Section 13. Università e territorio. Terza missione, trasferimento tecnologico e Scienza politica (University and Territory. Third Mission, Technology Transfer and Political Science)
Coordinators: Giovanni Allegretti (giovanni.allegretti@ces.uc.pt), Lorenzo Ciapetti (lorenzo.ciapetti@unibo.it)
Panel 13.1 L’impatto della “Terza missione” delle Università sullo sviluppo regionale e le città
Chairs: Patrizia Messina
Discussants: Paolo Graziano
Università Europea, capitalismo accademico e tripla elica.
Sara Petroccia (sarapetroccia@gmail.com), Andrea Pitasi (pitasigda@gmail.com), Emilia Ferone (emiliaferone@gmail.com)
Abstract
Già a partire dalla Bologna Declaration del 19 giugno 1999 un sistema educativo europeo comune ed unificato è diventato una priorità dell’agenda UE. La compatibilità e la comparabilità dei sistemi di alta formazione è riconosciuta come una condizione fondamentale per rendere competitivo il sistema educativo Europeo. Per realizzare un sistema universitario europeo è necessario individuare quali debbano essere le caratteristiche principali di questo sistema e quali le ripercussioni quindi sul capitale umano ed intellettuale dell’università ovvero professori, ricercatori e personale tecnico amministrativo. Nella Yerevan Communiqué del 14-15 maggio 2015 si esplicita la necessità per un’università Europea di incentivare lo spirito imprenditoriale e la stretta connessione che deve stabilirsi tra le tre missioni dell’università. È ormai noto quali siano le tre missioni dell’università: la ricerca, la didattica e la terza missione. Quanto alle prime due, sebbene si siano evolute nel corso del tempo diventando sempre più impegnative e valutate attraverso sistemi sempre più stringenti, sono storicamente le missioni che definivano l’università stessa. Sicuramente più nuova almeno in termini di formalizzazione è invece la terza missione ovvero il contributo che l’università dà alla crescita sociale e culturale della società in generale e della comunità più in particolare. Essa si esplica attraverso il rapporto che le università instaurano con le organizzazioni della società civile, con i mass media, con i gruppi di cittadini ecc. in una logica da tripla elica come teorizzata da Loet Leydesdorff.
Una caratteristica fondamentale è l’imprenditorialità: un’università Europea deve essere imprenditoriale e per essere tale deve trasformare la propria organizzazione e la propria struttura per renderla flessibile e costantemente in ascolto della società civile. È un’università che, per opera della terza missione e della tripla elica, cambia al cambiare della società che a sua volta cambia al cambiare dell’università. Le trasformazioni riguardano soprattutto il capitale umano che si trasforma in capitale intellettuale che in questo caso è capitale accademico. L’università europea della conoscenza opera quindi in un regime di capitalismo accademico ovvero, usando le parole di Slaughter, Leslie and Rhoades, acquisisce comportamenti market-like dotandosi di strutture interne che fungano da connettori con il mondo esterno in una sorta di “commercializzazione” dei propri prodotti.
Dalla pratica alla teoria e ritorno: il caso dello spin off universitario SHERPA srl
Patrizia Messina (patrizia.messina@unipd.it), Lorenzo Liguoro (lorenzo.liguoro@unipd.it)
Abstract
Le politiche di sviluppo locale, legate all’analisi dei contesti territoriali e delle reti di governance multilivello e multi-stakeholer, hanno messo in luce una difficoltà evidente nell’adottare soluzioni standard, facilmente trasferibili da un contesto all’altro. Ciò tuttavia non impedisce di elaborare in questo ambito un “sapere esperto” che si configura come un metodo aperto in grado di accompagnare gli attori locali in un percorso collaborativo di design e implementazione di strategie di sviluppo.
In questa accezione del termine il “trasferimento tecnologico” si configura come “condivisione di sapere codificato” nell’ambito di processi di policy design partecipativi.
La forma imprenditoriale dello spin off universitario consente di valorizzare la conoscenza acquisita dalla ricerca sul campo, per renderla fruibile al territorio. Essa rappresenta una evoluzione del modello di business che caratterizza il funzionamento eco-sistemico di una comunità territoriale, ricostruendo su logiche aperte di mercato i canali di produzione e scambio di valore, introducendo una logica di servizio e di responsabilità sociale nelle scelte e nelle pratiche di produzione e diffusione del sapere scientifico.
Il paper focalizza l’attenzione sull’esperienza maturata sul campo a questo riguardo, presentando il caso dello spin off dell’Università di Padova SHERPA srl, costituito nel marzo 2017, con l’obiettivo di rafforzare le relazioni cooperative tra università e territorio.
I parchi scientifici e tecnologici (PST) come strumenti d’innovazione territoriale
Davide Gianluca Bianchi (davidegianluca.bianchi@gmail.com), Giorgio Petroni (giorgio.petroni@lambrate.inaf.it)
Abstract
Per affrontare i problemi dello sviluppo locale si è fatto ricorso, in misura crescente, negli ultimi trent’anni, all’istituzione di parchi scientifici e tecnologici (PST). Ciò è avvenuto in ogni area del mondo, secondo le stime dell’associazione internazionale che riunisce buona parte di queste strutture (IASP). E’ tesi di questa ricerca che l’Italia abbia accusato un certo ritardo nell’adozione di questo paradigma, particolarmente trascurato dalle regioni, alle quali, con la riforma del 2001 del titolo V della Costituzione, sono state affidate – fra le “materi concorrenti” – specifiche competenze in ordine alla “ricerca scientifica e tecnologica”. Come il saggio cercherà di mostrare, una adeguata sensibilità politica a questo riguardo si è manifestata solo in piccola parte, tuttavia ottenendo talvolta dei risultati non trascurabili. L’insufficiente azione delle regioni in questo settore è stata finora principalmente determinata sia da alcuni errori di prospettiva negli indirizzi di politica industriale a favore dei cosiddetti “distretti” disseminati in vari territori del Paese, sia dalla mancanza di adeguate competenze professionali da parte del management.
La letteratura scientifica più recente, lavorando su molte evidenze empiriche, consente di cogliere gli elementi critici che, positivamente o negativamente, possono condizionare la riuscita di interventi di questo genere. Il presente lavoro si propone pertanto di accrescere il livello di consapevolezza sulle opportunità offerte dai PST: di questi ultimi verranno in particolare segnalati eventuali motivi d’inefficacia e limiti, ma anche i possibili fattori di successo. Inoltre verranno indicate le “specifiche tecnico-organizzative” commentando alcune esperienze di successo conseguite da 6 case studies – Parco scientifico e tecnologico della Valle Scrivia (Tortona), Bioindustry Park (Ivrea), Kilometro rosso (Bergamo), Parco tecnologico padano (Lodi), Area scince Park (Trieste), Parco scientifico di Udine ‘Luigi Danieli’ – dislocati in tre regioni del Nord Italia – Piemonte, Lombardia e Friuli - Venezia Giulia – di cui sono state analizzate le relative policy in chiave comparativa.
Per la realizzazione del paper si è fatto ricorso a un metodo misto: studio della letteratura specialistica, analisi dei documenti regionali di policy, interviste semi-strutturate al management dei PST.
La “Terza missione” delle Università: un policy concept alla ricerca di politiche territoriali
Lorenzo Ciapetti (lorenzo.ciapetti@unibo.it)
Abstract
L’irruzione della Terza Missione (quella che si affianca alle missioni dell’insegnamento e della ricerca) nel processo di governance e di valutazione del sistema universitario in Italia consegna importanti indicazioni sulla capacità istituzionale degli atenei, ma lascia scoperto lo “spazio di sistema” che caratterizza la TM e che è uno spazio multiattoriale e multilivello. La TM è oggi concepita come un mix di strumenti regolativi e soft instruments che fanno parte del mix dedicato alla governance del sistema universitario, al fine di migliorare la valorizzazione della ricerca degli atenei e valutarne l’impegno a livello sociale. Ma cosa ne è della visione di “ecosistema” per cui la TM è un processo che coinvolge diversi attori, in diversi ruoli con la finalità di migliorare il contesto imprenditoriale e innovativo (sia sociale che economico) di un sistema regionale? Questo articolo guarda alla TM nella duplice prospettiva della Scienza Politica e quindi della TM come strumento di policy e oggetto di policy design e degli studi di innovazione regionale e quindi di analisi di sistemi complessi dell’innovazione e propone, oltre a possibili percorsi di ulteriore ricerca, un framework valutativo “relazionale” della TM, alla luce di una analisi empirica cross-sectional sui dati ANVUR 2011-2014.
Panel 13.2 Trasferimento di tecnologia e Spin off innovativi. Il contributo della Scienza politica
Chairs: Giovanni Allegretti, Paolo Graziano