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Convegno Sisp 2017

Paper Room

Section 10. Studi regionali e politiche locali (Regional studies and local policies)

Coordinators: Patrizia Messina (patrizia.messina@unipd.it), Stefania Profeti (stefania.profeti@unibo.it)

Panel 10.1 Etnoregionalismo e territorio tra crisi dell’UE e riscoperta delle identità sub-nazionali/Etnoregionalism and territory between crisis of the EU and the rediscovery of sub-national identity

Chairs: Adriano Cirulli, Carlo Pala

Discussants: Michel Huysseune

Towards a Euro-regional migration governance? Comparing the political debates on refugees and asylum seekers in the European Region Tyrol-South Tyrol-Trentino
Alice Engl (alice.engl@eurac.edu), Verena Wisthaler (verena.wisthaler@eurac.edu)
Abstract The proposed paper analyses political debates on regional migration governance in the border area between Italy and Austria. It focuses on the two Italian provinces South Tyrol and Trento and the Austrian region Tyrol. The three entities form the European Region Tyrol- South Tyrol-Trentino, which represents an interesting context to analyse regional migration governance. First, the Brenner pass, an important gate in the refugee flow from South to North, runs as state border through the European region. Second, the region has a particular historical identity and a strong transnational cooperation at the sub-state level. Furthermore, the political landscape of the three entities shows political-ideological similarities regarding government and opposition parties. Hence, this article compares the debates on asylum seekers and refugee flows in the three regional parliaments. We assume that the euro-regional framework of cooperation and the political-ideological similarities of governing and opposition parties lead to similar interpretations of the refugee issue. However, the analysis reveals significant differences in the political discourses, such as interpreting the refugee flow as state of emergency requiring humanitarian aid (South Tyrol) versus perceiving it as movement of people requiring integration measures (Tyrol). Thus, institutional cooperation and political-ideological similarities do not necessarily translate into a similar political debate. Instead, alternative explanations, such as institutional or cultural factors, must be identified to account for the differences in the discourses. The empirical results of the article build on a structured qualitative analysis assisted by Atlas.ti of the debates of the three regional parliaments in 2015 and 2016.

Nazione e nazionalità nello Stato Plurinazionale della Bolivia
Antonello Canzano (antonello.canzano@unich.it)
Abstract Il rapporto fra nazione e nazionalità, quest’ultima declinata al plurale, ha vissuto in alcuni paesi dell’America Latina dalla metà degli anni ’90 un inedito sviluppo che articolatosi in modi differenti ha portato in alcuni casi, come la Bolivia, a configurazioni istituzionali e di potere in netta discontinuità con l’assetto precedente. Il punto partenza è costituito dall’avvio del processo di indigenizzazione, inteso come partecipazione delle popolazioni indigene a tutti i livelli della vita politica del paese e che si determina proprio a partire dalla relazione fra questione indigena e questione nazionale tendente alla costruzione di nuove identità nazionali accompagnato da una radicale trasformazione dello stato attraverso processi costituenti e politiche pubbliche riformatrici. Se l’indigenizzazione secondo Huntington rinvia al rapporto fra potere e cultura, il caso dell’indigenizzazione boliviano ripropone proprio il rapporto fra amplissimi segmenti della popolazione, definite nazionalità, portatori di una specifica cultura e la loro capacità di autodeterminarsi sia come “nazioni” che in termini di decisioni politiche. Il paper, frutto di una ricerca pluriennale sul caso boliviano, analizza l’intero processo di indigenizzazione della politica che culmina, si pur con limiti ed incongruenze, con la costruzione dello Stato Plurinazionale di Bolivia. L’analisi si concentra: sulla genesi, evoluzione, organizzazione e ideologia dei movimenti e dei partiti indigenisti; sui contenuti del processo costituente che ha affermato un vero e proprio “costituzionalismo indigenista”; sulla realizzazione dello stato plurinazionale che tenta di coniugare la nazione con le nazionalità sia in senso orizzontale che verticale; infine, sul tipo di democrazia che ne consegue, definita “interculturale”, che potrebbe rappresentare un laboratorio per chi volesse guardare ad un diverso modello di interazione democratica. L’esperienza boliviana impone una riflessione sui tradizionali concetti di stato e nazione a partire dai nuovi rapporti che significativamente si esprimono sia nell’ambito della partecipazione politica che nell’ambito delle appartenenze “etnonazionali”.

Sicilia indipendente: prospettive politiche di un nuovo identitarismo insulare siciliano
Giuseppe Consiglio (gfconsiglio@virgilio.it)
Abstract Nuovi afflati genuinamente indipendentisti sono sorti in Sicilia negli ultimi anni. Dalla costellazione di gruppi e movimenti irredentisti siciliani sembrano emergere almeno due importanti realtà che aspirano ad un ruolo egemonico all’interno di un’area politica sempre più affollata: il Movimento Nazionale Siciliano, sorto da un patto federativo per l’autodeterminazione della Sicilia che aggrega Sicilia Nazione, Fronte Nazionale Siciliano e Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, il cui leader e designato candidato alla presidenza della Regione Siciliana è il professore Gaetano Armao già assessore regionale al Bilancio e docente di diritto amministrativo nonché coordinatore di Sicilia Nazione, e il movimento politico Siciliani Liberi guidato dal professore Massimo Costa, sorto da una rottura interna a Sicilia Nazione. Alla base dei dissidi che hanno portato il gruppo di Costa alla scissione, l’assoluta intransigenza circa la possibilità di stringere alleanze con partiti politici italiani, via che invece sembra voler percorrere Armao pronto a traghettare il Movimento Nazionale Siciliano in una coalizione di centrodestra per affrontare la campagna elettorale che porterà il 5 novembre del 2017 al rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana. Si ripropone in versione 2.0 l’eterno scontro tra autonomisti ed indipendentisti, tra coloro che pur proclamando l’indipendenza come ideale sono comunque disposti a scendere a patti con i partiti politici centralisti e chi invece lotta per un reale affrancamento dell’isola dallo stato italiano. Le amministrative di giugno rappresentano un importantissimo banco di prova per queste giovani formazioni in particolare per Siciliani Liberi che si presenta a Palermo con un proprio candidato sindaco, l’architetto Ciro Lo Monte. Partendo dalla nascita del Movimento per l’Indipendenza della Sicilia che rappresentò la sfida più difficile e perniciosa con cui lo stato italiano fu costretto a confrontarsi al termine della Seconda guerra mondiale e ripercorrendo alcuni degli avvenimenti salienti che hanno determinato nei secoli la nascita di un sentimento indipendentista siciliano, il paper si propone di offrire un quadro chiaro di una realtà in fortissima evoluzione censendo le nuove formazioni indipendentiste ed analizzandone prospettive, programmi e forza elettorale.

Panel 10.2 Oltre la frammentazione amministrativa: politiche di riordino istituzionale in Italia e in Europa

Chairs: Lorenzo Ciapetti

Discussants: Silvia Bolgherini, Patrizia Messina

Politiche di riordino e piccoli comuni: quale sostenibilità istituzionale? I casi di Italia e Francia a confronto
Patrizia Messina (patrizia.messina@unipd.it)
Abstract Quanto gioca la riduzione del numero dei comuni, soprattutto piccoli, nelle politiche di sviluppo regionale? Recenti ricerche sul tema hanno messo in luce come una politica di riduzione del numero dei Comuni possa costituire uno dei fattori rilevanti per favorire politiche integrate di sviluppo regionale. I dati mostrano infatti una correlazione positiva tra capacità istituzionale e competitività regionale. Questo dato tuttavia deve essere contestualizzato, poiché non può essere inteso come una regola ferrea, ovvero come un collegamento diretto e necessario tra la riduzione del numero dei Comuni e un efficace governo regionale. Il caso francese, con 36.658 Comuni e un indice di competitività regionale superiore alla media, costituisce infatti un’importante eccezione che, confrontata con il caso italiano (7.971 Comuni, Istat 1/07/2017), può essere molto istruttiva al riguardo. Se è vero infatti che la Francia non ha diminuito il numero dei Comuni, è anche vero che i Comuni francesi sono poveri di funzioni e che oltre il 97% del territorio francese è coperto da associazioni di Comuni, le quali svolgono le funzioni che in Italia vengono imputate all’Ente comunale, indipendentemente dalle sue dimensioni. Questa è anche una delle ragioni per cui le associazioni di Comuni francesi, in certa misura obbligatorie, si sono potute realizzare con più facilità rispetto al caso italiano: in Francia si trattava di aggiungere funzioni, in Italia di toglierle e spostarle a livello sovralocale. Il paper analizza in chiave comparata i due casi francese e italiano, mettendo in luce la rilevanza della dimensione istituzionale e della sua storia, per suggerire alcune linee di indirizzo utili per le politiche di riordito territoriale delle regioni italiane.

Does Inter-municipal cooperation in Italy work? Possible key factors for consolidation and upscaling
Mattia Casula (mcasula@luiss.it), Silvia Bolgherini (silvia.bolgherini@unina.it), Mariano Marotta (mariano.marotta@unical.it)
Abstract Inter-municipal cooperation (IMC) in Europe is a decade-long issue but in the last years it has (re)gained political and scholarly attention in several European countries. Indeed IMC proliferation often depends on, among other factors, financial incentives. This may sometimes lead to a facade role of IMC forms: they are created to receive incentives, thus they formally exist but are substantially inactive. Under the austerity and the relevant domestic budget-constraining conditions this possibility is even more problematic. By taking financial vitality of the Italian municipal unions (MUs) as an indicator for their activity and by employing an original database created by the authors, the paper analyses the reasons that can determine their faltering activity. Four variables will be considered in order to assess their impact on financial vitality and thus on the overall activity and functioning of the MUs. The paper aims at contributing to the current international debate about how IMCs should be governed, as well as about their political and economic capacity and on the determinants for the stability of IMC arrangements.

Elezioni dei Consigli Metropolitani: caratteristiche, esiti e nodi emersi in occasione del voto del 9 ottobre 2016
Marina Caporale (marina.caporale@unibo.it), Giancarlo Gasperoni (giancarlo.gasperoni@unibo.it)
Abstract Il contributo analizza la normativa in materia di elezioni di secondo livello degli organi delle Città Metropolitane (CM), fa il punto su come, a partire da questa, si siano determinati gli assetti nella tornata elettorale del 2016 che ha interessato ben 5 CM, tra cui le più popolose e significative: Torino, Milano, Bologna, Roma Capitale, Napoli, a seguito delle elezioni tenutesi nei rispettivi comuni capoluogo. In particolare, si descrive l’assetto degli organi e il sistema elettorale (in cui elettorato attivo e passivo sono costituiti dall’insieme dei sindaci e consiglieri comunali di tutti i comuni del territorio della CM) che porta alla formazione dei Consigli Metropolitani, si delinea l’offerta politica emersa, si dà conto della partecipazione al voto e degli esiti. Si discutono alcuni nodi, specie in relazione alla ponderazione demografica del voto e alla rappresentanza, anche di genere, e alla necessità di ricorrere alla surroga di quegli eletti che decadranno dalla carica di Consigliere Metropolitano. Solo per 2 dei 5 Consigli si è realizzata una maggioranza politica (coerente con l’orientamento del Sindaco Metropolitano). Le preferenze espresse hanno privilegiato i candidati uomo, e la maggior parte delle liste sono inadempienti in relazione all’equilibrio di genere, previsto dalla legge Delrio a partire dalla fine del 2017. La relativa scarsità di amministratrici locali potrà costituire un forte vincolo sulla formazione delle liste per le elezioni dei Consigli Metropolitani. Il ricorso alla ponderazione del voto in funzione dell’ampiezza demografica dei comuni di provenienza degli elettori comporta conseguenze inattese: deprime l’affluenza al voto fra gli amministratori dei comuni piccoli e si associa a un minore tasso di candidatura e di eleggibilità fra gli stessi. Il legame fra elezioni comunali del capoluogo e durata in carica del Consiglio fa sì che le cariche consiliari nelle CM saranno interessate da un rilevante tasso di decadenze e conseguenti surroghe, compromettendo l’operatività dell’organo e la sua rappresentatività; molti seggi sono destinati ad essere occupati da candidati che non hanno accolto alcuna preferenza e/o a rimanere a lungo vacanti. Questi spunti critici rendono auspicabile un nuovo intervento del Legislatore.

Panel 10.3 Politiche regionali per lo sviluppo territoriale: pratiche di valutazione e loro impatto sull’innovazione istituzionale

Chairs: Pierfrancesco Fighera

La città come laboratorio di inclusività delle politiche pubbliche : le politiche urbane di genere e il caso di Vienna
Giada Storti (jadesto.gs@gmail.com), Lorenza Perini (lorenza.perini@unipd.it)
Abstract I cambiamenti sociali, politici e culturali avvenuti negli ultimi anni hanno messo in crisi un sistema di politiche pubbliche già debole e frammentato. Il numero di attori in gioco è aumentato portando con sé una forte pluralità di interessi. Le arene politiche classiche non risultano più essere il luogo adatto in cui far avvenire il confronto tra attori. Come reagire dunque a questo cambiamento? I processi partecipativi inclusivi nel campo delle politiche urbanistiche sembrano offrire uno spunto teorico e pratico. Le città stanno diventando sempre più luoghi dinamici e in continuo mutamento trovandosi a dover rispondere ai continui e repentini cambiamenti dovuti a società sempre più plurali. La città diviene quindi un piccolo laboratorio nel quale ogni giorno si manifestano processi partecipativi inclusivi e plurali ai quali è utile guardare. È possibile dunque osservando gli esiti di processi politici locali trovare risposte che trovino applicazioni generale? Aaron Wildawsky in ‘A leadership of a small town’ osserva che classificando le questioni oggetto di decisioni pubbliche per settori di problemi e aree di intervento e gli esiti più frequenti cui danno luogo, si osservano correlazioni tra aspetto di contenuto delle politiche ed esiti. Questo significa che osservare il modo in cui le politiche urbanistiche vengono gestite può essere una strada per trovare nuovi modi per gestire anche altre tipologie di politiche pubbliche. La nostra ricerca si è focalizzata su un caso studio quello delle politiche urbane di genere della città di Vienna. La municipalità austriaca si avvicina alla pianificazione urbana di genere nel 1991, nel contesto di una mostra promossa da due giovani progettiste che lavoravano nel dipartimento di pianificazione della città, Eva Kail e Jutta Kleedorfer. A seguito dell’interesse sul tema, nel 1992 è stato istituito dalla municipalità il Women’s Office con il compito di affrontare problemi di pianificazione con specifico riferimento alle questioni di genere. A partire da queste esperienze, nel 1998 un gruppo di pianificazione specializzato in questioni di genere viene istituito presso la Direzione dei servizi tecnici nella città. L’esperienza della città di Vienna ha riguardato diversi ambiti della pianificazione dalle abitazioni, ai trasporti pubblici, ai parchi, alle piazze e alle aree pedonali. Questa esperienza mostra come il cambiamento nel modo di guardare a una singola politica pubblica abbia poi avuto ripercussioni sull’intero modo di guardare alle politiche e come esse siano tutte naturalmente connesse non solo tra loro ma anche con lo spazio fisico della città.

LA STRATEGIA DI SVILUPPO LOCALE DI TIPO PARTECIPATIVO: STRATEGIE, RUOLI E ATTORI
Marco La Bella (marcolabella@unict.it), Giuseppe Sigismonto Martorana (gsmartorana@yahoo.it), Patrizia Santoro (santoropatrizia1@gmail.com)
Abstract L’orientamento prevalente che sembra emergere dalle politiche per il periodo di programmazione europea 2014-2020 è rappresentato dal rafforzamento dei modelli di governance, già sperimentati a partire dagli anni ’90, in continuità con l’approccio place based allo sviluppo locale e alla “nuova” visione delle politiche di coesione e di sviluppo dello spazio europeo. Lungo questo solco, il modello indicato dall’Unione Europea è quello del Community Led Local Development (CLLD), un approccio bottom up che accentua il ruolo proattivo delle diverse componenti istituzionali, pubbliche e private nei processi di sviluppo locale. Nell’attuazione di questo modello, le aree rurali costituiscono, ancora una volta, uno dei laboratori privilegiati. I GAL (Gruppi di Azione Locale) – già protagonisti nell’attuazione del programma di iniziativa comunitaria LEADER – sono i soggetti “protoistituzionali” o “quasi-istituzionali” investiti, per la loro natura, di nuovi compiti rispetto ai precedenti periodi di programmazione. Essi non soltanto propongono, attraverso i Piani di Azione locale (PAL), la strategia di sviluppo rurale ma si fanno anche interpreti e portavoce di altre dimensioni dello sviluppo locale attraverso l’elaborazione di un piano “aggiuntivo” (il cosiddetto “plurifondo CLLD”) a valere sugli altri fondi europei di investimento e, dunque, sugli altri programmi operativi regionali (nel caso della Sicilia, in questa fase, il piano aggiuntivo riguarda esclusivamente il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale). Almeno sul piano formale, dunque, in questo periodo di programmazione i GAL assumono il ruolo di registi della Strategia di Sviluppo Locale di Tipo Partecipativo (SSLTP). Il paper si propone di analizzare l’attuazione di questo modello, guardando al caso siciliano, con l’obiettivo di evidenziarne eventuali peculiarità. In particolare, oggetto di attenzione è la formulazione (almeno in questa fase della ricerca) della strategia SSLTP dei Gal siciliani per valutarne la coerenza col modello proposto dall’Ue. Principale oggetto di osservazione è dunque la relazione intercorrente tra i diversi partenariati che hanno partecipato alla elaborazione della SSLTP ed i “tematismi” scelti da ciascun partenariato per definire la strategia del Piano di Azione Locale. Questa prima ricognizione costituisce il primo significativo step di un percorso di ricerca volto a valutare, attraverso l’analisi multifattoriale, l’influenza di diverse variabili – quelle relative al contesto socio-economico e al territorio, quelle relative alla stratificazione degli “eventi” di pianificazione per lo sviluppo, quelle relative agli assetti istituzionali di area vasta – sulle caratteristiche e sui processi di politiche di sviluppo locale.

Study Circles: politiche regionali e il ruolo dei mentor nello sviluppo locale
Daniel Spizzo (spizzo.daniel@gmail.com)
Abstract Le pratiche innovative di animazione e sviluppo locale attraverso la metodologia dei circoli di studio in alcune regioni italiane hanno attratto recentemente l’attenzione di numerosi studiosi. In alcuni casi sono state direttamente finanziati dalle amministrazioni regionali. Trattasi di metodi e tecniche di progettazione integrata a forte contenuto “democratizzante ed inclusivo”, che contrastano in modo aperto l’approccio tradizionale a bando del Project Cycle Management dell’Ue (D’Amico 2014, Schunk 2014, Carrino 2016). In un’ottica comparata, è stata ampiamente valutata anche dall’Agenzia nazionale per la coesione a livello della Strategia per le Aree Interne (Barca 2014, Carrosio 2016), da Ideass e dalla Kip School di Roma (Carrino 2016). Da non sottovalutare poi l’attenzione recente rivolta ad esse dalla “Scuola Fiorentina” (Dal Gobbo 2014) e dagli studiosi delle cd. “Aree Fragili” (Osti 2016). In tali casi, da più parti, è stata evidenziata l’importanza del ruolo svolto dai mentor dei circoli di studio. La loro skills certification ormai è diventata una priorità per gli addetti del settore. Al di là degli attestati di frequenza rilasciati dalla autorità regionali che hanno finanziato corsi specifici di formazione, essi richiedono anche un riconoscimento normativo di valenza europea (Skills Panorama 2017) che possa essere speso anche all’estero. Il tutto è funzionale soprattutto ad alcune politiche innovative finanziati da programmi CLLD (Community led local development) in ambito Leader (Tartu Declaration 2016) e Interreg 2014-2020 che stanziano fondi per svolgere attività di facilitazione e animazione in spazi di progettazione transnazionali sempre più integrati. In tale prospettiva, oltre ad un’attenta analisi di un documento cruciale come ”Renewing LEADER/CLLD for 2020+”, nel presente paper verranno presentati alcuni report di valutazione, studi e best practices che si riferiscono a progetti effettivamente implementati in varie aree dell’Ue e che testimoniano un orientamento fortemente rivolto alla sostenibilità e al coinvolgimento partecipativo delle comunità contro politiche di neoregionalismo e neocentralismo sempre più orientate invece ad alimentare la competizione tra attori territoriali attraverso i classici procedimenti a bando sui grandi assi di intervento di Europa 2020.

Panel 10.4 Enti locali e servizi: a che punto siamo?

Chairs: Maurizio Cerruto, Giulio Citroni

Thoughts on the Governance of Local Transports
Amelia Laura Crucitti (amelia.crucitti@virgilio.it)
Abstract Thoughts on the Governance of Local Transports This research is a focus on governance models of territorial transports, introduced in the legal framework by D.L. no. 138/2011, converted into L. no. 148/2011, which is responsible for the organization of local public services as a network of economic relevance. The analysis moves from recent legislative measures, which define the mobility for regional and local public transport services and, in particular, the governance system of these, as well as the reforms in itinere in the field of local public services. The organizational change dictated by the law places the citizen's right to sustainable mobility at the heart of the "transport" system. Therefore, it is necessary to focus on the relationship between the various institutional levels and on the regulation of the decision-making process in a multilevel governance system, which also includes the «construction of specialized institutions, fragmented into a number of specific functions aimed at achieving the predetermined policy result (Hooghe, L. and Marks,)». The model outlined by the legal provision on management of such essential services will be studied, not only with regard to the operation and effectiveness of the aforementioned action, but also to governance, seen as an innovation lab, aimed at promoting shared policy-making, evaluating the adaptation of the administrative structure to the adopted organizational strategy. The study will focus on these forms of participatory management that involve public actors and integrate the different levels of local and regional government by comparing regional legislation, which governs local public transport, and assessing network planning as a tool and method of efficiency for territorial development policies. The aim is to examine the impact of participatory governance, which characterizes the model of the governmental bodies of the territorial transports in the strategic choices adopted in the mobility management initiatives, assessing any criticalities detected.

Uno, nessuno, centomila? Una mappa delle fonti per lo studio della contrattualizzazione nei comuni italiani
Stefania Profeti (stefania.profeti@unibo.it), Stefania Ravazzi (stefania.ravazzi@unito.it), Andrea Prontera (andrea.prontera@unimc.it)
Abstract La contrattualizzazione delle politiche e dei servizi di pubbico interesse è un fenomeno ormai consolidato in molti governi locali italiani, in particolare in alcuni settori di policy (ad es. i servizi di interesse economico generale, così come i servizi sociali). Le forme che ha assunto sono molteplici: esternalizzazione, affidamento a società partecipate, accreditamento di soggetti privati, partnership pubblico-privato, Nonostante la proliferazione di vari dispositivi e a dispetto del recente sviluppo di piattaforme open-source su aspetti salienti del governo locale (ad es. openbilanci, openpartecipate ecc.), la conoscenza del fenomeno, in particolare delle sue conseguenze sul piano dell'organizzazione e del funzionamento delle amministrazioni pubbliche, è ancora limitata. Partendo da questa premessa, il paper si propone di operare una rassegna ragionata delle fonti di dati ad oggi disponibili per l'analisi del fenomeno della contrattualizzazione negli enti locali italiani, evidenziando potenzialità e limiti di utilizzo per le indagini empiriche, nella convinzione che questa operazione costituisca un primo imprescindibile passo verso la costruzione di una agenda di ricerca metodologicamente solida e "attrezzata" per la comparazione nel tempo, nello spazio e tra i singoli settori. Una agenda che, oltre ad arricchire il dibattito scientifico corrente sulle trasformazioni delle PA, consenta di formulare indicazioni di policy empiricamente fondate su temi di estrema attualità, quali ad esempio la razionalizzazione degli apparati amministrativi e degli strumenti di intervento pubblico, in un contesto di restrizioni finanziarie crescenti e di aumentata consapevolezza dei limiti di coordinamento, controllo ed efficacia delle soluzioni adottate negli ultimi decenni.

Il giuoco delle parti. Il contracting-out come problema di amministrazione, di organizzazione e di policy.
giulio citroni (giulio.citroni@unical.it), Maurizio Cerruto (maurizio.cerruto@unical.it), Cristina Dallara (cristina.dallara@unibo.it)
Abstract Il paper proposto intende inquadrare dal punto di vista teorico il tema del governo locale tramite contratti ed esternalizzazioni, con l’obiettivo di formulare domande e ipotesi di ricerca applicabili al caso italiano. A oltre vent’anni dall’inizio della “grande trasformazione” dei governi locali in direzione dello stato regolatore e del lean state, è maturo il tempo per una lettura critica del mutamento avvenuto nei nostri comuni: superando i discorsi prescrittivi o semplificatori che hanno dominato il discorso pubblico, le domande da porre riguardano ad esempio la maggiore o minore diffusione effettiva degli strumenti contrattuali; i cambiamenti organizzativi adottati per sostenere l’utilizzo di tali strumenti; le conseguenze di tali strumenti – e dei conseguenti, o mancati, cambiamenti organizzativi – sulla politica e le politiche dei governi locali. Il paper, al fine di specificare queste domande e aprire piste di ricerca empirica che permettano di dare ad esse risposta sul campo, attuerà una ricognizione della letteratura politologica sul tema distinguendo tre profili: il primo è un profilo istituzionale e amministrativo, che chiama in causa le aspettative di trasformazione del ruolo dell’ente e del suo rapporto con il territorio e la cittadinanza; il secondo è un profilo organizzativo, relativo al mutamento nella struttura dei costi di transazione, nel controllo delle risorse strategiche, nel sistema di relazioni intra- e inter-organizzative; il terzo è un profilo di policy, in cui l’oggetto di osservazione è la produzione di politiche attraverso contratti, e le conseguenze di questi strumenti sui sottosistemi di policy, sulle strategie degli attori, sulla responsiveness e accountability della democrazia locale.

Government in trasformazione e rigenerazione urbana nel Sud Italia
Tiziana Crispino (tiziana.crispino@unical.it)
Abstract Il dibattito sullo Stato che si svuota delle proprie funzioni per portarle all’esterno delle proprie strutture di potere, affidandole a soggetti pubblici o privati, è uno dei temi che attraversa quasi tutti i settori tradizionalmente appartenenti alla sfera del Government, in generale quello più ampio dei servizi pubblici. Come sostiene Klijn, E. H. (2002) il decision making dell’hollow state risulta caratterizzato da 3 aspetti fondamentali: incertezza relativa alle conoscenze; incertezza istituzionale; incertezza strategica (ibidem). Tale triplice incertezza colloca il modello del government contemporaneo agli antipodi dello stato weberiano e risulta essere il terreno ideale di tutte quelle pratiche di autogoverno di risorse pubbliche, più o meno riconosciute, che hanno consentito di ridurre la spesa pubblica relativa al welfare. Per risorse pubbliche ci riferiamo in particolare ai community assets (di tradizione inglese) ossia, come affermano Cottino e Zandonai, quei “beni e proprietà immobiliari che vengono rigenerati a nuove forme d’uso “sociale”, cioè di interesse collettivo”. Si tratta di quegli edifici che in passato erano conventi, manicomi, asili, beni di proprietà della criminalità, etc. che grazie all’attivazione di gruppi più o meno organizzati o allo stimolo da parte dell’autorità pubblica subiscono un processo di trasformazione. Ci siamo occupati di mappare circa trenta esperienze di rigenerazione community asset based, su base regionale, nel Mezzogiorno d’Italia, per indagare il tipo di legittimazione di cui sono dotate queste pratiche. Ciò su cui ci si interroga è se si tratta di un nuovo rinascimento delle comunità locali o se tali pratiche siano il frutto del Neoliberalismo dal volto comunitario come sostengono MacLeod, M. A., & Emejulu, A. (2014). Indagheremo sia le pratiche di riuso mediante processi coercitivi, quali “l’occupazione”, ma anche quei casi di erogazione di servizi (educativi, sanitari, sociali, di sostegno all’occupazione), frutto di accordi formali tra pubblica amministrazione e soggetti dotati di forma giuridica propria (molto spesso enti del Terzo Settore) o di semplice emanazione di atti unilaterali pubblici.