori e candidati rispetto al passato e in vista delle prossime elezioni. Altri possibili contributi potranno riguardare la campagna elettorale, i programmi e le proposte dei candidati, la copertura informativa, la dialettica interna al PD e agli altri partiti di centro-sinistra, le prospettive che per essi si aprono del PD in vista delle prossime elezioni politiche.

Chairs: Roberto De Luca, Luciano Mario Fasano

Discussants: Domenico Fruncillo

THE LEADER I WANT! L’analisi delle motivazioni di voto alle elezioni del leader PD
ANTONELLA SEDDONE (antonella.seddone@unito.it), FABIO SOZZI (fabio.sozzi@unige.it)
AbstractLe primarie aperte consentono a iscritti e simpatizzanti di esercitare un ruolo decisivo in momenti cruciali della vita interna di un partito politico - come ad esempio la scelta dei candidati per un appuntamento elettorale o la scelta dello stesso leader di partito. Chiaramente la posta in gioco è differente quando si parla di nominations o party leadership, così come sono diverse le potenziali conseguenze organizzative prodotte dall’allargamento del selectorate. Tuttavia che si tratti di nominations o party leadership, iscritti e simpatizzanti partecipando a primarie aperte condividono un potere del tutto simile, anche se a fronte di un differente livello di coinvolgimento nella vita interna al partito. Quando iscritti e selettori sono chiamati entrambi a esprimere una preferenza sul leader del partito, il differente impegno organizzativo ha un impatto anche sulle motivazioni che incidono sulla scelta dei candidati. Le elezioni per la selezione del leader PD offrono la possibilità di indagare su questo aspetto adottando una prospettiva longitudinale. Il PD ha fatto uso di elezioni primarie aperte sin dalla sua fondazione nel 2007, e queste elezioni inclusive sono entrate ormai nella routine partecipativa del partito divenendo un tratto identitario. È quindi opportuno comprendere se nel tempo le distinzioni fra iscritti e simpatizzanti si siano affievolite o se permangano orientamenti e motivazioni differenti a guidare la scelta del leader di iscritti e simpatizzanti. In questo paper si individuano quattro differenti logiche di voto che guidano la scelta del leader di partito: a) il voto personale, vale a dire l’apprezzamento per le caratteristiche personali del leader; b) il voto di appartenenza, ossia il riconoscimento di una precisa identificazione ideologica fra leader e partito; c) il voto di opinione, e cioè l’idea che il leader rappresenti i propri valori personali, al di là delle connotazioni ideologiche o politiche del partito; d) il voto strategico, in altre parole la valutazione sull’electability del leader. Facendo ricorso a dati di exit-poll (2007, 2009, 2013 e 2017) si offriranno nel paper due ordini di analisi: una prima sezione descrittiva ricostruirà i profili dei selettori sulla base dei quattro modelli di voto individuati, sottolineando le potenziali differenze socio-politiche che li connotano; la seconda sezione di natura inferenziale intende chiarire quali siano i fattori che spiegano le motivazioni del voto alle elezioni primarie.

La selezione del leader: le regole, i candidati, gli schieramenti
Fulvio Venturino (fventurino@unica.it)
AbstractOrmai da alcuni decenni, i partiti operanti in diversi paesi reagiscono alle sfide portate loro dai mutamenti ambientali, quali l’innovazione tecnologica e i cambiamenti culturali dei cittadini. Una delle soluzioni più innovative e più diffuse consiste nel ricorso a procedure di democrazia interna. Nel recente passato, di conseguenza, molti partiti hanno iniziato ad affidarsi agli iscritti per le decisioni relative alla selezione dei candidati e alla scelta del leader. Nell’ambito di queste tendenze, i partiti del centrosinistra italiano, e segnatamente il Partito Democratico, si segnalano per avere attribuito poteri decisionali non solo ai propri iscritti, ma anche a elettori e simpatizzanti privi di un formale rapporto di affiliazione. Questo paper prende in esame le elezioni primarie disputate da Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano il 30 aprile 2017 per accedere alla carica di Segretario Nazionale del Partito Democratico. In particolare, verranno esposte le regole relative alle modalità delle candidature, all’attribuzione e all’esercizio del diritto di voto, oltre alle norme elettorali adottate per la votazione dell’Assemblea Nazionale. Inoltre, verranno trattate le strategie di comportamento scelte dai candidati in reazione agli incentivi forniti dal complesso delle regole impiegate.

Il voto degli iscritti per l'elezione diretta del Segretario. Partecipazione e competizione nei circoli del PD.
Stefano Rombi (rombistefano@gmail.com), Vincenzo Emanuele (vincenzoemanuele@hotmail.it)
AbstractNel lungo iter congressuale per la selezione della leadership del Partito Democratico il voto nei circoli rappresenta il primo, obbligato, passaggio. Secondo quanto prevede lo Statuto, l’accesso alle primarie aperte è vincolato al superamento della soglia del 5% fra gli iscritti. Nel marzo del 2017 gli oltre seimila circoli del partito hanno votato per scegliere il nuovo segretario (e i membri delle convenzioni provinciali) fra Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano. In presenza di una partecipazione in crescita rispetto al 2013 (ma a fronte di un marcato declino degli iscritti), i tesserati del partito hanno premiato in massa il segretario uscente: Renzi ha infatti vinto con il 67% contro il 25% di Orlando e l’8% di Emiliano. Questo paper analizza le dinamiche di partecipazione al voto e i risultati delle convenzioni dei circoli. Particolare attenzione sarà dedicata a due aspetti: la struttura territoriale della partecipazione del voto e il confronto longitudinale con le primarie precedenti. Dall'analisi sembrerebbe che il PD abbia assunto un nuovo volto: quello del partito a fazione predominante.

Il voto ai gazebo: analisi del voto, partecipazione e competizione
Federico Russo (federico.russo@unisalento.it), Fabio Serricchio (fabioserricchio@gmail.com)
AbstractIl 30 aprile 2017 quasi 2 milioni di persone si sono recate ai gazebo del Partito Democratico per sceglierne il segretario, riconfermando a larghissima maggioranza la leadership di Matteo Renzi. I numeri dei partecipanti possono essere considerati un segno di crisi dello strumento primarie, dato il confronto con i fast del recente passato, oppure come segno che il PD riesce ancora a mobilitare i propri sostenitori anche in assenza di una reale competizione. Le candidature di Michele Emiliano e Andrea Orlando, pur parlando a settori ben identificati dell'elettorato PD, non hanno mai dato l'idea di poter impensierire il segretario uscente. Le analisi di questo paper si concetrano sui numeri della partecipazione e sulla loro distribuzione territoriale, per leggere le primarie del 2017 nella giusta prospettiva.

Retorica populista e frame narrativi nelle Primarie PD 2017
Giovanni Brancato (giovanni.brancato@uniroma1.it), Melissa Stolfi (melissa.stolfi@uniroma1.it)
AbstractLa classe politica delle democrazie contemporanee si trova dinanzi ad una sfida legata al crescente disinteresse e alla sempre maggiore disaffezione da parte dei cittadini-elettori. In questo contesto si inserisce la nascita e il rapido affermarsi di quei fenomeni che, per sottolinearne la prossimità temporale agli osservatori, sono classificati sotto l’etichetta di neo-populismi. Si tratta, come già per il populismo tradizionalmente inteso, di fenomeni leggibili attraverso tre dimensioni: populismo come ideologia, come strategia politica o ancora come stile discorsivo. Inoltre, restano al centro dei neopopulismi gli elementi fondamentali del richiamo alla sovranità del popolo e alla disintermediazione nel rapporto tra il popolo e il leader. Proprio in riferimento a questi ultimi aspetti, è interessante focalizzare l’attenzione sul fenomeno delle primarie per l’elezione del leader di un partito o del candidato che sarà espressione di quello stesso partito in campagna elettorale. L’allargamento all’intera cittadinanza, e non soltanto agli iscritti e ai loro delegati, della possibilità di eleggere direttamente un referente per le proprie istanze socio-economico-politiche, che idealmente si farà portavoce degli interessi della collettività che lo ha sostenuto, può rappresentare, in chiave partecipativa, una declinazione “virtuosa” di quelle che sono le dimensioni proprie del populismo. In questo scenario, rinnova la sua centralità il sistema dei media, agenti amplificatori e animatori di un processo di “incorniciamento” della politica che, anche e soprattutto in un sistema mediale ibrido, passa per l’arena dei talk show d’approfondimento. È in tale contesto che si inserisce questo contributo, che intende concentrare l’attenzione sulla dimensione sopra richiamata del populismo come stile discorsivo, e segnatamente televisivo, portando come caso di studio le Primarie del Partito Democratico dello scorso 30 aprile 2017. Partendo dagli interventi televisivi dei tre candidati (Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano) nei talk show delle sette reti generaliste (Rai1, Rai2, Rai3, Rete4, Canale5, Italia1, La7) nei 30 giorni antecedenti alle elezioni, si individueranno: a. gli elementi dello stile discorsivo dei tre candidati che possano contribuire alla definizione di “stile populista”; b. i frame narrativi utilizzati, nell’ipotesi che l’uso di tale stile comunicativo sia funzionale alla costruzione di una più ampia “narrazione populista”.

 

Panel 9.3 Le primarie per l'elezione diretta del segretario PD: analisi e interpretazioni (II)


La crisi dei partiti, la diminuzione dei loro iscritti e il calo della partecipazione hanno favorito il ricorso a nuovi strumenti di democrazia. Tali strumenti hanno riguardato soprattutto la ridefinizione dei meccanismi di selezione delle candidature e della leadership, sempre più aperti alla partecipazione non soltanto degli iscritti, ma anche di simpatizzanti ed elettori. Le elezioni primarie in Italia, grazie all’elevata partecipazione che le ha contraddistinte, sono progressivamente diventate uno dei più consolidati strumenti di intraparty democracy, fino a rappresentare un elemento fondante per la scelta dei candidati alle cariche monocratiche istituzionali dei partiti di centro-sinistra e dei dirigenti di vertice del Partito Democratico, a partire dall’elezione del segretario attraverso cosiddette “primarie semiaperte”.
Il panel si propone di accogliere contributi di ricerca sulle primarie per l’elezione diretta del Segretario PD allo scopo di indagare gli esiti di quella consultazione nei suoi diversi aspetti, oltre che di analizzare le conseguenze che essa potrà avere sulla forma organizzativa del PD, sulle strategie poste in essere dal suo gruppo dirigente, sugli orientamenti dei selettori rispetto alle elezioni politiche che seguiranno. I contributi in questione dovranno essere suffragati da riscontri empirici, ricavabili dall’utilizzo di dati di sondaggio di questa e delle precedenti primarie, così come da altre fonti inerenti il PD, la sua organizzazione, i gruppi dirigenti, gli iscritti e i suoi elettori. Oltre alle analisi di tipo diacronico, che dovranno riguardare soprattutto il comportamento degli elettori e le caratteristiche socio-anagrafiche e politiche del selettorato, saranno ben accetti contributi concernenti l’analisi sincronica comparata per ambiti territoriali, così come il confronto con le precedenti primarie. Particolarmente gradite, anche a seguito delle divisioni intervenute nel centro-sinistra, saranno analisi volte a verificare, in chiave sincronica e diacronica, gli atteggiamenti di lealtà e defezione di selettori e candidati rispetto al passato e in vista delle prossime elezioni. Altri possibili contributi potranno riguardare la campagna elettorale, i programmi e le proposte dei candidati, la copertura informativa, la dialettica interna al PD e agli altri partiti di centro-sinistra, le prospettive che per essi si aprono del PD in vista delle prossime elezioni politiche.

Chairs: Roberto De Luca, Luciano Mario Fasano

Discussants: Fulvio Venturino

LEALI E DEFEZIONISTI: FEDELTÀ AL PARTITO O AL CANDIDATO?
Bruno Marino (bruno.marino87@gmail.com), Marco Valbruzzi (marco.valbruzzi@gmail.com)
AbstractL’apertura delle regole di selezione dei leader di partito è uno dei fenomeni più studiati dalla scienza politica negli ultimi anni. Varie interpretazioni sono state proposte per spiegare le motivazioni alla base della decisione di permettere ad un selettorato più ampio che in passato di eleggere il leader di un partito. Tuttavia, andrebbero dettagliatamente analizzate non solo le motivazioni alla base di questa apertura, ma anche le sue conseguenze. Nello specifico, in questo paper ci concentreremo su due scelte dei selettori: iscriversi (o rinnovare l’iscrizione) al PD e votare per il PD alle successive elezioni politiche. Tali scelte rappresentano infatti due momenti cruciali per un partito politico: mantenere (o espandere) la propria membership e mantenere (o espandere) il proprio sostegno nell’elettorato. Queste decisioni dei selettori possono essere influenzate da molti fattori, in primis la vittoria del candidato preferito per la segreteria del partito. Nel caso il candidato votato (o il candidato preferito) non abbia conseguito un risultato soddisfacente, i selettori di tale candidato potrebbero essere tentati di uscire dal partito o di non votarlo alle successive elezioni politiche. In questo paper analizzeremo queste due scelte dei selettori del PD grazie ai dati del sondaggio di Candidate and Leader Selection (C&LS) realizzato durante le ultime primarie del Partito Democratico. Inoltre, analizzeremo l’evoluzione di queste due scelte rispetto alle elezioni primarie del 2009 e del 2013. Anche in questo caso, utilizzeremo i dati dei sondaggi realizzati da C&LS in occasione delle elezioni primarie del 2009 e del 2013.

Strategie di voto e percezione dei candidati. Dalla validità all’eleggibilità, dal breve al lungo termine
Giancarlo Minaldi (giancarlo.minaldi@unikore.it), Sorina Cristina Soare (sorinacristina.soare@unifi.it)
AbstractParte rilevante della letteratura sulle primarie di partito si focalizza sulle motivazioni del voto e sulle conseguenze a livello di partito dell’adozione di procedure più aperte per la selezione dei leader e dei candidati (Scarrow et al. 2000, Bille 2001, Rahat e Hazan 2001, Pilet e Cross 2013). Questo contributo si propone di analizzare due delle dimensioni rilevate dalla letteratura per spiegare le dinamiche del voto nelle elezioni primarie (Abramson et. al. 1992). Più precisamente, ci proponiamo in primo luogo di analizzare quanto la valutazione delle probabilità dei candidati in lizza di ottenere la nomination del partito (prospettiva di breve termine di essere eletto segretario) abbia influito sulle scelte dei selettori alle primarie del PD del 30 aprile 2017. In diretto collegamento, sarà poi analizzato il rilievo attribuito alla probabilità dei vari candidati di vincere le prossime elezioni (la cosiddetta prospettiva di medio-lungo periodo). Oltre all’identificazione delle motivazioni del voto per ciascun candidato, la valutazione comparata delle preferenze e delle probabilità di successo dei vari candidati in lizza consente di analizzare la prospettiva dei selettori. Sul piano diacronico, benché i partecipanti alle competizioni del 2013 e del 2017 siano diversi, sia pur con la rilevante eccezione di Matteo Renzi, l’analisi comparata può fornire indicazioni assai rilevanti circa l’evoluzione degli orientamenti dei selettori, in particolare per quel che attiene alla percezione dell’attuale segretario del PD. I dati utilizzati per l’analisi delle proprietà sopradescritte sono quelli collezionati dallo standing group C&LS della Sisp che consentono di effettuare proficue esplorazioni sincroniche e diacroniche.

Il gioco delle parti. Matricole vs. veterani alle “primarie” Pd 2013 e 2017
Alessandro Testa (alessandrotesta.sisp@gmail.com), Giulia Vicentini (giulia.vicentini@sns.it)
AbstractQuando nel 2012 il «rottamatore» Matteo Renzi sfidò l’allora segretario del Pd Pier Luigi Bersani per la candidatura a premier della coalizione “Italia. Bene comune”, la sua forza innovatrice si palesò soprattutto nella capacità di portare al voto persone – soprattutto giovani – che non avevano mai preso parte alle primarie del centrosinistra. Di contro, la sua sconfitta è stata causata proprio dall’incapacità di far breccia nel tradizionale elettorato del Pd, composto in gran parte da ultracinquantenni, veterani delle primarie (nazionali e/o locali). Un anno dopo, di fronte alla «mancata vittoria» del Pd alle elezioni del febbraio 2013 e al successivo cupio dissolvi della dirigenza proveniente dal Pci-Pds-Ds, Renzi ha trionfato alle c.d. “primarie” per la leadership aggiungendo una buona fetta del tradizionale elettorato della “ditta” a quanti nel 2012 avevano o avrebbero voluto votare per lui. Nel 2017 – dopo quasi tre anni a Palazzo Chigi, interrotti dalla bocciatura al referendum sulla riforma della Costituzione – Renzi ha puntato nuovamente tutto sulle primarie. Questa volta non era solamente il grande favorito, ma vantava anche un controllo pressoché totale del partito, che gli garantiva contemporaneamente i ruoli di incumbent di fatto (dato che i suoi vicesegretari erano rimasti in carica) e di favorite son. Lecito pertanto attendersi che questa volta l’ex premier puntasse soprattutto su una massiccia mobilitazione dei “veterani” (tra cui ora si conteggiano anche le ex “matricole” del 2012 e del 2013). Renzi del resto era l’unico candidato con precedenti esperienze di primarie a livello nazionale: Emiliano aveva corso solo nella sua Puglia, mentre Orlando – per di più indebolito dall’addio al Pd del gruppo che fa capo a D’Alema, Bersani e Speranza – era un debuttante assoluto. Come già nel 2012, quindi, solamente una massiccia partecipazione al voto di nuovi selettori (che non c’è stata) avrebbe potuto consentire a uno dei due sfidanti una “scalata” al vertice del Pd. Il paper si concentrerà pertanto sull’analisi della partecipazione di matricole e veterani alle “primarie” Pd 2017, a confronto con le precedenti. I dati raccolti sul loro voto, combinati con le informazioni relative ad età, interesse per la politica e posizionamento sul continuum destra/sinistra, offriranno un’interessante chiave di lettura per analizzare l’evoluzione del Pd negli ultimi cinque anni ed evidenziare la base sociopolitica della passata e futura leadership renziana.

Età, genere, istruzione e professione: il peso delle variabili sociali nelle primarie di oggi e di ieri.
Elisa Lello (elisa.lello@uniurb.it), Natascia Porcellato (natascia.porcellato@demos.it)
AbstractIl testo che si intende proporre prende in considerazione il peso delle variabili sociografiche di base sul voto degli elettori che hanno partecipato alle elezioni primarie del 30 aprile 2017 per la designazione del segretario del Partito Democratico. L’analisi dei dati verrà condotta in prospettiva comparativa con gli altri appuntamenti affini che si sono svolti nel corso degli ultimi dieci anni: le elezioni primarie (del PD) svolte nel 2007 e nel 2009, quelle per la designazione del candidato Presidente del Consiglio per la coalizione "Italia. Bene Comune" del 2012 e quelle del PD del 2013. Per ciascuna di queste consultazioni, faremo affidamento sui dati delle rilevazioni condotte da “Candidate and Leader Selection” su campioni rappresentativi dei selettori che vi hanno preso parte. Una delle tendenze di maggiore rilievo è costituita senz’altro dall’età dei selettori: quello delle primarie è un “popolo dai capelli grigi”, come ha scritto Ilvo Diamanti sulle pagine de la Repubblica. In effetti, l’incidenza dei giovani (16-34) - come osservato su “Questioni Primarie” - si è dimezzata nel corso degli ultimi dieci anni, passando dal 30 al 15%. È diminuito anche il peso delle fasce di età centrali, mentre la presenza degli elettori più anziani ha conosciuto un costante e significativo aumento. In questo contesto, è interessante indagare su quali siano stati, nei diversi appuntamenti elettorali, i candidati capaci di attrarre maggiormente il consenso dei giovani. Infatti, da una parte è vero che i giovani appaiono, in Italia e altrove, piuttosto lontani dalle prassi partecipative convenzionali e, in genere, dai partiti (Bontempi e Pocaterra 2007, Genova 2010, Cavalli, Cicchelli e Galland 2008). Tuttavia, l’analisi di questi dati appare particolarmente interessante alla luce della freddezza che i giovani hanno dimostrato nei confronti della figura di Matteo Renzi già in occasione del referendum costituzionale dello scorso dicembre. A dispetto della vicinanza anagrafica e dello stile comunicativo diretto e giovanile adottato dall’attuale segretario Pd, nonché del suo essere stato alla guida del governo più giovane della storia repubblicana. Oltre all’età, si indagherà intorno al peso di altre fondamentali variabili sociografiche quali il genere, il livello di scolarizzazione e la professione esercitata, analizzando i mutamenti osservabili nelle differenti tornate e in relazione ai diversi candidati che di volta in volta si sono presentati.

 

Panel 9.5 Comparative Perspectives on European Democracy Under Stress (I)


Contemporary democracies are under pressure. In recent times, we have seen the rise of alternative left and right political parties and new populist parties, discontent with traditional ‘slow’ political processes, growing preferences among citizens for new 'internet driven' movements, and the success of ‘anti-politics’ rhetoric. Politicians across European liberal democracies struggle to retain their relevance in an increasingly globalised, fast-paced social and economic world. The very principle of representative democracy is questioned, and political parties are no longer recognized as effective channels for political representation, since they seem unable to interpret and address social and political demands in an adequate manner. As a consequence, new political actors found a fertile ground in this vacuum of representation.
The dynamics and forms of these pressures are multidimensional and compound: they have different roots and have taken different paths across Europe, and yet they converge in challenging political structures and the very institution of democracy. To date, existing research has tended to interrogate the broad general causes of this apparent ‘crisis’, or alternatively look at specific critical case studies. By contrast, this panel takes an explicitly comparative approach to explaining the drivers of ‘democratic stress’, defined as a set of institutional, electoral, societal and constitutional challenges to what Caramani (2017) calls the ‘party model of representative democracy’.
As such, the proposed panel aims to collect contributions* shedding light on the most pressing challenges faced by contemporary western democracies, and offer a wide range of cross-country analyses. The purpose is to stimulate a theoretical reflection as well as empirical investigation, so as to understand whether we are seeing a ‘demise’ of representative democracy, or if – beyond anti-politics, populism and disaffection with politics – there are signs of resilience suggesting that European democracies could adapt and react to the challenges they are currently facing.
To achieve this, we welcome papers based on fresh quantitative and qualitative datasets, that adopt eclectic conceptual and theoretical approaches able to generate new insights on four main dimensions:
1) new patterns of participation;
2) electoral dynamics and protest vote;
3) euroscepticism and populism;
4) institutional change.

*Please note that all submissions should be in English.

Chairs: Arianna Giovannini, Matthew Wood

Anti-systemic or opposition parties within the EP? The case of Podemos, Syriza and the Five Star Movement
Eugenio Salvati (eugenio.salvati@unipv.it)
AbstractThe 2014 EP elections have confirmed the extraordinary enforcing process of the so called Eurosceptic parties; political actors that are able to mobilize consent over the pro/anti EU integration issue. In this framework different parties gained relevant electoral success, proposing different nuances of criticism against the EU. A relevant analytical problem (that will be discussed in the first part of the paper) is to correctly define who can be labelled as Eurosceptic in order to differentiate actors that criticize the EU’s functioning and its policy production (opposition parties), from actors that want to disrupt the UE (anti-systemic/Eurosceptic parties). In this study will be taken in consideration three political actors which have irrupted in the EP after the 2014 elections: Podemos, Syriza and the Five Star Movement. These parties have strongly criticised the actual functioning of the EU, but at the same time it seems difficult for them to use the Eurosceptic label. The main task of the paper is to inquire how these parties relate with the European Union and EU’s issues, not when they are competing in the electoral campaign but when they have to deal with EU policy making process within the EP arena. Considering that no one of the three parties support the Commission, is it possible to detect relevant differences in the voting behaviour compared to the Eurosceptic parties? Furthermore this kind of analysis will allow to enlighten the FSM’s stance on EU integration and EU’s issues, a political position that at times it is difficult to clearly define (Corbetta and Vignati 2014). From the empirical analysis I aspect the confirmation of a consistent distance in the voting behaviour between the Italian movement and the Eurosceptic parties and a major closeness with the two leftist parties which are critical with the EU and the Commission. The empirical analysis will concern all the available roll call votes of the first two years of EP 7th legislature, from July 2014 to July 2016. In order to evaluate the three parties’ stances compared to those of the Eurosceptic parties, all those votes about issues concerning the EU and that may be gathered within the GAL/TAN cleavage will be analysed; GAL/TAN dimension that identifies the party positions about the pro/anti integration cleavage (Hooghe and Marks 2008). If the empirical analysis will show, as expected, a relevant degree of commonality in the voting behaviour between Syriza, Podemos and the FSM and a high level of disagreement between the three parties and the Eurosceptic front, then it will be possible to start a reflection about the emergence of a form of embryonic and not anti-systemic opposition within the EP.

Reshaping Political Participation and Organisation: The Use and Perception of the Internet in the Five Star Movement
Cecilia Biancalana (metafora45@gmail.com)
AbstractThe Five Star Movement (FSM) is one of the main European political novelties. Born in opposition to mainstream parties and traditional party structures, we can include among its peculiar characteristics his “light” organisation and his “cyber-optimistic” vision of the Internet, two features tightly linked. Indeed, the FSM represents one of the most advanced experiences regarding the use of the Internet for participatory and organisational purposes in a political party. In this paper I will analyse the use of the Internet of this political actor, and how this tool is perceived by his members and elected representatives. For this purpose, I will collect and classify all the online votes held by the FSM since its foundation, and use as data interviews with activists and privileged witnesses. The aim of the paper is threefold. In the first place, my goal is to provide an in-depth analysis of the online participation tools of the FSM. In the second place, my aim is to make the voices of the FSM’s elected representatives and activists heard, in order to bring out their perception of the Internet. Finally, through the analysis of the use of the Internet of this political actor I believe it is possible to shed light on his ideas on organisation and participation, that make it so attractive for citizens in times of crisis.

THE AGE OF POPULISM? AN ANALYSIS OF FACEBOOK POLITICAL COMMUNICATION IN ITALY AND FRANCE
ANTONELLA SEDDONE (antonella.seddone@unito.it), GIULIANO BOBBA (giuliano.bobba@unito.it)
AbstractThe emergence of populist parties and movements in European democracies has stimulated an increasing interest among scholars (Mudde, 2013; Albertazzi and McDonnell, 2015). In recent years, populist parties and movements have become central in the political life of several European states – indeed, it could be argued that we are seeing the beginning of a ‘new age of populism’. Alongside right-wing populist parties, new parties and movements characterised by distinctive traits can now be described as ‘populist’ (e.g. Syriza in Greece, the Five Star Movement in Italy, Podemos in Spain). This grafts onto the idea that in the last few decades the crisis of representative democracy – and in particular the high level of political dissatisfaction and citizens’ distrust – together with the effect of the Great Recession (Kriesi and Pappas, 2015) has provided fertile ground for the rise of populism. Our research question draws on the idea that the recent upsurge of populist parties has produced a general increase of populist elements within political communication and it has also affected the communication of non-populist parties. Comparing populist and non-populist parties, the paper sheds light on: i) how and to what extent a political party could be considered as populist at communication level; ii) what ‘populist contents’ are more likely to boost the success of a political message. Based on two case studies, Italy and France, this work concentrates on the political communication of the most relevant political parties in and their leaders (i.e. Democratic Party, Northern League, Five Star Movement, Forza Italia, New Centre-Right in Italy; and Parti Socialiste, Les Républicains, Front National, Ecologie/Verts, Mouvement Démocrate in France). To achieve this goal, the study focuses on all the Facebook posts released by these parties in a time frame of 30 days randomly sampled for each month in 2015. Firstly, in order to define the type and the intensity of populist elements within party controlled communication, we will carry out a content analysis, identifying: populist contents (namely, references to ‘Others’, ‘Elites’ and ‘People’); references to the economic crisis, terrorism, the European Union and immigration; and the frames of ‘fear’ and ‘anger’. Secondly, taking into account the number of likes, comments, and shares for each post, the paper will show which of these communicative features correlates more with messages likeability and level of engagement.

“We, the (critical) people”: determinants of support for populist parties in the European Union.
Noemi Trino (ntrino@luiss.it), Andrea Fumarola (afumarola@luiss.it)
AbstractWhat factors do explain the electoral success of populist parties in Europe over the last decade? Traditionally, the literature has tried to address this question mostly focusing on right-wing niche populist parties (Mudde, 2007). However, with the onset of the recent EU economic crisis, the growing disaffection towards representative institutions and their legitimacy has been accompanied by a general spread of populist parties across Europe at both the left and the right side of the political spectrum (Kriesi and Pappas, 2015). This article contributes to this debate by assessing the relationship between political trust and widespread populist vote in the European Union. By using data from six rounds of the European Social Survey – gathered before and after the onset the economic crisis (2004-2014) – and employing multilevel logistic regression models, this paper investigates the social, economic and political determinants of support for populist parties, analysing diachronically the patterns of evolution in different contexts. The results show the relevance of both economic and cultural determinants. Economic crisis seems to have deepened the cleavage between “winners” and “losers” of globalization (Kriesi, 2006) and contributed to that crisis of “output legitimacy” that facilitated the rise and the affirmation of anti-systemic forces throughout Europe.

 

Panel 9.5 Comparative Perspectives on European Democracy Under Stress (II)


Contemporary democracies are under pressure. In recent times, we have seen the rise of alternative left and right political parties and new populist parties, discontent with traditional ‘slow’ political processes, growing preferences among citizens for new 'internet driven' movements, and the success of ‘anti-politics’ rhetoric. Politicians across European liberal democracies struggle to retain their relevance in an increasingly globalised, fast-paced social and economic world. The very principle of representative democracy is questioned, and political parties are no longer recognized as effective channels for political representation, since they seem unable to interpret and address social and political demands in an adequate manner. As a consequence, new political actors found a fertile ground in this vacuum of representation.
The dynamics and forms of these pressures are multidimensional and compound: they have different roots and have taken different paths across Europe, and yet they converge in challenging political structures and the very institution of democracy. To date, existing research has tended to interrogate the broad general causes of this apparent ‘crisis’, or alternatively look at specific critical case studies. By contrast, this panel takes an explicitly comparative approach to explaining the drivers of ‘democratic stress’, defined as a set of institutional, electoral, societal and constitutional challenges to what Caramani (2017) calls the ‘party model of representative democracy’.
As such, the proposed panel aims to collect contributions* shedding light on the most pressing challenges faced by contemporary western democracies, and offer a wide range of cross-country analyses. The purpose is to stimulate a theoretical reflection as well as empirical investigation, so as to understand whether we are seeing a ‘demise’ of representative democracy, or if – beyond anti-politics, populism and disaffection with politics – there are signs of resilience suggesting that European democracies could adapt and react to the challenges they are currently facing.
To achieve this, we welcome papers based on fresh quantitative and qualitative datasets, that adopt eclectic conceptual and theoretical approaches able to generate new insights on four main dimensions:
1) new patterns of participation;
2) electoral dynamics and protest vote;
3) euroscepticism and populism;
4) institutional change.

*Please note that all submissions should be in English.

Chairs: Arianna Giovannini, Matthew Wood

Revisiting The Protest Voting Hypothesis: An Empirical Test at the European Level
Stefano Camatarri (camatarri.stefano@gmail.com)
AbstractOften the effectiveness of an electoral protest is inferred by specific dynamics at the macro level, such as the occurrence electoral earthquakes and/or shocks in the morphology of the existing party systems. This was true, for example, in the first 2000s, when a substantive growth of radical right parties in Europe was interpreted by some as the expression of increasing political alienation and unease within specific sectors of society. The same applies to the recent rise of new and/or eurosceptic parties, described by some as the outcome of citizens’ reaction to the bad performances of their political systems and élites under the economic crisis. Yet sudden increases in the electoral outcomes of these parties are not necessarily related to an underlying intention to protest. Indeed, one could well contribute to their success because (s)he likes their policy platform or because feels ideologically and/or psychologically closed to them. However, this would scarcely fit to protest voting as it is usually intended in the literature, i.e. casting a vote with the main aim to frighten or punish the whole political system and/or an élite. Several scholars have tried to deal with this topic in the past. Nevertheless, their analyses have been mainly aimed at assessing whether voting for a specific party - or type of party - was characterized by a protest motivation or not. Thus, a comprehensive analysis of the role of protest motivations in electoral processes is still lacking in empirical research. This is exactly what the present contribution is intended to deal with. In fact, by assuming an overall perspective on European political supplies in 2014, it aims to test the standard assumption that protest motivations really contribute to the electoral success of those parties that we usually recognize as protest actors in public debate. In addition, it investigates the extent to which the success of those parties depends on how well they differentiate in anti-establishment terms on the supply side. Methodologically, both these objectives are pursued through a series of multivariate regressions on data from the 2014 European Election Study. More specifically, the analyses consist in a series of counterfactual models, in which voters’ expected preferences for each national party are estimated under different scenarios which everything is the same except for the causal relevance of protest-related related attitudes in structuring the individual calculus of voting.

In search of the determinants of electoral volatility in 31 European polities: differences and similarities between West and East
Vincenzo Emanuele (vincenzoemanuele@hotmail.it), Alessandro Chiaramonte (alessandro.chiaramonte@unifi.it), Sorina Soare (ssoare@unifi.it)
AbstractThe most recent electoral trends indicate that both Western and Eastern European party systems are dealing with increased levels of volatility directly connected with the emergence of new political parties. Most notably, the recent convergence between both Western and Eastern European dynamics of party competition has been assessed more in terms of the progressive destabilization of the Western competition arenas and less as an issue of increased predictability in the Eastern parts. Considering the empirical evidence, this paper aims to identify similarities and divergences in terms of the determinants of electoral volatility. The analysis is based on an original dataset of electoral volatility in Western and Eastern Europe since 1990 across 31 European party systems. Based on this dataset, the paper proposes an explanatory model that evaluates the determinants of volatility in Europe, highlighting differences and similarities between the Western and the Eastern region. Moreover, it identifies empirically derived explanations to the current challenges of both Western and Eastern party systems that can be seen to constitute an overview of short-term and long-term insights on how to fix the current crisis of democracy.

Assessing the micro-foundations of “Brexit”: The role of welfare chauvinism
Alessandro Pellegata (alessandro.pellegata@unimi.it), Fabio Franchino (fabio.franchino@unimi.it)
AbstractThe aftermath of the economic crisis has been an unprecedented rise in citizens’ negative evaluations of the European Union (EU) and a surge in Eurosceptic vote in both national and European elections. “Brexit” represents probably the peak of this Eurosceptic wave and one of the most serious challenge the EU will face in the near future. However, there are so far few sophisticated and systematic studies that assess the micro-foundations of the “Brexit” referendum. In this paper, we empirically investigate the determinants of British citizens’ voting behaviour and their attitudes towards the scenarios that could arise after Article 50 of the Treaty on EU is invoked. Employing the literature on European integration and, more broadly, globalization, we focus on the role played by welfare chauvinism. In particular, we analyse whether and how the change in the share of foreign born residents and the change in the unemployment rate in different British regions moderate the impact of welfare chauvinistic attitudes on citizens’ voting choices in the referendum and on their preferences for a “hard” Brexit. We employ data from an original public opinion survey conducted in the United Kingdom in the fall of 2016 in the context of the REScEU project (www.resceu.eu). The REScEU survey includes a number of questions that gauge micro-level non-attitudinal and attitudinal explanatory factors of British citizens’ vote choice and opinions on post-Brexit scenarios.

Beyond the Left-Right Dimension? The Impact of Euro Crisis on the EU Issue Voting in Western Europe
Luca Carrieri (lcarrieri@luiss.it)
AbstractSince the foundation of the European Economic Community (EEC) in 1957 and until the 1990s, the academic literature substantially showed the weak impact of European integration on voting behaviour. Thus, the Anti-/Pro-Europe did not constitute a new dimension in party competition, while the Left-Right divide was the main explanation in shaping electoral preferences. Since the outbreak of the Great Recession, this pattern of voting behaviour has seemed to be reversed. The popular support for European integration has collapsed, opening up a new window of opportunity for potential political entrepreneurs. Indeed, the conflict over European integration, which potentially weakens the Left-Right dimension, appears to be becoming a strong predictor of electoral choices in Europe today. The so-called EU voting issue may increasingly condition voter preference in the national elections. The “challenger” parties, which are outside the mainstream and positioned towards the extreme Left-right poles, are expected to be the political entrepreneurs of European integration issues. Indeed, these parties are weak in competing in the Left-Right dimension and to maximise votes they try to change the party competition patterns, emphasising EU issues. On the contrary, the mainstream parties, positioned closer to the centre of the Left-Right continuum, are likely to minimise the EU issues to maintain the traditional partisan conflicts. One question research emerges: Since the outbreak of the Euro crisis, how much has the European integration conflict reshaped party preferences in the national party systems? This work aims at developing arguments about how European integration has impacted the overall party preferences in the four larger European countries: France, Germany, Italy, and United Kingdom. The first phase of the analysis consists in assessing EU Issue Entrepreneurship through the Chapel Hill Expert Survey, from 2006 to 2014. This first step seeks to identify which parties actually try to own and emphasize the EU issues. The second phase aims at providing general explanations to the changing trends in electoral preferences. European Election Studies (EES) data allow for creating a linear regression model to identify the relations between the European integration conflicts and voting for mainstream and challenger parties between 2004 and 2014. The hypothesis is that European integration conflict is currently reshaping the electoral preferences at the domestic level.

European Parliaments under Stress: The Reform Process of Bicameralism
Michelangelo Vercesi (vercesi@leuphana.de)
AbstractTraditional patterns of political participation and party representation in Europe have been put to the test by deep economic and political crises. On the one hand, contemporary economic and financial processes have raised concerns about the efficiency and suitability of governing political elites as managers of the challenges in the new globalised world. On the other hand, nationalist and populist parties have gained votes, by campaigning against traditional parties, especially after financial and debt crises. Some of these parties have demanded radical changes of political participation’s modes. In some cases, they have advocated radical changes of current representative institutional settings. These challenges have pushed governing elites to (seek to) redefine the ‘rules’ of the political process. In particular, the necessity to reform parliamentary structures has been stressed by different political actors in several European countries; the very rationale and the role of second chambers as veto players have consequently become an issue. This paper focuses on both successful and failed attempts of reforms of bicameralism, which have aimed to make the political process more efficient and suitable for coping with public demands. According to an analytical framework based on three dimensions of analysis, the paper tries to answer to the following questions: ‘in what directions have institutional reforms of bicameralism moved?’; ‘what are the main cross-country similarities and differences within Europe’? The work provides in-depth qualitative examinations of case studies. The focus is on the debates occurred in the last ten years (i.e., 2006-2016). Particular attention is paid to both cases where the nature of second chambers only has been criticised (e.g., Belgium; France; Germany, Italy, Spain, UK) as well as those cases where it has been the very existence of a second chamber to be called into question (e.g., Ireland, Romania). A discussion of the detectable trends of institutional reforms and tentative explanations are finally provided.

 

Panel 9.6 ELEZIONI COMUNALI 2017: IL CENTRO-SINISTRA ALLA PROVA VERSO LE ELEZIONI POLITICHE


La tornata di elezioni amministrative 2017, sebbene non coinvolga comuni di grosse dimensioni, si caratterizza per il fatto di rappresentare un momento interlocutorio in vista delle elezioni politiche del prossimo anno. E a seguito delle recenti divisioni intervenute nello schieramento di centro-sinistra, a partire dalla nascita di Sinistra Italiana, del “Campo Progressista” di Giuliano Pisapia e dalla scissione fra il Partito Democratico e il Movimento Democratico e Progressista, rappresentano anche un test abbastanza significativo sul potenziale politico dei diversi partiti di quello schieramento e sulla risposta che è possibile attendersi da parte dell’elettorato.
Questo panel si propone di accogliere contributi di ricerca, analisi e interpretazioni fondate su dati empirici inerenti le elezioni amministrative del 2017, rispetto alle caratteristiche dell’offerta politica e al comportamento degli elettori dei principali partiti di centro-sinistra (SEL, Sinistra Italiana, Partito Democratico, Movimento Democratico e Progressista, Campo Progressista ecc.). Particolarmente graditi saranno i contributi volti a verificare vecchie e nuove lealtà partitiche, ovvero atteggiamenti di lealtà e defezione degli elettori rispetto al voto espresso alle elezioni politiche del 2013 e/o alle europee 2014 e alle intenzioni di voto per le prossime elezioni politiche.
I paper si possono concentrare altresì sulla prefigurazione del quadro politico-elettorale e delle alleanze partitiche che, a partire dagli schieramenti presenti nelle elezioni amministrative, si può ipotizzare come più probabile nelle nuove consultazioni politiche, all’interno di un impianto di stampo proporzionale, come pare possa essere quello della futura legge elettorale.
Saranno altresì graditi contributi dedicati all’analisi empirica delle primarie comunali, rispetto alla loro capacità di fornire ulteriori indicazioni su come l’elettorato di centro-sinistra e di sinistra si distribuisca fra le diverse forze interne allo schieramento.

Chairs: Luciano Mario Fasano, Paolo Natale

Elezioni comunali 2017 di Palermo come prova generale per le prossime elezioni regionali siciliane? Tra caratteristiche meridionali, ricadute regionali e peculiarità locali
Mariano Cavataio (mariano.cavataio@gmail.com)
AbstractLe elezioni comunali 2017 di Palermo vengono considerate da numerosi commentatori politici come un interessante banco di prova in vista delle prossime elezioni regionali siciliane, ipotizzando probabili ricadute a livello nazionale. Dopo aver illustrato i lineamenti del dibattito teorico, nonché le principali evidenze empiriche, in tema di voto meridionale, questo saggio ha l’obiettivo di esaminare, anche in chiave diacronica, i risultati delle ultime elezioni comunali di Palermo, alla luce anche delle recenti disposizioni introdotte in Sicilia dalla legge regionale 11 agosto 2016, n. 17 che ha abbassato al 40 per cento dei voti validi la soglia per l’elezione del Sindaco al primo turno. Questa modifica normativa potrebbe avere significative conseguenze proprio per l’esito delle elezioni amministrative del capoluogo siciliano. Particolare attenzione sarà inoltre riservata al quadro politico-elettorale nel quale sono maturate le alleanze attorno ai candidati Sindaco dei principali schieramenti per la conquista di Palazzo delle Aquile in un contesto di notevole mobilità del ceto politico palermitano. Entro questo quadro, le comunali di quest’anno ripropongono la sfida tra due candidati Sindaco “non convenzionali” e “non ortodossi” (per impiegare il gergo politologico nordamericano) provenienti dalle file del centro-sinistra, vale a dire Leoluca Orlando e Fabrizio Ferrandelli, quest’ultimo sostenuto dal centro-destra palermitano in questa tornata elettorale. A sua volta, considerato il notevole appeal che riscuote in Sicilia il movimento di Beppe Grillo tanto da indurre negli ultimi mesi diversi analisti politici a pronosticare una possibile vittoria dei 5 Stelle alle prossime elezioni regionali, una apposita sezione del paper sarà dedicata all’analisi empirica dei risultati elettorali conseguiti a Palermo dai Movimento 5 Stelle (con Ugo Forello), sebbene i pentastellati debbano gestire il caso spinoso delle cosiddette “firme false” relative alle elezioni amministrative 2012

LE ELEZIONI COMUNALI DI GENOVA: PROVE DI COMPETITIZIONE ALL’INTERNO DELLA SINISTRA
Luciano Mario Fasano (luciano.fasano@unimi.it)
AbstractIl voto per il Sindaco di Genova, al pari di altre scadenze amministrative importanti, rappresenta un banco di prova per il centro-sinistra in vista delle prossime elezioni politiche. Un centro-sinistra che negli ultimi due anni, dalle elezioni regionali 2015, è apparso in Liguria diviso e conflittuale. E che soltanto la candidatura di Crivello, ex Assessore alle Opere pubbliche della Giunta Doria, è riuscito a riunificare. Una riconciliazione che avviene due anni dopo la rottura consumata nel PD fra Raffaella Paita e Sergio Cofferati all’epoca delle primarie per il Presidente della Regione, e la candidatura di Luca Pastorino, legato al movimento “Possibile” di Pippo Civati, alle elezioni regionali in opposizione alla Paita e con il sostegno di SEL, PRC e PCd’I. Il paper si propone di esaminare i risultati elettorali del primo turno e del ballottaggio per l’elezione del Sindaco di Genova, ricostruendo sulla base di dati aggregati gli esiti del voto, rispetto ai consensi ottenuti dalle singole liste, alle preferenze conseguite dai candidati Sindaco, alla partecipazione elettorale e ai livelli di competizione presenti fra schieramenti diversi (centro-destra, centro-sinistra, Movimento 5 stelle), così come all’interno dello stesso schieramento (con particolare attenzione verso il comportamento delle forze di centro-sinistra). In particolare, si cercherà di esaminare in prospettiva comparata gli esiti elettorali dello schieramento in supporto del candidato di centro-sinistra Crivello, rispetto a quelli inerenti i due candidati concorrenti alle precedenti elezioni amministrative, cioè Marco Doria e Luca Pastarino. E quindi di comprendere in che misura un centro-sinistra unito possa essere in grado di raccogliere maggiori consensi rispetto a un centro-sinistra diviso su più candidati.

LE ELEZIONI COMUNALI DI PARMA: IL PARTITO DEMOCRATICO DI NUOVO CONTRO PIZZAROTTI
Paolo Natale (paolo.natale@unimi.it)
AbstractIl caso Parma, madre di tutte le successive sconfitte del Pd contro il Movimento 5 stelle, assume in questa occasione un volto inedito. Il sindaco uscente Pizzarotti, che fu appunto il primo pentastellato a sconfiggere il Partito Democratico, ha abbandonato da quasi un paio d’anni la sua forza politica di riferimento e ora prova a sfidare il maggior partito emiliano partendo da una prospettiva del tutto differente, e che lo vede peraltro come il vero favorito della competizione. Quale sarà la reazione dell’elettorato parmense? E quali le scelte dei cittadini nel molto probabile ballottaggio tra Pizzarotti ed il candidato Pd? Cinque anni fa le analisi dei flussi di voto sottolinearono, per la prima volta, la capacità dei 5 stelle di diventare il punto di riferimento di vasta parte dell’elettorato di opposizione, di provenienza centro-destra, così come accadde successivamente sia a Livorno che a Torino e a Roma. Come sarà la reazione di quella parte di cittadinanza in questa occasione? La sua fiducia in Pizzarotti verrà ribadita, o si assisterà ad un elevato livello di astensionismo, che potrebbe favorire il candidato dei democratici? Il paper ha l’obiettivo di rispondere a tutti questi interrogativi, attraverso l’analisi della mobilità elettorale tra le precedenti elezioni, comunali, politiche ed europee, e quelle odierne, oltrechè dei passagi di voto tra il primo ed il (probabile) secondo turno della competizione.

Primarie e pluripartitismo. Come la selezione dei candidati influenza la formazione delle coalizioni elettorali
Fulvio Venturino (fventurino@unica.it)
AbstractUno dei temi di ricerca più classici nello studio delle primarie riguarda gli effetti elettorali prodotti dal tipo di selezione dei candidati. Questo approccio si incentra su alcune ricorrenti questioni di ricerca: fare uso delle primarie fa sì che il nominee sia svantaggiato alle elezioni generali? Esistono certi tipi di primarie che possono invece avvantaggiare il candidato? In larga misura, indagini di questo tipo derivano dall’esame della politica americana, notoriamente caratterizzata da un sostanziale bipartitismo. In Italia, le primarie si sono dovute adattare al preesistente contesto multipartitico, dove è largamente praticato il ricorso a coalizioni pre-elettorali. Questo paper esamina le primarie organizzate in Italia in occasione delle elezioni comunali nel periodo compreso fra il 2004 e il 2017. In particolare, si cercherà di chiarire se l’impiego delle primarie sia in grado di creare coalizioni compatte a sostegno dei candidati sindaci, una condizione necessaria per aspirare a essere competitivi in caso di elezioni dirette e maggioritarie.

 

Panel 9.7 The Italian electoral cycle: dynamic analysis of the electoral process through the online Itanes panel 2013-2016 (I)


The panel intends to analyse the dynamics of public opinion and voting behaviour over the electoral cycle 2013-2016. This period has been characterize by dramatic political developments, reflected in often surprising electoral outcomes, from the national elections of 2013 through the European elections of 2014, closing with the constitutional referendum of 2016.
To fully understand these developments from the point of view of the electorate, it is necessary a dynamic approach that allows to observe voters over time. The online Itanes panel 2013-2016 offers a unique opportunity to do so. In this panel, a large number of individuals has been surveyed over four years, in 9 waves, carried out before and after any relevant election.
The panel invites contributions that, using these data, explore the developments through the cycle 2013-2016 of different dimensions of the electoral process, including transformation of the political space, dynamics of electoral behaviour, changes in attitudes and perceptions of parties and leaders.
Analyses that exploit the rolling cross section design of the first wave of the panel (pre-election survey 2013) and deal with the study of the electoral campaign are also welcome.
The whole dataset will be made available for the general public by June 2017, while the first 6 waves of the panel are already available on request to Itanes.
Further enquires on the data: cristiano.vezzoni@unitn.it

Chairs: Paolo Segatti, Cristiano Vezzoni

Learning from the other side: how social networks influence turnout in a referendum campaign
Carolina Plescia (carolina.plescia@univie.ac.at), Davide Morisi (davide.morisi@eui.eu)
AbstractInterpersonal discussion is considered to be one of the most influential sources of opinion formation and behaviour. Yet, an unresolved puzzle remains within the literature: while some studies show that discussion with not like-minded citizens depresses political participation, other studies, on the contrary, indicate that the same type of interpersonal discussion can foster political engagement. In this study, we address this unresolved democratic dilemma for the first time in a context of direct democracy, by focussing on the campaign leading to the 2016 Italian constitutional referendum. Specifically, we pay particular attention to the interaction between network diversity, ambivalence and political knowledge. The findings using data from the Italian National Election Study (ITANES) panel show that frequent interactions with not like-minded citizens increase turnout. The results based on regression models and structural equation modelling indicate that this positive effect is channelled mainly through political learning, since network diversity increases factual knowledge about the constitutional reform, which in turn is associated with an increase in turnout. We do not find a significant effect of network diversity on ambivalence, as predicted by previous studies. These findings have important implications for deliberative theories and campaign strategies.

How to change the status quo. A survey experiment on the Italian constitutional referendum
Davide Morisi (davide.morisi@eui.eu), Céline Colombo (colombo@ipz.uzh.ch), Andrea De Angelis (andrea.deangelis@eui.eu)
Abstract(Note: this paper can fit also the section on political communication. Presentation can be done either in English or in Italian) In democratic politics, changing the status quo often proves a demanding task. From the introduction of a new policy to a radical modification of the constitution, elected politicians who intend to introduce a new measure face not only institutional challenges, but also the challenge of gaining public support. This study investigates how voters react to the prospect of changing the status quo in referendum campaigns depending on their political ideology. We base the analysis on a unique survey experiment included in a three-wave panel that we conducted during the 2016 Italian constitutional referendum. The results show that increasing the saliency of changing the status quo reduces support for the constitutional reform among right-wing voters. In addition, we find evidence that anti-reform arguments reduce support for the reform among right-wing voters (and not left-wing voters), while pro-reform arguments have no effects. Our findings have implications for voters' decision-making, since they show that right-wing voters are more likely than left-wing voters to rely on both heuristic and systematic information processing, in line with recent evidence from political psychology. The fact that campaign arguments have differential effects depending on voters’ ideology has also important implications for communication strategies in elections campaigns. Furthermore, our study indicates that gaining support for new reforms among conservative voters proves a complicated task simply because these measures pose a threat to the status quo, regardless of the specific content of the reform.

A Tale of Bias: Economic Evaluations and the 2016 Italian Constitutional Referendum
Moreno Mancosu (moreno.mancosu@carloalberto.org), Sergio Martini (sergio.martini@upf.edu), Mario Quaranta (mario.quaranta@sns.it)
AbstractPublic debate often focuses on the status of national economies, as this is relevant for electoral accountability. However, the literature on public opinion and economic perceptions has widely shown that citizens’ assessments are generally biased according to their electoral status and partisanship. In this respect, electoral losers are usually more negative when expressing socio-tropic evaluations of the economy, both retrospective and prospective, with consequences for the use of such information for their political choices, especially when they also feel attached to a certain party. So far, little attention has been devoted to how opinions about the economy change over time are connected to experiences of electoral defeat and to the psychological outlook of voters. This article aims at contributing to the literature on opinion formation and motivated reasoning by analyzing retrospective and prospective economic evaluations in a national context that has often been disregarded: Italy. Recent political changes, i.e. the restructuring of the parliamentary arena and the increasing polarization, as well as peculiarities, i.e. fragmentation and coalition governments, make it difficult to analyze the role of partisanship or electoral status in the assessment of the economy across electoral cycles. Nevertheless, the 2016 Italian Constitutional Referendum offers a unique opportunity for our research purposes. The vote, which resulted in the defeat of the “Yes” and the resignation of the Prime Minister Matteo Renzi, also divided the electorate into two clearly defined groups: those in favor of the Constitutional reform (i.e. the losers) and those against it (i.e. the winners). Relying on ITANES 2016 pre-post referendum panel data (especially waves 8 and 9), the paper investigates the mechanisms behind economic perceptions showing that referendum losers decrease their expectations for the status of the economy in the future with respect to pre-electoral wave and, more importantly, improve their retrospective evaluations of the economy, apparently by overestimating the economic situation prior to the electoral defeat. We also show that partisanship moderates the effect of electoral status on these evaluations. All in all, the paper aims at offering longitudinal evidence on how citizens’ opinions may often be biased and filtered through political attachments and allows speculating on the consequences for such biases for democratic politics.

Electoral participation, disagreement and diversity in social networks: a matter of cohesiveness?
riccardo ladini (riccardo.ladini@unitn.it), Moreno Mancosu (moreno.mancosu@carloalberto.org), Cristiano Vezzoni (cristiano.vezzoni@unitn.it)
AbstractGeneral consensus concerning the nature of the relationship between political disagreement and turnout has not yet been reached: while several studies have demonstrated the demobilizing effect of disagreement, others have found no significant evidence for this. Recently, scholars have argued that diversity - a situation in which some people are in agreement with ego and some are not - can boost electoral participation. Higher levels of participation are reached, therefore, when the network is politically mixed. According to this view, exposure to diverse political opinions leads to a much more vivid political debate, which, in turn, enhances more passionate partisanship and commitment. The present paper argues that the insights of previous studies are the result of two differentiated effects that depend on the level of cohesiveness of the social circle to which one is exposed (high among relatives, low among friends). By employing a set of linear regression models on Italian National Election Study 2013 pre–electoral survey (N>8,000), we show that mixed political views among non-cohesive circles (friends) boost electoral participation. For what concerns cohesive groups (relatives) the likelihood to vote decreases linearly with increasing disagreement.

 

Panel 9.7 The Italian electoral cycle: dynamic analysis of the electoral process through the online Itanes panel 2013-2016 (II)


The panel intends to analyse the dynamics of public opinion and voting behaviour over the electoral cycle 2013-2016. This period has been characterize by dramatic political developments, reflected in often surprising electoral outcomes, from the national elections of 2013 through the European elections of 2014, closing with the constitutional referendum of 2016.
To fully understand these developments from the point of view of the electorate, it is necessary a dynamic approach that allows to observe voters over time. The online Itanes panel 2013-2016 offers a unique opportunity to do so. In this panel, a large number of individuals has been surveyed over four years, in 9 waves, carried out before and after any relevant election.
The panel invites contributions that, using these data, explore the developments through the cycle 2013-2016 of different dimensions of the electoral process, including transformation of the political space, dynamics of electoral behaviour, changes in attitudes and perceptions of parties and leaders.
Analyses that exploit the rolling cross section design of the first wave of the panel (pre-election survey 2013) and deal with the study of the electoral campaign are also welcome.
The whole dataset will be made available for the general public by June 2017, while the first 6 waves of the panel are already available on request to Itanes.
Further enquires on the data: cristiano.vezzoni@unitn.it

Chairs: Paolo Segatti, Cristiano Vezzoni

Competent voters or (in)competent parties? The evolution of retrospective assessments of government performance over an inter-election cycle
Paolo Bellucci (paolo.bellucci@unisi.it)
AbstractRetrospective reasoning of voters is assumed to be the main mechanism for holding parties accountable and to insure responsiveness from governments. Economic voting theory relies on this strategic link between public opinion and representatives to explain electoral performance in contemporary democracies. Yet criticism has been levelled to the very tenets of retrospective reasoning: from endogeneity of partisans’ performance evaluations to the short time - myopic - horizon of public opinion. This paper assesses the extent of actual retrospective reasoning of Italian public opinion relying on a ITANES 9 wave panel carried out between 2013 and 2016, a period over which three different Democratic Party prime ministers held office and culminating with a popular rejection of a Constitutional reform in the December 4th referendum. We expect to trace – through repeated readings of retrospective evaluations – the evolution of Italian public opinion and to explore the source and impact of retrospective reasoning on voting intentions and on the referendum vote.

Exploring the consequences of voter-party congruence on electoral behavior. Evidence from the 2013-2016 Italian electoral cycle
Andrea Pedrazzani (andrea.pedrazzani@unibo.it), Paolo Segatti (paolo.segatti@unimi.it)
AbstractPolitical representation, understood as ideological or policy congruence between elites and masses, is a dynamic relationship. Shifts in the positions of parties and/or changes in citizens’ attitudes can alter the key parameters of this relationship over time. Most of all, the degree of policy correspondence between the represented and their representatives can fluctuate throughout an electoral cycle, with relevant consequences for the quality of representation and the overall functioning of democracy. However, the dynamic dimension of representation is an understudied topic, as the bulk of the literature focuses on party-voter congruence measured at roughly identical time points. In an attempt to contribute to fill this gap, this paper explores how policy congruence between Italian parties and their voters has evolved over time during the 2013-2016 electoral cycle. What are the behavioral consequences of voter-party distance measured along several policy issues? The 2013-2016 period has been marked by a number of important electoral events: the national elections of 2013, the European elections of 2014, the regional elections of 2015 and finally the constitutional referendum held in 2016. Has the level of incongruence affected Italian citizens’ voting choices? In answering this question, we will also investigate which type of logic shapes voters’ behavior. Indeed, voters who hold a retrospective approach to representation should use elections mainly as an instrument for punishing incumbent parties, while voters viewing elections in prospective terms can be hypothesized to use elections as an ex ante selection mechanism. To empirically test our hypotheses, we combine data on voters provided by the online Itanes panel with data on political elites (candidates) taken from the Italian Candidate Survey. In our analyses, voter-party congruence is measured on the left-right scale, as well as on more substantive policy domains such as attitudes towards immigrants and the European Union. Our findings shed new light on some crucial aspects of the democratic link between voters and political elites; in particular on how issue congruence varies during electoral cycles and on the possible implications that incongruence has on voting behavior.

The backbone of the backbone of democracy. Validating measures of engagement and availability based on PTV scores
Federico Vegetti (fede.vegetti@gmail.com)
AbstractTheories of representative democracy stand on the assumption that citizens, by potentially withdrawing their support to parties, can direct legislation and governmental action towards the public will. However, citizens may be "stubborn", and keep on supporting the same party regardless of its behavior, or they may just defect from politics, leaving the command to the most motivated (and often stubborn) supporters. In other words, for electoral democracy to work properly, citizens have to be engaged (willing to vote) and available (willing to switch their party allegiances). While some scholars have studies these two patterns by looking at the behavioral implications of engagement and availability, like abstention and vote switching, others have attempted to directly observe people's engagement and availability by looking at the distribution of people's propensity to vote (PTV) scores. However, there have been very few attempt to systematically validate this method by putting together people PTV distributions and behaviors. This is the case because of the lack of panel data that are long enough to allow regular patterns in voting, switching or abstaining to emerge. By looking at the Itanes 2013-2016 panel, this paper attempts to fill this gap. By observing the same respondents over 9 waves, it is possible to classify them as "standpatters", "switchers", or "differential abstainers" by looking at the change (or lack thereof) of their voting behavior over time. Different categories can be then compared in terms of PTV distributions, assessing the correspondence between preferences and behaviors. Moreover, from 2013 to 2016, a number of political events shook the Italian electoral market, including one national election, one European election, and two referendums. Hence, these data allow to compare how behavior-based and PTV-based measures of engagement and availability vary as a function of the electoral cycle.

The electoral consequences of political disaffection. A counterfactual analysis of the Italian electoral cycle 2013-2016
Stefano Camatarri (camatarri.stefano@gmail.com)
AbstractAs is well known, the strong political disaffection of Italian citizens is a widely recognized empirical fact. Yet the issue related to its electoral consequences still has not been fully outlined in the literature. A large amount of studies in this field relies in fact on a ‘micro-level’ approach, aimed to examine the psychological process underlying vote choice. However, also the ‘macro-level’ impacts of political disaffection, i.e. its effect on the outcomes of an election, are something worth investigating. This paper intends to deal exactly with this second - and often empirically neglected - aspect, focusing in particular on the Italian electoral cycle 2013-2016. What would have happened at the electoral level if political disaffection mattered more (or less) in voters’ choices than it actually did during that period? Is it possible to argue that the electoral consequences of political disaffection in Italy assumed a stable, recognizable and predictable pattern over the last years? These questions will be addressed through a series of counterfactual predictive models applied to the Itanes-Unimi Panel 2013-2016. In particular, such models will allow for the estimation of the electoral results that would occur in case the causal relevance of political disaffection on party preferences (PTVs) would be higher (or lower) than it actually is under baseline conditions in the data. Our main expectation in this respect is that - also in line with previous analyses at the EU level (European Election Studies) – political disaffection does not only boost the electoral success of clearly anti-establishment parties, but also of ‘unsuspected’ mainstream actors.

Campaign dynamic effects on participation in Austrian and Italian 2013 General Elections: A focus on party contacting
riccardo ladini (riccardo.ladini@unitn.it)
AbstractScholars have largely acknowledged that campaign mobilization plays a key role in determining electoral participation. Nonetheless, in recent years various European countries have been experiencing a significant decrease in turnout although the level of professionalization of the campaigns has been becoming increasingly higher. Focusing on the Austrian and the Italian case, where 2013 National Election made register the record low in turnout, the chapter aims at disentangling the effects of campaign mobilization on participation by integrating two empirical strategies. First, it explores the dynamics of campaign effects on measures of latent participation in the two countries. Second, it investigates the effects of various forms of party contacting, intended as measures of campaign mobilization, on self-reported turnout. Because of data availability, this section only focuses on the Austrian case. Data come from the Austrian National Election Study and Italian National Election Study Rolling Cross-Section Panel 2013. This data source allows analyzing campaign effects dynamically through lowess estimations of the daily means of the measures of latent participation. At the same time, it allows taking under control the propensity to turn out before the election when studying the effects of party contacting on self-reported turnout (by means of logistic regression models). Main findings show that only personal forms of party contacting significantly increase electoral participation. Furthermore, party contacting proves to be more effective in increasing turnout among low-propensity voters.

 

Panel 9.8 Vittime della disintermediazione. Declino e futuro dei partiti politici


Luoghi di solidarietà e sociabilità, veicoli di partecipazione politica e centri di deliberazione e formazione di competenze civiche, i partiti politici sono stati cardine e ossatura della democrazia italiana svolgendo per decenni funzioni fondamentali di aggregazione di domande sociali, valori e interessi contrastanti, sia al loro interno sia nelle istituzioni. Oggi, il ruolo dei partiti appare profondamente mutato e la loro legittimità politica pesantemente compromessa.
La funzione stessa di filtro delle istanze provenienti dalla società è messa in discussione da processi di trasformazione quali l’accelerazione sociale tipica della globalizzazione economica, la diffusione delle nuove tecnologie informatiche o la frammentazione delle preferenze politiche; processi tipicamente riassunti dall’etichetta “disintermediazione”.
In un contesto sociale in cui l’immediatezza diventa l’argomento centrale delle critiche contro i meccanismi e gli attori chiave delle democrazie rappresentative, i partiti risultano schiacciati tra processi di “disintermediazione verticale” – cioè di personalizzazione – nel rapporto fra elettori e leader e “disintermediazione orizzontale” che ne investono l’organizzazione interna e ne ridefiniscono funzioni e competenze, anche rispetto ai movimenti o al fiorire di esperimenti partecipativi e deliberativi.
Il panel si propone di riflettere sull’incidenza di questa tendenza alla disintermediazione sui partiti e sulla messa in questione del loro ruolo di istituzioni di rappresentanza, sollecitando contributi, di taglio empirico o teorico, che affrontino le tematiche seguenti:

- Riforme intra-organizzative, primarie, personalizzazione e, più in generale, processi di disintermediazione nei partiti politici;
- L’effetto della delegittimazione dei corpi intermedi sulla forma di governo democratica e sulla partecipazione politica;
- Nuovi partiti, tra pratiche e retoriche di disintermediazione;
- Rapporto fra democrazia diretta, mandato libero e critica ai corpi intermedi, in prospettiva storica e teorica;
- Critica al professionismo politico: rischi e opportunità del “fai-da-te”;
- Il ruolo di movimenti e soggetti politici extra-istituzionali (e.g. citizen lobbying) nel ridefinire il rapporto fra cittadini, politica e politiche.

Chairs: Massimo Cuono, Daniela Piccio

Discussants: Franca Roncarolo

La dimensione organizzativa di Podemos: verso un nuovo modello di partito?
Raffaella Fittipaldi (raffaella.fittipaldi@unifi.it)
AbstractIl paper si propone di affrontare l’evoluzione di Podemos, dalla genesi al II Congresso, passando per le varie tappe elettorali. Podemos nasce ufficialmente nel gennaio 2014 e dopo soli quattro mesi beneficia già di cinque eletti all’Europarlamento. Ottiene successo anche nelle tornate elettorali regionali, locali (presentandosi in quest’ultimo caso in Piattaforme Municipali di coalizione) e politiche, rompendo la dinamica bipartitica del sistema spagnolo. Gli interrogativi di base di questo lavoro sono: a) come si è costruito il partito? b) Quali fattori gli hanno consentito di raggiungere così notevoli risultati elettorali? Nella consapevolezza che, per fornire risposte fondate a queste domande, è indispensabile studiare la struttura organizzativa del nuovo attore politico, lo studio si focalizza su questa dimensione. Organizzazione, cultura politica e strategia di Podemos sono il risultato di vocazioni differenti: l’orizzontalismo convive con il verticalismo, la partecipazione diretta e immediata con la presenza di un leader riconosciuto, l’insistenza sui temi sociali e la strategia catch-all con una forte cultura identitaria. Si presentano in questa sede i dati raccolti grazie alla ricerca condotta ai fini della stesura di una tesi di dottorato e i risultati parziali ottenuti tramite l’analisi qualitativa, effettuata con l’ausilio del software NVivo, delle interviste semi-strutturate a militanti di base e a quadri del partito. Il lavoro è altresì corredato dall’analisi quantitativa dei dati raccolti attraverso la somministrazione di questionari ai partecipanti al II Congresso di Podemos, tenutosi nel febbraio 2017 a Madrid, e poi analizzati con il software SPSS. L’utilizzo congiunto di metodi qualitativi e quantitativi è finalizzato ad una più ampia comprensione del fenomeno che, tuttora in divenire, necessita di una consistente suffragazione di dati e di cautela nell’analisi. Lungi dal proporre generalizzazioni, la ricerca svolta porta ad individuare in Podemos un caso ideale di partito-movimento, in cui, nonostante il carattere ibrido, la dimensione partitica e verticale prevale, per ora, su quella orizzontale del movimento. Le riflessioni qui svolte sfociano in una domanda: l’ibrido si cristalizzerà, oppure la preponderanza di uno degli elementi componenti la diade partito-movimento inciderà definitivamente sulla sua istituzionalizzazione?

Il parlamentarismo diretto del M5S: un’analisi delle affordance tecnologiche di Rousseau
Marco Deseriis (marco.deseriis@sns.it)
AbstractSebbene la tendenza alla disintermediazione politica sia un fenomeno complesso, che investe tutti i partiti politici, diversi piani della rappresentanza, e quindi l’esercizio stesso del potere sovrano, in Italia questo fenomeno si manifesta con particolare evidenza e intensità nel Movimento 5 Stelle. La presentazione discute la disintermediazione nel M5S attraverso un’analisi delle affordance tecnologiche e degli usi della piattaforma Rousseau, il “sistema operativo” del M5S. Intrecciando l’analisi empirica delle funzionalità della piattaforma, con dati quantitativi riguardanti il suo uso e dati qualitativi raccolti durante l’ultimo meeting nazionale del M5S, la presentazione sostiene che Rousseau prefigura e incarna un modello emergente di “parlamentarismo diretto.” Tale modello permette agli iscritti del M5S di intrattenere un rapporto apparentemente diretto con i propri rappresentanti, a spese tuttavia dei processi deliberativi che determinano la linea politica e gli orientamenti strategici del partito. Compartimentalizzando il momento deliberativo e l’esercizio della volontà, Rousseau tende così a separare ciò che Chantal Mouffe chiama “il politico”—inteso come le varie espressioni di un antagonismo sociale non mediato—dalla politica, intesa come il contesto istituzionale in cui i conflitti vengono invece mediati e regolati.

Verso una rappresentanza davvero virtuale? Il partito politico e la «democrazia immediata»
Antonio Campati (antonio.campati@unicatt.it)
AbstractIl partito politico da canale privilegiato per introdurre legittimamente elementi aristocratici all'interno della democrazia moderna viene ormai identificato con un’entità «liquida» (ma nient’affatto «leggera») incapace di veicolare le pretese di rappresentanza. Parallelamente, la prassi democratica sembra prediligere relazioni «immediate» tra il popolo e il «suo» leader ponendo in secondo piano l’azione dei corpi intermedi, un tempo considerata imprescindibile. Il presente contributo prende avvio dalla ricostruzione di questo duplice processo di trasformazione per ricordare, innanzitutto, che la democrazia rappresentativa non può fare a meno di strumenti di mediazione tra rappresentante e rappresentato. In seguito, nell’argomentare questo obiettivo, riserverà particolare attenzione ai lineamenti della «democrazia immediata» verso la quale questi due processi sembrerebbero condurci. In verità, l’espressione «democrazia immediata» non è affatto inedita, ma l’accezione con la quale viene intesa oggi è certamente differente rispetto al passato. Una sua ricostruzione teorico-concettuale ci consentirà di focalizzarne nello specifico due diverse declinazioni che si differenziano proprio per il ruolo che assegnano ai partiti: evocare la «democrazia immediata» nella «democrazia dei partiti» equivale a incentivare una partecipazione più diretta dei cittadini, ma pur sempre attraverso i corpi intermedi; viceversa, nella «democrazia del leader» il più delle volte esprime il desiderio di rafforzare il decisionismo del capo di governo e di partito. Sulla base di questa distinzione, si avanzeranno delle ipotesi su come i partiti politici si apprestano a interpretare la loro funzione di intermediari nell'attuale fase di disintermediazione (non solo politica). È realistico pensare che la devolveranno ai motori di ricerca o ai gestori dei siti internet attraverso i quali si tenta di costruire la web democracy? O, forse, saranno loro stessi a dismettere completamente le già esigue risorse «fisiche» per vestire i panni di soggetti virtuali capaci di trasmettere immediatamente le istanze dei cittadini? In questo secondo caso, si profilerebbe una versione della «rappresentanza virtuale» ben lontana da quella evocata da Edmund Burke, ma sicuramente decisiva nel trasformare gran parte dei presupposti sui quali si è basata la relazione tra rappresentanti e rappresentati all’interno della democrazia contemporanea.

Perché il community organizinge è tornato di moda? Lezioni americane sul rapporto tra domanda sociale e politica
Mattia Diletti (mattia.diletti@uniroma1.it), Riccardo Buonanno (riccardobuonanno@gmail.com), Alessandro Coppola (alessandrocoppola1978@gmail.com)
AbstractIl Community Organizing è un metodo - più che una cultura vera e propria - sperimentato nella Chicago degli anni ’30, allo scopo di creare coalizioni territoriali capaci di svolgere attività di “sindacalismo” territoriale (Il Community Organizing nacque per iniziativa di un sociologo allievo di Clifford Shaw, Saul Alinsky, Horwitt, 1992). Si tratta di una forma di autorganizzazione politica diffusa nelle comunità svantaggiate del paese, specialmente tra quelle urbane: un sindacalismo di comunità (d’ispirazione solidale) che si mobilita, attraverso la costituzione di organizzazioni formalmente strutturate, su obiettivi specifici e di ampiezza relativamente limitata (Gecan, 2004); nella quale i leader delle comunità sono solitamente sottoposti a un training di tipo manageriale, volto a ottimizzare le loro capacità organizzative. L’eredità principale di Saul Alinsky consiste, quindi, nella diffusione del suo “sapere pragmatico”, i precetti organizzativi finalizzati alla costruzione di “sindacati di territorio” (aperti e inclusivi, come può essere un’organizzazione costretta a far convivere gruppi etnici e culture assai composite: Coppola, 2013). Organizzazioni quali Seiu (Service Employees International Union, il sindacato dei servizi) e United Here hanno usato tecniche “alla Alinsky” nella sindacalizzazione di settori ad alta intensità di manodopera - il terziario arretrato: commercio, turismo, lavoro di cura, etc. - e di gruppi sociali marginali: ispanici ed afro-americani, prima di tutto. Si è avuto, in ultimo, un travaso di know how organizzativo dal mondo del Community Organizing alla politica (Diletti, Toaldo, Mazzonis, 2009): Organizing For America (OFA) – il gruppo nato poco dopo la vittoria di Obama nelle elezioni del 2008 – si era definito come un “community organizing project” (legato in modo formale al Democratic National Committee) nato allo scopo di costruire mobilitazione e sostegno all’iniziativa legislativa del Presidente. Nell’ultimo decennio il metodo si è diffuso in Europa (Francia, Spagna, Italia, Germania, Gran Bretagna…), con progetti pilota e la creazione di nuove organizzazioni legate formalmente a quelle statunitensi: il paper si pone l’obiettivo di ricostruire le specificità di contesto del caso americano e domandarsi se, e con quali caratteristiche, sia possibile ipotizzarne uno sviluppo europeo.